martedì 17 luglio 2012

Insofferente e demotivato

Sono quasi certo di essere in buona compagnia quando vivo in perenne bilico tra insofferenza e demotivazione: un caso già noto in psichiatria ma che non toglie nulla al disagio psichico di chi lo vive. Anzi! Essere demotivati penso sia la conseguenza del voler agire che ,però, per un insieme di fatti e situazioni non si concretizza. O non si può concretizzare nei tempi e modi auspicati. Si è poi insofferenti allorchè si vorrebbe fare, ci si sente pronti ad agire o compiere un'impresa ma, al momento buono si viene scartati o, peggio ancora, tutto viene fermato. E' il caso visto con la raccolta di firma nei V day o
quando i referendum vengono ritenuti improponibili. Se poi si va sui casi personali credo sia anche peggio: non tanto se tu hai voglia e lui o lei no, ma parlo di realizzazione sul piano professionale, mi riferisco a un appalto negato o un contatto non riuscito, un affare non concluso. Sono cose che fiaccano anche i più scafati e poi, un insuccesso o come nel mio caso un vero e proprio fallimento, ti azzera:anzi, fa di più, recide le radici. Succede che è come se dovessi riverificare tutte le cose che sai, per esempio, sul tuo lavoro. Del resto il fallimento, in generale, vuol dire che non sei stato all'altezza di fare, di condurre l'impresa: ergo, devi riverificare , reimparare, e sei tu stesso che se sei stato per lungo tempo fuori dal giro vuoi verificare il tuo stato di apprendimento, di competenza, di preparazione. Perciò,come nel mio caso, non vedi l'ora di ricominciare. Si dice che nei casi di incidente, mettiamo caduta da cavallo o dalla moto, occorre rimontare subito in sella: anch'io vorrei riprendere subito a lavorare , avrei voluto poterlo fare di continuo invece che a singhiozzo. Degli inghippi mi stanno bloccando: come agenzia ho già perso diverse aziende e la cosa mi fa arrabbiare, mi rende inquieto, nervoso. Se a questo si aggiunge la consapevolezza che questo governo, come pure l'altro e quello ancora precedente, nulla fanno per aiutare le imprese piccole e medie, o le ditte individuali, o i dipendenti (intesi non quelli come Lorenza Lei o come Mastropasqua, ma quelli da 1.300 euro al mese e non da 400mila o 700mila euro l'anno di stipendio) eccoci spiegati. Certo che i sindacati, che dovrebbero stare in primis con i lavoratori dipendenti e poi con le piccole e medie imprese, non aiutano allorchè applaudono alle michiate che dicono e fanno al governo: ridurre l'uso dei contanti è una limitazione della libertà personale, quindi da respingere e da condannare; l'aumento della pressione fiscale non incentiva a sviluppare e a creare nuove aziende, sapendo che oltre la metà di quanto farai va allo stato (con gli studi di settore se non garantisci quel gettito, finisci tra i controllati, che in Italia vuol dire bloccare le aziende sotto controllo, e controllarle per ogni pipì che faranno negli anni a seguire...se non chiude prima, ma anche se chiudesse ti verrebbero a rompere i coglioni lo stesso); la storia poi che i dipendenti pagano le tasse è vera fino a un certo punto, dato che esiste il sostituto di imposta, che quindi è a monte che avviene il versamento, e nel caso dello stato avviene con un click mentre nel caso di un commesso di negozio è il datore di lavoro che versa e che consegna i moduli vari al dipendente. Diverso sarebbe se uno ricevesse tutto, al lordo , e poi lui in base ai suoi calcoli versa il dovuto, al netto di trattenute, scarichi o altre balle varie, e a te stato ti dà quello che ritiene giusto e congruo: come stabilisce la costituzione, ovvero secondo le proprie possibilità, cioè chi guadagna di più deve pagare di più ma senza esagerare. E' chiaro che bisogna separare i pubblici dai privati: sappiamo che Moratti prende salvo errore oltre 2 milioni e mezzo di euro all'anno, come mi pare percepisca pure Marchionne: poi ci sono gli annessi e connessi vari, stock option e altre minchiate varie, per cui se hai l'auto pagata e non devi pisciarci dentro carburante, se hai tutti gli spostamenti aerei e ferroviari o i taxi pagati, è una cosa in più che ,credo, non abbia il preside della scuola media inferiore o superiore di un qualunque istituto pubblico ,ma credo anche privato, in Italia. Di seguito un articolo di tgcom 24 e che ha una chicca alla fine, con un considerazione del ministro Paola Severino,che da cristiano non condivido,ma forse la signora è calvinista e adora il dio denaro ed è convinta che chi guadagna non ha peccato e chi è povero è così perchè se lo merita, perchè peccatore o figlio di peccatori. E ora il "pezzo"...
Antonio Manganelli occupa il primo posto del podio nella classifica degli stipendi d'oro dei manager pubblici: con i suoi 621.253 euro è lui il dirigente più pagato della categoria. Il secondo posto va al Ragioniere generale dello Stato Mario Canzio, che arriva a 562.331 euro, seguito dal Capo dipartimento dell'amministrazione penitenziaria Franco Ionta, con 543.954 euro. Ben fuori dalla top ten il numero uno della Protezione civile Franco Gabrielli.
Continua così l'operazione trasparenza avviata da questo governo, e inaugurata con la pubblicazione dei redditi dei ministri. A consegnare alla Camera l'elenco dei manager più pagati della Pubblica amministrazione è stato il ministro della Pubblica amministrazione, Filippo Patroni Griffi.

Ma Brunetta accusa: quell'elenco è incompleto e lacunoso
Ma dall'ex ministro per la Pubblica amministrazione Renato Brunetta arrivano accuse pesanti all'operazione del governo sulla raccolta di questi dati. "E' una presa in giro, un elenco vuoto, incompleto..." dice, commentando la lista fornita alla commissione Affari Costituzionali della Camera. "Ci sono molte lacune - aggiunge -. Io invece vorrei che si parlasse di quelli di prima e seconda fascia, dei cumuli delle retribuzioni. Vorrei invece che si fornissero dei dati omnicomprensivi. E così non è...".

Manganelli più pagato del capo dell'Fbi
Manganelli è anche lo "sbirro" più pagato al mondo. Con i suoi 621.253,75 euro annui conquista la palma di indiscusso Paperone supera di gran lunga persino lo stipendio base del capo dell'Fbi, pari a 155.000 dollari (112.221 euro circa). A questi vanno aggiunte delle compensazioni sulla base del pericolo dell'incarico o del livello di responsabilità che varia tra il 12,5 e il 28% dello stipendio iniziale. Mentre il capo della polizia francese percepisce esattamente lo stesso stipendio degli altri prefetti, intorno ai 6.000-7.000 euro al mese. Il responsabile di Scotland Yard ha circa 253.000 sterline (poco meno di 300mila euro). In Germania, gli spettano 9.668,56 euro mensili. Il meno pagato è lo spagnolo Ignacio Cosidò Gutierrez con 71mila euro all'anno.

La top ten dei dirigenti pubblici

In quarta posizione, dopo Manganelli, Canzio e Ionta compare il capo di Gabinetto del ministero dell'Economia Vincenzo Fortunato, che dichiara un reddito di 536.906 euro. La quinta retribuzione più alta è quella del Capo di Stato maggiore della difesa, generale Biagio Ambrate Abrate, con i suoi 482.019 euro, che precede il direttore dei Monopoli di Stato Raffaele Ferrara, con i suoi 481.214,86 euro, il Capo di Stato maggiore dell'Esercito, generale Giuseppe Valotto, con 481.021 euro, e il Capo di Stato maggiore della Marina, Bruno Branciforte, con 481.006,65 euro.

Ex aequo al nono posto ci sono Corrado Calabrò, presidente dell'AgCom, e Giovanni Pitruzzella, numero uno dell'Antitrust, con 475.643 euro. Chiude la top ten, a pochi centesimi di distanza, il presidente dell'Autorità dell'Energia, Pier Paolo Bortoni, che ha ricevuto 475.643 euro.

Fuori dalla top ten il numero uno dell'Arma
Undicesimo è il Comandante generale dell'Arma dei Carabinieri, il generale Leonardo Gallitelli, con 462.642 euro. Dodicesimo Giuseppe Bernardis, Capo di Stato maggiore dell'Aeronautica, con 460.052 euro e tredicesimo il segretario generale della Difesa, Claudio de Bertolis con 471.072 euro. Seguono Giampiero Massolo, Segretario generale del ministero degli Affari esteri (412.560 euro) e i componenti dell'autorità dell'Energia (Valeria Termini, Luigi Carbone, Rocco Colicchio e Alberto Biancardi) con una retribuzione di 396.379 euro.

A soli dieci euro di distanza ci sono i membri dell'Antitrust e dell'AgCom con 396.369,44 euro, seguiti dal direttore generale della Consob, Antonio Rosati, con 395mila euro ("più la gratifica annuale").

Gabrielli a 364mila euro, poi Befera, Giovannini e Mastrapasqua
A distanza, nella lista compare anche il capo della Protezione civile Franco Gabrielli, che guadagna 364.196 euro l'anno. Il direttore dell'Agenzia delle entrate, Attilio Befera, ha uno stipendio pari a 304mila euro, il presidente dell'Istat Enrico Giovannini arriva a 300mila euro e il presidente dell'Inps Antonio Mastrapasqua a 216.711,67 euro.

Niente benefit nei redditi resi pubblici
I redditi indicati nell'elenco sono però "nudi". Mancano cioè "i benefit perché noi abbiamo chiesto la retribuzione da contratto", come precisa lo stesso Patroni Griffi spiegando che "le retribuzioni indicate non tengono conto del cumulo di altri incarichi". "Le aggiunte, i cumuli dei vari compensi - spiega - allo stato attuale non li abbiamo ancora e cercheremo di averle. Però nello schema del decreto c'è un articolo che prevede una dichiarazione annuale del dipendente all'amministrazione di appartenenza degli incarichi e delle relative retribuzioni presso altre amministrazioni".

Palazzo Chigi, rispettato tetto Cassazione
La presidenza del Consiglio segnala inoltre che "tra il personale dei ruoli con incarico di struttura" di palazzo Chigi "nessun dipendente supera il tetto del primo presidente della Corte di Cassazione". Dunque, il taglio previsto dal decreto all'esame del Parlamento, per portare gli stipendi al di sotto di 294mila euro, si applicherà eventualmente soltanto al capo della Protezione civile, che supera tale soglia.

Il governo e l'operazione trasparenza
E con l'elenco degli stipendi degli alti dirigenti pubblici continua dunque l'operazione trasparenza avviata da questo governo con la comunicazione dei redditi dei ministri. Un'operazione che, sottolinea il ministro della Giustizia Paola Severino, serve anche "a rendere evidente che guadagnare non è un peccato". Il ministro con il reddito più alto della squadra di Monti (la Severino ha dichiarato oltre 7 milioni) sottolineato infatti come il guadagno sia positivo "soprattutto se avviene in maniera lecita, e tanto più se vengono regolarmente pagate le tasse".

"Credo che sia un messaggio importante per gli italiani: se tutti paghiamo le tasse, il sistema economico del Paese può decollare. Il peccato non è di chi guadagna, ma di chi lo fa senza pagare le tasse", ha aggiunto.

E ancora: "Il dato che mi riguarda (7 milioni di imponibile, 4 di tasse) in assoluto può colpire - ha ammesso il Guardasigilli - anche se si tratta di un dato che si è realizzato negli anni con una crescita professionale graduale. Immagino che i sentimenti di chi constata questo fatto possano essere di due tipi, quelli negativi di invidia sociale che c'è sempre e che io spero che questa trasparenza riesca a combattere, e quelli positivi che dovrebbero contrastare l'invidia sociale e cioè il fatto di rendere evidente che guadagnare non è un peccato. Soprattutto e ovviamente se il guadagno avviene in maniera lecita, attraverso il proprio impegno personale e il riconoscimento del merito. E tanto più se su quel guadagno vengono regolarmente pagate le tasse".

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