sabato 28 luglio 2012

Il caso del facchino musulmano che rifiuta di prendere ordini da una donna

È uno degli argomenti che da un paio di giorni tengono banco sul web ed è più che comprensibile, vista la gravità dell’episodio: un facchino, egiziano e musulmano, del celebre Hotel Danieli di Venezia, si è licenziato per non prendere ordini da una donna. Tuttavia, non riuscendo a trovare un altro impiego, l’uomo è ritornato all’albergo chiedendo di essere riassunto, ma non è tornato sulle sue posizioni piuttosto retrograde: niente donne come superiori. E il Danieli che ha fatto? A quanto riferiscono i media, avrebbe accettato le condizioni di quello che era ormai un suo ex dipendente, restituendogli il posto e promettendo che sarebbe stato un maschio ad affiancare la donna durante il turno dell’egiziano, e sarebbe stato sempre lui a comunicargli gli ordini.
Beh, che dire? Qui l’imperituro concentrato di multiculturalismo, in particolare se islamicamente corretto, buonismo e relativismo italiota è arrivato all’apice. Alla faccia della gravissima crisi economica che ha colpito in pieno il nostro Paese.

La compagnia proprietaria del Danieli ha negato il fatto, parlando di “notizie infondate”; il direttore dell’hotel ha detto di non sapere nulla di tutta questa storia e, sempre all’insegna della “conciliazione”, ha promesso che ne avrebbe parlato “con lui,” con il diretto interessato facchino. Ma ormai lo scandalo è scoppiato (e, visto il calabraghismo dell’Italia e di gran parte dell’Europa nei confronti dei musulmani, ciò indigna, ma non sorprende più di tanto).
Numerosi politici veneziani hanno ovviamente rilasciato dure dichiarazioni a riguardo: chi affermando che sarebbe stato meglio che l’egiziano (il quale evidentemente non deve avere tanti problemi economici, se il non prendere ordini da una donna ha avuto la priorità sul lavoro, nonostante la crisi) avesse lasciato il posto ad un italiano disoccupato, magari padre di famiglia; chi invece ha parlato di una resa al razzismo di genere del facchino, razzismo che contrasta con la nostra Costituzione.
Duramente però si sono espressi pure alcuni musulmani, in primis la parlamentare italiana di origine marocchina Souad Sbai, sempre in prima linea a difendere i diritti delle donne. L’On. Sbai, che ha persino presentato un’interrogazione ai ministri Fornero e Riccardi, ha giustamente parlato di “un episodio di multiculturalismo criminogeno e inaccettabile” che asseconda l’estremismo islamico, mentre neanche in Marocco avvengono certe cose.
La poco nota Confederazione dei Marocchini in Italia concorda e ha definito senza mezzi termini l’episodio come “il sintomo dell’avanzata dell’integralismo, sotto le mentite spoglie del rispetto delle culture”, quando in realtà si fa credere agli islamici che nel nostro Paese comandi il salafismo. Inoltre la Confederazione ha auspicato che la Conferenza delle religioni costituita da Andrea Riccardi prenda provvedimenti in merito e, come la stessa Souad Sbai, ha anche espresso solidarietà alla manager dell’hotel Danieli, che ha subito per due volte l’umiliazione di una discriminazione maschilista ( quando il facchino se n’è andato perché non voleva prendere ordini da lei e quando l’hotel gli ha permesso di restare, affiancandole un uomo per potere affidare le mansioni al dipendente).
Persino “l’Imam di Venezia”, il siriano Hammad Mohammed, è intervenuto per dire che le richieste del facchino egiziano “sono inaccettabili anche per l’islam”. In questo caso però non sembra che la religione islamica venga chiamata fuori per taqiyya o per nascondersi dietro un dito, come molti musulmani fanno quando si compie del male nel nome del loro credo. Infatti, ricorda l’Imam, la prima moglie di Maometto, Khadija, era un’imprenditrice, e lui un suo dipendente, prima di sposarla. A maggior ragione, è quindi inqualificabile che un musulmano non lo accetti oggi, per non parlare dell’atteggiamento degli occidentali che decidono di compiacere i suoi capricci misogini da “disintegrato”.  
visto su rischiocalcolato e copiato e postato su questo blog.

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