È uno degli argomenti che da
un paio di giorni tengono banco sul web ed è più che comprensibile,
vista la gravità dell’episodio: un facchino, egiziano e musulmano, del
celebre Hotel Danieli di Venezia, si è licenziato per non prendere
ordini da una donna. Tuttavia, non riuscendo a trovare un altro impiego, l’uomo è ritornato all’albergo chiedendo di essere riassunto,
ma non è tornato sulle sue posizioni piuttosto retrograde: niente donne
come superiori. E il Danieli che ha fatto? A quanto riferiscono i
media, avrebbe accettato le condizioni di quello che era ormai un suo ex
dipendente, restituendogli il posto e promettendo che sarebbe stato un
maschio ad affiancare la donna durante il turno dell’egiziano, e sarebbe
stato sempre lui a comunicargli gli ordini.
Beh, che dire? Qui l’imperituro
concentrato di multiculturalismo, in particolare se islamicamente
corretto, buonismo e relativismo italiota è arrivato all’apice. Alla faccia della gravissima crisi economica che ha colpito in pieno il nostro Paese.
La compagnia proprietaria del Danieli ha
negato il fatto, parlando di “notizie infondate”; il direttore
dell’hotel ha detto di non sapere nulla di tutta questa storia e, sempre
all’insegna della “conciliazione”, ha promesso che ne avrebbe parlato “con lui,” con il diretto interessato facchino.
Ma ormai lo scandalo è scoppiato (e, visto il calabraghismo dell’Italia
e di gran parte dell’Europa nei confronti dei musulmani, ciò indigna,
ma non sorprende più di tanto).
Numerosi politici veneziani hanno ovviamente rilasciato dure dichiarazioni
a riguardo: chi affermando che sarebbe stato meglio che l’egiziano (il
quale evidentemente non deve avere tanti problemi economici, se il non
prendere ordini da una donna ha avuto la priorità sul lavoro, nonostante
la crisi) avesse lasciato il posto ad un italiano disoccupato, magari
padre di famiglia; chi invece ha parlato di una resa al razzismo di
genere del facchino, razzismo che contrasta con la nostra Costituzione.
Duramente però si sono espressi pure alcuni musulmani, in primis la parlamentare italiana di origine marocchina Souad Sbai,
sempre in prima linea a difendere i diritti delle donne. L’On. Sbai,
che ha persino presentato un’interrogazione ai ministri Fornero e
Riccardi, ha giustamente parlato di “un episodio di multiculturalismo criminogeno e inaccettabile” che asseconda l’estremismo islamico, mentre neanche in Marocco avvengono certe cose.
La poco nota Confederazione dei Marocchini in Italia
concorda e ha definito senza mezzi termini l’episodio come “il sintomo
dell’avanzata dell’integralismo, sotto le mentite spoglie del rispetto
delle culture”, quando in realtà si fa credere agli islamici che nel
nostro Paese comandi il salafismo. Inoltre la Confederazione ha auspicato che la Conferenza delle religioni costituita da Andrea Riccardi prenda provvedimenti in merito
e, come la stessa Souad Sbai, ha anche espresso solidarietà alla
manager dell’hotel Danieli, che ha subito per due volte l’umiliazione di
una discriminazione maschilista ( quando il facchino se n’è andato
perché non voleva prendere ordini da lei e quando l’hotel gli ha
permesso di restare, affiancandole un uomo per potere affidare le
mansioni al dipendente).
Persino “l’Imam di Venezia”, il siriano Hammad Mohammed, è intervenuto per dire che le richieste del facchino egiziano “sono inaccettabili anche per l’islam”. In questo caso però non sembra che la religione islamica venga chiamata fuori per taqiyya
o per nascondersi dietro un dito, come molti musulmani fanno quando si
compie del male nel nome del loro credo. Infatti, ricorda l’Imam, la
prima moglie di Maometto, Khadija, era un’imprenditrice, e lui un suo
dipendente, prima di sposarla. A maggior ragione, è quindi inqualificabile che un musulmano non lo accetti oggi, per non parlare dell’atteggiamento degli occidentali che decidono di compiacere i suoi capricci misogini da “disintegrato”.
Fonte: Il Messaggero
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