Basato sulla saliva del padre e il sangue della madre una nuova tecnologia permetterebbe un esame non invasivo.
Il test è stato sviluppato da Jacob O. Kitzman, l'esame permetterebbe di evitare l'amniocentesi e riconoscere un campione di circa 3 mila malattie note, in poco tempo e senza rischi per la madre o per il feto.
L'amniocentesi è una procedura che consente il prelievo transaddominale di liquido amniotico dalla cavità uterina che viene fatto sotto eco guida; serve principalmente a scoprire variazioni del cariotipo (malattie da anomalia cromosomica, dove il danno è strutturale di un intero cromosoma, come nella sindrome di Down o trisomia 21), a mappare il dna del feto per studiarne alcuni siti a rischio di mutazione (le varianti di aplotipi,ossia di un gene tradotto in una proteina,
possono essere legati con microsonde specifiche che si "illuminano" in
risposta a luci particolari, scoprendo così il deficit di un determinato
prodotto metabolico) e a prelevare cellule staminali a scopi curativi e scientifici.
Essa può essere effettuata in fase precoce (16-18 settimane) o tardiva
(dopo la 25 settimana) con un differente tasso di rischio, ma le
complicazioni più frequenti sono l'aborto spontaneo (0,1%), la lipotimia e la corionamnionite (rarissima infezione).
Il nuovo test grazie alle tecnologie ricombinati genetiche ha la possibilità di determinare se il feto avrà anomalie grazie ad un prelievo di sangue dalla madre e di saliva dal padre.
Fino a poco tempo fa questo era ritenuto difficile perché nel genere
umano, nel momento del concepimento, si verifica un fenomeno di ricombinazione chiamato Crossing Over,
che è la ragione per cui due fratelli non possiedono lo stesso
patrimonio genetico, in pratica avviene un rimescolamento parziale di
alcuni frammenti del Dna (ed è proprio in questa delicata operazione che
si verificano alcuni "errori" che portano a molte delle sindromi
conosciute).
I ricercatori, utilizzando strumenti di ultima generazione, sono riusciti invece ad avere una precisione di previsione di circa il 98%, dimostrando che già nel genoma dei genitori risiedono abbastanza informazioni per avere una diagnosi efficace.
Francesco Arnaldi
visto su Agoravox.it e copiato e postato su questo blog
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