venerdì 18 novembre 2016

Precisazioni

La storia che ho postato so che è vera, e per ragioni di privacy e sicurezza, non ho svelato alcuni particolari, quali città, nomi eccetera.
Dispiace che , dopo attenta analisi e informazioni e consulenze, chi ci ha perso tempo ,denaro e salute, non possa , di fatto, avere giustizia: non può fare niente.
Una per tutte? I tizi coinvolti sono o risultano nullatenenti.
Detto tutto.

Le famose perdite... di tempo

E' da sempre che vale il detto per cui occorre sacrificarsi e impegnarsi per qualcosa di concreto, di tangibile, e per cui , appunto, ci sia un ritorno.
E invece sempre più spesso ci si accorge che non è così.
Pensiamo alla battaglia per i contanti: quante mail ho mandato ai miei contatti, Dio solo lo sa.
Così come nei commenti on line oppure in giro per la città, chissà quante volte ho intavolato il discorso, difendendo l'uso , la possibilità di essere libero di usare il denaro contante.
E ho pure chiesto, ma senza ottenerlo, l'impegno di politici, di commercialisti e giuristi, che a parole erano d'accordo, ma nei fatti ci si perde perché non si è studiato l'argomento: o meglio non si studiano i termini, le parole e i concetti con cui esporre il tema e, logicamente, risultare convincenti.
E questo vale per diversi altri temi, importanti, che vanno dall'immigrazione ai posti di lavoro mancanti: mancano , cioè, le conoscenze della lingua italiana, è assente ogni capacità espositiva, quella che contempla ,anche, l'uso del tono, la velocità o la lentezza, la ponderazione delle parole, ciò che serve quando ad esempio si recita una poesia o si racconta, con parole proprie, una storia.

Potrebbe essere una storia interessante

Sintesi di quanto è giunto alle mie orecchie.
Può capitare che ti vengano raccontati fatti che hanno dell'incredibile.
Ciò che segue, con tutti i benefici del dubbio, mi è stato raccontato in un pomeriggio d'agosto.
Alcuni anni fa, i proprietari di un noto ristorante di una città del sud , locale che aveva di sicuro conosciuto giorni migliori, decidono di affidarne la gestione a una società , una srl: da notare e precisare che detta società era, ed è, di proprietà di un nipote della moglie del proprietario e che i proprietari avrebbero comunque, essendo loro stessi cuochi , continuato a essere presenti nel locale e ,di fatto, nella gestione.
Una semplice ,ma legale, copertura.
Nei fatti però la situazione continua a peggiorare ,e nel giro di poco più di un anno, il ristorante viene fatto fallire: una serie di atti ingiuntivi portano poi, nel giro di un anno, alla dichiarazione di fallimento per bancarotta (la sentenza parlerà di bancarotta fraudolenta, con un buco di oltre 350 mila euro).
La cosa curiosa , per me e per chi mi ha raccontato la storia, è che è stato dichiarato fallito il ristorante, e colpevoli i titolari che sono stati condannati, ma ci siamo chiesti: come mai non è stata dichiarata fallita anche la ditta, o soltanto la ditta, che aveva in gestione il ristorante? (Cioè la ditta del nipote di uno dei titolari)
E come mai il tribunale ha venduto, non so a che prezzo, l'attività del ristorante proprio alla ditta che lo aveva avuto in gestione e lo ha traghettato fino al fallimento?
Curiosità per curiosità, il nipote con la stessa ditta con cui aveva gestito per oltre un anno il ristorante, continua negli stessi locali e con dipendenti i precedenti titolari, l'attività di ristorazione, e pure con lo stesso nome.
Infatti nelle pagine gialle e bianche compare il “vecchio nome” e lo stesso numero di telefono.
Ma non solo: il fatto di pagare al proprietario del locale le vecchie pendenze, non mi pare sia una cosa regolare. Ma , sarà!
Il locale va e non va, ed è diventato una sorta di bettola al punto che un tipo strano, una sorta di intermediario (forse lo stesso che era riuscito, così si dice, insieme al proprietario delle mura a far dare il locale,il ristorante proprio a chi lo aveva gestito, cioè al nipote) suggerisce al nipote di disfarsi dell'attività, e di venderla.
E così trovano una persona che, con un po' di contanti e cambializzando il resto, rileva di fatto l'attività :il punto è che costui, il nipote, che si scoprirà essere pure pregiudicato e sotto osservazione da parte delle autorità giudiziarie (ci si chiede se e come mai aveva una srl di cui era amministratore, e come mai poteva svolgere, dato che trattasi di spaccio di droga, attività di ristorazione: ma, sarà!) nei fatti non firma la cessione e posticipa ogni sorta di accordo, ma pretendendo sempre soldi, pare 5 mila o anche più euro al mese.
L'ingenuità dell'acquirente, la pressione del nipote e le minacce più o meno velate, la posizione dubbia del proprietario delle mura (che stava ricevendo il pagamento degli affitti da parte del nuovo ristoratore ma aspettava il pagamento delle vecchie pendenze da parte del nipote), portano questo che è ormai un lestofante, a vendere anche a un nuovo ristoratore l'attività.
E così, essendo ancora in possesso delle chiavi del locale, cambia la serratura e non essendoci ancora un contratto di cessione di ramo di azienda o di attività, riesce a non far rientrare nel locale chi ,per diversi mesi, aveva di fatto riportato il ristorante a un buon livello di clientela.
Il nuovo acquirente , facendo l'indiano, inizia e cerca di proseguire l'attività e conserva come personale il cuoco che, per la cronaca era stato dipendente in quel locale prima del fallimento: ma se uno non ci sa fare non regge, e dopo alcuni mesi cominciano ad affiorare le grane.
Nei fatti il nipote e il nuovo acquirente, si beccano una denuncia che li porta a essere condannati alla restituzione dell'attività al primo acquirente.
Ma alcuni disguidi nei meccanismi della giustizia, hanno favorito il lestofante e il proprietario delle mura: infatti il primo acquirente non è riuscito a rientrare in possesso dell'attività, anzi, i beni che c'erano dentro, tavoli e sedie ,cucina e il resto, non ci sono più, venduti alla chetichella.
Mi sono domandato che razza di mondo è che permette traffici loschi, strani e dubbi: come è possibile che dei lestofanti possano ,come ho saputo, riaprire l'attività di ristorante in un altro punto della città, e come è possibile che il nipote abbia fatto la stessa cosa.
In sostanza : è possibile non riuscire ad eseguire, se così si può dire, la sentenza? E' possibile non rispettare le sentenze?
A quanto pare sì. Così come ,è evidente, che se tu gestisci un'attività e questa va male, chi viene dichiarato fallito è chi ti ha ceduto il ramo d'azienda, mentre a rigor di logica, secondo il mio parere, dovrebbe essere chi fattura, chi emette gli scontrini, chi rilascia le ricevute fiscali, chi ha in carico il personale, chi paga gli affitti la luce l'acqua il gas il telefono le tasse sui rifiuti solidi urbani i contributi ….a dover essere dichiarato fallito: invece , dalle nostre parti il tribunale permette , concede, l'acquisto dell'attività a chi ha portato quell'attività al fallimento.
Curioso eh?
Che dire? Fattene una ragione ,e mi dispiace per chi ha perso i soldi: chi ci ha guadagnato è stato il padrone di casa, il proprietario delle mura, che si è ripreso il locale seppure steccato di alcune mensilità (sei mesi mi pare); i falliti della precedente attività , che sono riusciti ad aprire un locale tramite un prestanome, mi pare un parente; il lestofante che è riuscito a fottere tutti, e opera tranquillo alla faccia dei truffati.

Così ,pare, con beneficio di inventario, le cose . 

lunedì 7 novembre 2016

Per non dimenticare

Avrei voluto nei giorni scorsi commentare un articolo su "l'occidentale" o su "la verità", non ricordo in quale delle due testate, e che lamentava come un'azienda sia stata chiusa, non ricordo se fallita, per mancanza di commesse.
Colpa ,sopratutto, delle sanzioni verso la Russia, e dell'avere una produzione rivolta o gradita solo a quel tipo di cliente.
La cosa mi toccava particolarmente perché trattasi di un mobiliere, seppure con produzione classica, orientata appunto verso i gusti dei russi, ma è sempre un male se un produttore sparisce.
Tuttavia il mio commento sarebbe stato un richiamo, una lamentela, che si domandava come mai la maggior parte delle aziende italiane, vendono di fatto solo all'estero; del perché se vai al Salone del Mobile di Milano, anche lì , quasi tutti gli espositori non cercano né vogliono rappresentanti per l'Italia e,se proprio devono vendere a un negoziante lo fanno loro, senza intermediari, e rigorosamente con pagamento anticipato.
Ecco, direbbe qualcuno, non vendono in Italia, e giammai al sud, perché gli italiani non pagano, sono cattivi pagatori: potrei smentirli dato che alcuni pacchi dei miei conoscenti ,ormai anche loro ex produttori (ma non falliti:hanno solo chiuso e,per grazia di Dio, potevano farlo in maniera indolore...ma mi dispiace perché ho "perso" un fornitore) hanno perduto diversi migliaia di euro con un cliente a Praga che, dopo aver creato un'esposizione, ha portato via, fatto sparire, i mobili senza pagarli: mobili che loro, i miei conoscenti, avevano fornito gratuitamente confidando in ordini futuri, mai arrivati.
Ora il succo del mio discorso, del mio ragionamento, quale vuol essere?
Che troppo spesso si pensa solo ad esportare, alle aziende che esportano, si ignorano e talvolta disprezzano i clienti o potenziali clienti italiani, non si fa nulla perché gli italiani possano diventare "tuoi clienti" , non si pensa mai a un piano B perché troppo presi dagli ordini ricevuti, dalle grasse commesse.
Ho avuto modo di vedere in azioni, nei diversi saloni del mobile italiani (non solo a Milano, quindi) , i venditori che nei vari stand si prodigavano con successo per conseguire e far firmare e incassare il frutto del loro lavoro:cioè il mobile da vendere.
Dispiace che questi stessi abbiano abbandonato il mercato italiano: ora ,tanti, troppi hanno dovuto chiudere la baracca.
Ecco, non è solo colpa dei russi, delle sanzioni che come dei deficienti abbiano affibbiato alla Russia:ma è anche colpa di chi ha guardato per anni e anni dall'alto in basso i propri connazionali (non dimentichiamoci di quando si vendevano a camionate intere o container i mobili ai tedeschi) dicendo "non vendiamo in Italia, solo estero".  

giovedì 3 novembre 2016

C'è anche chi

C'è anche chi se ne strasbatte i coglioni, e pensa a vivere nel miglior modo possibile.
Forse stufo di sentir parlare di migranti, arcistufo di venir accusato di poca o scarsa sensibilità per i problemi altrui , minacciato che se non collabora e non accoglie, quei problemi e questioni che oggi appartengono in buona parte ad altre persone , a breve ricadranno anche sulle sue spalle, ecco che applicando la regola del carpe diem uno dice a se stesso "voglio vivere".
Ed è così che si partorisce la decisione di prendere baracca burattini o solo una valigia e partire: ed è sempre con quello spirito che si decide, forse mettendosi un cappio al collo, di aprire o cominciare un'attività per conto proprio o con chi se la sente di rischiare.
Di certo chi ancora si sente in ballo, chi viene trascinato in questo vortice di incertezze, non può stare ad aspettare i famosi "tempi migliori": non sai questi tempi migliori arriveranno, se ci saranno dei cambiamenti che potrebbero o no essere a tuo vantaggio; perciò occorre darsi una mossa.
E la mossa , quella giusta, può essere anche armiamoci e partiamo, dove forse potremmo anche essere apprezzati e non schiavizzati.
Peccato che queste chance valgano per chi ha dei talenti e non per quelli , come me , che sono rimasti indietro e, ad esempio, non parlano le lingue, non hanno manualità o ce l'hanno scarsa, non hanno titoli particolari , in poche parole non sono in possesso dei requisiti che il mercato ,oggi, richiede.
Un po' come certi migranti che, qui da noi, vuoi perché non conoscono l'italiano, vuoi perché non hanno attitudine ad apprendere ma sopratutto non hanno neanche i titoli di studio richiesti o equipollenti, non sono utili e restano ai margini della società.
Inventarsi qualcosa, un lavoro, con le difficili regole per accedere al credito, non è facile: ci sto provando e vi farò sapere. 
Incrocio le dita e tutto il resto. 

mercoledì 2 novembre 2016

Così si sente dire

Non è sempre vero ciò che ci viene dette , riferito , però non dubito almeno in questo caso: un  vigile urbano che dice che deve chiudere un'occhio verso i venditori abusivi extracomunitari , diversamente ci cazziano .
Mi ricorda di quando, agli inizi degli anni 80, la stessa cosa mi veniva detta da amici della polizia di stato, allorché i magistrati trattenevano loro, i poliziotti quando questi avevano la brutta abitudine di arrestare gli spacciatori di droga.
Mi dicevano che loro venivano trattenuti, e gli spacciatori rilasciati.
E come fai tu a sapere queste cose? Perché ho combattuto per anni una battaglia per togliermi il via vai di spacciatori e compratori di droga dinnanzi al negozio: la gente ,se vede questo andirivieni, non è invogliata ad entrare nemmeno per chiederti l'uso del bagno o per fare una fotocopia, e quando viene la sera è pure peggio, quando è notte è ancora peggio, perché orinano agli angoli delle vetrine e il giorno dopo tocca a te pulire piscio, vomiti, siringhe, farmaci, bucce di limone, e ogni altra porcheria.