Può
capitare che ti vengano raccontati fatti che hanno dell'incredibile.
Ciò
che segue, con tutti i benefici del dubbio, mi è stato raccontato in
un pomeriggio d'agosto.
Alcuni
anni fa, i proprietari di un noto ristorante di una città del sud ,
locale che aveva di sicuro conosciuto giorni migliori, decidono di
affidarne la gestione a una società , una srl: da notare e precisare
che detta società era, ed è, di proprietà di un nipote della
moglie del proprietario e che i proprietari avrebbero comunque,
essendo loro stessi cuochi , continuato a essere presenti nel locale
e ,di fatto, nella gestione.
Una
semplice ,ma legale, copertura.
Nei
fatti però la situazione continua a peggiorare ,e nel giro di poco
più di un anno, il ristorante viene fatto fallire: una serie di atti
ingiuntivi portano poi, nel giro di un anno, alla dichiarazione di
fallimento per bancarotta (la sentenza parlerà di bancarotta
fraudolenta, con un buco di oltre 350 mila euro).
La
cosa curiosa , per me e per chi mi ha raccontato la storia, è che è
stato dichiarato fallito il ristorante, e colpevoli i titolari che
sono stati condannati, ma ci siamo chiesti: come mai non è stata
dichiarata fallita anche la ditta, o soltanto la ditta, che aveva in
gestione il ristorante? (Cioè la ditta del nipote di uno dei
titolari)
E come
mai il tribunale ha venduto, non so a che prezzo, l'attività del
ristorante proprio alla ditta che lo aveva avuto in gestione e lo ha
traghettato fino al fallimento?
Curiosità
per curiosità, il nipote con la stessa ditta con cui aveva gestito
per oltre un anno il ristorante, continua negli stessi locali e con
dipendenti i precedenti titolari, l'attività di ristorazione, e pure
con lo stesso nome.
Infatti
nelle pagine gialle e bianche compare il “vecchio nome” e lo
stesso numero di telefono.
Ma non
solo: il fatto di pagare al proprietario del locale le vecchie
pendenze, non mi pare sia una cosa regolare. Ma , sarà!
Il
locale va e non va, ed è diventato una sorta di bettola al punto che
un tipo strano, una sorta di intermediario (forse lo stesso che era
riuscito, così si dice, insieme al proprietario delle mura a far
dare il locale,il ristorante proprio a chi lo aveva gestito, cioè al
nipote) suggerisce al nipote di disfarsi dell'attività, e di
venderla.
E così
trovano una persona che, con un po' di contanti e cambializzando il
resto, rileva di fatto l'attività :il punto è che costui, il
nipote, che si scoprirà essere pure pregiudicato e sotto
osservazione da parte delle autorità giudiziarie (ci si chiede se e
come mai aveva una srl di cui era amministratore, e come mai poteva
svolgere, dato che trattasi di spaccio di droga, attività di
ristorazione: ma, sarà!) nei fatti non firma la cessione e posticipa
ogni sorta di accordo, ma pretendendo sempre soldi, pare 5 mila o
anche più euro al mese.
L'ingenuità
dell'acquirente, la pressione del nipote e le minacce più o meno
velate, la posizione dubbia del proprietario delle mura (che stava
ricevendo il pagamento degli affitti da parte del nuovo ristoratore
ma aspettava il pagamento delle vecchie pendenze da parte del
nipote), portano questo che è ormai un lestofante, a vendere anche a
un nuovo ristoratore l'attività.
E
così, essendo ancora in possesso delle chiavi del locale, cambia la
serratura e non essendoci ancora un contratto di cessione di ramo di
azienda o di attività, riesce a non far rientrare nel locale chi
,per diversi mesi, aveva di fatto riportato il ristorante a un buon
livello di clientela.
Il
nuovo acquirente , facendo l'indiano, inizia e cerca di proseguire
l'attività e conserva come personale il cuoco che, per la cronaca
era stato dipendente in quel locale prima del fallimento: ma se uno
non ci sa fare non regge, e dopo alcuni mesi cominciano ad affiorare
le grane.
Nei
fatti il nipote e il nuovo acquirente, si beccano una denuncia che li
porta a essere condannati alla restituzione dell'attività al primo
acquirente.
Ma
alcuni disguidi nei meccanismi della giustizia, hanno favorito il
lestofante e il proprietario delle mura: infatti il primo acquirente
non è riuscito a rientrare in possesso dell'attività, anzi, i beni
che c'erano dentro, tavoli e sedie ,cucina e il resto, non ci sono
più, venduti alla chetichella.
Mi
sono domandato che razza di mondo è che permette traffici loschi,
strani e dubbi: come è possibile che dei lestofanti possano ,come ho
saputo, riaprire l'attività di ristorante in un altro punto della
città, e come è possibile che il nipote abbia fatto la stessa cosa.
In
sostanza : è possibile non riuscire ad eseguire, se così si può
dire, la sentenza? E' possibile non rispettare le sentenze?
A
quanto pare sì. Così come ,è evidente, che se tu gestisci
un'attività e questa va male, chi viene dichiarato fallito è chi ti
ha ceduto il ramo d'azienda, mentre a rigor di logica, secondo il mio
parere, dovrebbe essere chi fattura, chi emette gli scontrini, chi
rilascia le ricevute fiscali, chi ha in carico il personale, chi paga
gli affitti la luce l'acqua il gas il telefono le tasse sui rifiuti
solidi urbani i contributi ….a dover essere dichiarato fallito:
invece , dalle nostre parti il tribunale permette , concede,
l'acquisto dell'attività a chi ha portato quell'attività al
fallimento.
Curioso
eh?
Che
dire? Fattene una ragione ,e mi dispiace per chi ha perso i soldi:
chi ci ha guadagnato è stato il padrone di casa, il proprietario
delle mura, che si è ripreso il locale seppure steccato di alcune
mensilità (sei mesi mi pare); i falliti della precedente attività ,
che sono riusciti ad aprire un locale tramite un prestanome, mi pare
un parente; il lestofante che è riuscito a fottere tutti, e opera
tranquillo alla faccia dei truffati.
Così
,pare, con beneficio di inventario, le cose .
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