venerdì 18 novembre 2016

Potrebbe essere una storia interessante

Sintesi di quanto è giunto alle mie orecchie.
Può capitare che ti vengano raccontati fatti che hanno dell'incredibile.
Ciò che segue, con tutti i benefici del dubbio, mi è stato raccontato in un pomeriggio d'agosto.
Alcuni anni fa, i proprietari di un noto ristorante di una città del sud , locale che aveva di sicuro conosciuto giorni migliori, decidono di affidarne la gestione a una società , una srl: da notare e precisare che detta società era, ed è, di proprietà di un nipote della moglie del proprietario e che i proprietari avrebbero comunque, essendo loro stessi cuochi , continuato a essere presenti nel locale e ,di fatto, nella gestione.
Una semplice ,ma legale, copertura.
Nei fatti però la situazione continua a peggiorare ,e nel giro di poco più di un anno, il ristorante viene fatto fallire: una serie di atti ingiuntivi portano poi, nel giro di un anno, alla dichiarazione di fallimento per bancarotta (la sentenza parlerà di bancarotta fraudolenta, con un buco di oltre 350 mila euro).
La cosa curiosa , per me e per chi mi ha raccontato la storia, è che è stato dichiarato fallito il ristorante, e colpevoli i titolari che sono stati condannati, ma ci siamo chiesti: come mai non è stata dichiarata fallita anche la ditta, o soltanto la ditta, che aveva in gestione il ristorante? (Cioè la ditta del nipote di uno dei titolari)
E come mai il tribunale ha venduto, non so a che prezzo, l'attività del ristorante proprio alla ditta che lo aveva avuto in gestione e lo ha traghettato fino al fallimento?
Curiosità per curiosità, il nipote con la stessa ditta con cui aveva gestito per oltre un anno il ristorante, continua negli stessi locali e con dipendenti i precedenti titolari, l'attività di ristorazione, e pure con lo stesso nome.
Infatti nelle pagine gialle e bianche compare il “vecchio nome” e lo stesso numero di telefono.
Ma non solo: il fatto di pagare al proprietario del locale le vecchie pendenze, non mi pare sia una cosa regolare. Ma , sarà!
Il locale va e non va, ed è diventato una sorta di bettola al punto che un tipo strano, una sorta di intermediario (forse lo stesso che era riuscito, così si dice, insieme al proprietario delle mura a far dare il locale,il ristorante proprio a chi lo aveva gestito, cioè al nipote) suggerisce al nipote di disfarsi dell'attività, e di venderla.
E così trovano una persona che, con un po' di contanti e cambializzando il resto, rileva di fatto l'attività :il punto è che costui, il nipote, che si scoprirà essere pure pregiudicato e sotto osservazione da parte delle autorità giudiziarie (ci si chiede se e come mai aveva una srl di cui era amministratore, e come mai poteva svolgere, dato che trattasi di spaccio di droga, attività di ristorazione: ma, sarà!) nei fatti non firma la cessione e posticipa ogni sorta di accordo, ma pretendendo sempre soldi, pare 5 mila o anche più euro al mese.
L'ingenuità dell'acquirente, la pressione del nipote e le minacce più o meno velate, la posizione dubbia del proprietario delle mura (che stava ricevendo il pagamento degli affitti da parte del nuovo ristoratore ma aspettava il pagamento delle vecchie pendenze da parte del nipote), portano questo che è ormai un lestofante, a vendere anche a un nuovo ristoratore l'attività.
E così, essendo ancora in possesso delle chiavi del locale, cambia la serratura e non essendoci ancora un contratto di cessione di ramo di azienda o di attività, riesce a non far rientrare nel locale chi ,per diversi mesi, aveva di fatto riportato il ristorante a un buon livello di clientela.
Il nuovo acquirente , facendo l'indiano, inizia e cerca di proseguire l'attività e conserva come personale il cuoco che, per la cronaca era stato dipendente in quel locale prima del fallimento: ma se uno non ci sa fare non regge, e dopo alcuni mesi cominciano ad affiorare le grane.
Nei fatti il nipote e il nuovo acquirente, si beccano una denuncia che li porta a essere condannati alla restituzione dell'attività al primo acquirente.
Ma alcuni disguidi nei meccanismi della giustizia, hanno favorito il lestofante e il proprietario delle mura: infatti il primo acquirente non è riuscito a rientrare in possesso dell'attività, anzi, i beni che c'erano dentro, tavoli e sedie ,cucina e il resto, non ci sono più, venduti alla chetichella.
Mi sono domandato che razza di mondo è che permette traffici loschi, strani e dubbi: come è possibile che dei lestofanti possano ,come ho saputo, riaprire l'attività di ristorante in un altro punto della città, e come è possibile che il nipote abbia fatto la stessa cosa.
In sostanza : è possibile non riuscire ad eseguire, se così si può dire, la sentenza? E' possibile non rispettare le sentenze?
A quanto pare sì. Così come ,è evidente, che se tu gestisci un'attività e questa va male, chi viene dichiarato fallito è chi ti ha ceduto il ramo d'azienda, mentre a rigor di logica, secondo il mio parere, dovrebbe essere chi fattura, chi emette gli scontrini, chi rilascia le ricevute fiscali, chi ha in carico il personale, chi paga gli affitti la luce l'acqua il gas il telefono le tasse sui rifiuti solidi urbani i contributi ….a dover essere dichiarato fallito: invece , dalle nostre parti il tribunale permette , concede, l'acquisto dell'attività a chi ha portato quell'attività al fallimento.
Curioso eh?
Che dire? Fattene una ragione ,e mi dispiace per chi ha perso i soldi: chi ci ha guadagnato è stato il padrone di casa, il proprietario delle mura, che si è ripreso il locale seppure steccato di alcune mensilità (sei mesi mi pare); i falliti della precedente attività , che sono riusciti ad aprire un locale tramite un prestanome, mi pare un parente; il lestofante che è riuscito a fottere tutti, e opera tranquillo alla faccia dei truffati.

Così ,pare, con beneficio di inventario, le cose . 

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