Spesso accade che la politica si interessi ai cosiddetti “temi etici” (eutanasia, testamento biologico, fecondazione assistita, omosessualità
etc), di modo che periodicamente nascono e muoiono accesi dibattiti su
di essi. Sfugge ai più il fatto che lo Stato non abbia alcun diritto di
intromettersi in tali questioni, poiché si tratta di scelte che
competono ai singoli individui.
Come case study, consideriamo il dibattito riguardante il
matrimonio tra persone omosessuali. C’è chi sostiene che lo Stato
dovrebbe permetterlo, c’è chi sostiene di no. Domanda: da cosa nasce
questo dibattito? Non certo dal fatto che esistono omosessuali ed
eterosessuali. Il problema di fondo consiste nel potere statale di
stabilire chi si può sposare e chi no. Cosa è il matrimonio civile,
attualmente, se non un’ingerenza dello Stato nella vita privata di due
persone? Se non esistesse, ogni coppia potrebbe siglare un contratto
(magari soprannominato “matrimonio”) con le regole/clausole che più le
aggradano. Per esempio, i due contraenti potrebbero scegliere di mettere
in comune i rispettivi patrimoni; oppure di permettere la reciproca
conoscenza dei dati medici; o, ancora, di stabilire l’affidamento degli
eventuali figli in caso di chiusura del contratto (magari soprannominata
“divorzio”). E così via. Non c’è alcun motivo logico per cui lo Stato
debba controllare e regolamentare un contratto di questo tipo. Solo gli
individui possono sapere quali condizioni contrattuali sono più
opportune per la loro situazione. In nessun modo un burocrate può sapere
cosa è meglio per il singolo cittadino – constatazione che peraltro è
verificata in ogni ambito della vita.
De-statalizzando il matrimonio civile si risolverebbe di colpo qualsiasi
questione etica ad esso legata. Nulla impedirebbe a una coppia
(indipendentemente dal fatto che sia eterosessuale o no) di convivere
secondo le regole pattuite dai suoi due membri. Dando per scontata la
libertà individuale di disporre dei propri averi, nessuno – nemmeno chi,
oggi, è contrario ai matrimoni tra omosessuali – avrebbe qualcosa da
obbiettare di fronte ai contratti sopra descritti. Ovviamente le coppie
sarebbero libere di praticare matrimoni religiosi, purché conformi alle
norme della religione scelta. Probabilmente le coppie omosessuali non
potrebbero ottenere un rito cattolico, ma ciò non violerebbe la libertà
di alcuno: non si può infatti obbligare una persona (p.e. un prete) ad
agire contro i suoi principi morali, costringendola ad approvare
qualcosa che invece disapprova. La libertà religiosa va rispettata tanto
quanto le altre. D’altra parte, nulla vieta la nascita di religioni che
approvino l’omosessualità.
Si può argomentare che legalizzare i matrimoni civili (gestiti dallo
Stato) tra omosessuali sia una valida alternativa. Non è così: lo Stato
non può e non deve gestire cose che competono agli individui. Il fatto
che i politici ambiscano ad amministrare ogni aspetto della vita di una
persona (o di una coppia) non giustifica nulla, anzi è ciò che più viene
contestato da chi vuole preservare la libertà individuale. Infatti, in
questo caso, il passo successivo sarebbe quello di obbligare per legge
le istituzioni religiose a praticare matrimoni omosessuali. Non si
tratta di obiezioni ipotetiche, ma di proposte e leggi
concrete; in un sistema che ritiene lecito l’intervento statale, è
un’eventualità che può presentarsi. E’ allora preferibile un sistema in
cui non sia possibile tale eventualità.
Una questione più spinosa riguarda l’adozione di bambini. In realtà,
l’unico problema consiste nello stabilire chi sia responsabile del
bambino; una volta appurato ciò, spetta a tale persona/ente decidere se
affidarlo o no a una coppia omosessuale. Supponendo (*) che solo i
genitori siano responsabili del proprio figlio, spetta a loro decidere a
chi eventualmente affidarlo. Se per qualche motivo decidono di
affidarlo a un orfanotrofio o casa-famiglia, la responsabilità passa a
quest’ultimo/a. In un sistema privo di burocrati, l’orfanotrofio (o
casa-famiglia) sarebbe un ente privato con determinate regole, a cui si
rivolgerebbero solo le persone che le accettassero volontariamente. Al
contrario, l’intervento statale genera (o amplifica) conflitti etici: se
lo Stato può stabilire a chi affidare un bambino e a chi no, ci saranno
persone favorevoli all’affidamento verso coppie omosessuali e ci
saranno persone contrarie. Entrambe le parti saranno ugualmente
“giustificate” a fare pressioni sul Governo affinché modifichi o
mantenga le leggi attuali in materia.
Lo Stato è immorale perché impone la sua volontà, anziché rispettare le
scelte delle singole persone. Ciò porta a una guerra continua tra gruppi
che, per essere liberi di agire come credono, sono costretti a imporsi
gli uni sugli altri per mezzo di leggi parlamentari. Come abbiamo visto,
l’unico modo per appianare tali conflitti è estromettere politici e
burocrati dalle scelte etiche degli individui; del resto si tratta di
questioni troppo importanti per lasciarle nelle mani dei funzionari
pubblici, sulla cui affidabilità è bene stendere un velo pietoso.
Di Weierstrass
Contributor Riecho Economia e Libertà
Contributor Riecho Economia e Libertà
(*) Non si pretende qui di stabilire se il bambino debba essere
responsabile di se stesso o se lo debba essere solo a partire da una
certa età. Si esclude solo che la responsabilità spetti allo Stato,
analogamente alla visione liberale per quanto riguarda gli adulti.
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