Se
c’è un provvedimento la cui urgenza è evidente per la salvezza del
Paese, è l’eliminazione dell’attuale Parlamento. Non solo: è necessario
sancire la ineleggibilità delle inqualificabili persone che lo compongono, per loro osceno, spudorato tradimento del mandato.
Questa è gente che ormai non ha che uno scopo: tenersi i soldi e i
posti, perpetuarli contro la volontà popolare. In questi mesi in cui
appoggiano – senza distinzione fra «maggioranza» e «opposizione» – un
governo non-eletto, imposto da fuori e da sopra, occupano il tempo nelle
due Camere in viscidi rimestamenti per restare lì in eterno e lì ci
sono «giovani» come Casini e Fini-in-Tulliani, che sono lì da 28 anni
(il Tulliani non ha ancora retituito la villa di Montecarlo), e Rutelli
da 19; quello che dormiva su un
tesoretto di 40 milioni rubato ai
contribuenti, e che solo lo scandalo Lusi, da cui Rutelli si proclama
derubato a sua insaputa, ha fatto scoprire; mentre tutti gli altri, i
Gasparri e i Larussa e lo stesso Fini, hanno da parte gli stessi
tesoretti (truffaldini «rimborsi elettorali»), e non ne parlano; lì c’è
ancora Bossi, lì c’è Berlusconi, lì ci sono le prostitute di lusso a cui
Berlusconi ha regalato un parlamento e un ministero...
Fanno
finta di «fare le riforme», e quel che fanno è o il perdere tempo per
arrivare alle elezioni future con il loro Porcellum, calcolando che gli
conviene; oppure rimestando il Porcellum per renderlo più proporzionale,
anzi proporzionale puro. Bersani, Casini ed Alfano fingono di litigare
per le telecamere, ma poi fanno un accordo sottobanco per poter
continuare ad assegnare una parte decisiva dei seggi con liste bloccate,
ossia perpetuando il parlamento dei nominati («I partiti devono
salvaguardare i loro gruppi dirigenti», che altrimenti non verrebbero
rieletti spiegherà uno di loro, senza vergogna). Lega e PDL fanno finta
di fare il presidenzialismo e il «Senato federale», ma tutto quel che
fanno è tentare di non ridurre il numero dei senatori da 315 a
250 membri (un taglietto di nemmeno un terzo) come avevano fatto finta
di promettere, aggiungendovi 61 rappresentanti di Regioni, provincie e
varie autonomie, sicchè la riduzione risulta limitata a... 4 seggi
senatoriali in meno. E nel frattempo, accontentano le loro clientele e
lobbies con tutti i mezzi, di nascosto, perpetuando e aggravando il
parassitismo italiano che ci ha portato al terzo debito pubblico
mondiale, al disastro che viviamo e all’amministrazione controllata che
ci è stata imposta.
Con la loro legiferazione mostruosa e
proliferante come il cancro, hanno reso l’Italia un Paese disfunzionale,
invivibile per le imprese come per i cittadini onesti. Hanno ampliato
il settore pubblico parassitario, al punto che oggi siamo l’ultimo Paese
«socialista» irriformato rimasto al mondo, senza però dichiararsi
socialista (troppo impegno morale, in quel «sociale»), ma anzi
«liberista»: dove però il settore pubblico – che risucchia il 55-60% del
reddito prodotto – deforma anchè le imprese private: in quanto
principale pagatore nel sistema economico, miriadi di imprese private
sono però «convenzionate» con il settore pubblico (basti pensare al
Servizio Sanitario, in mano ai ladri e delinquenti politici delle
Regioni), e dunque il loro profitto non viene dal mercato e dalla
concorrenza, bensì dal loro ammanicarsi coi politici regionali. Fino al
punto che un «imprenditore», come si ricorderà, per ottenere commesse
per forniure ad ospedali, vinceva la concorrenza pagando prostitute
d’alto bordo da mettere nel letto del capo del governo (altro
«imprenditore privato» con concessione pubblica).
E lasciamo
perdere le «privatizzazzazioni delle aziende municipali», finte in modo
da distribuire poltrone ai trombati e favori agli amici, senza più
nemmeno concorsi pubblici, la conquista di un’altra libertà al malfare e
alla corruzione. Lasciamo perdere la scuola pubblica, un dipendente
ogni 4 studenti, che sforna analfabeti maleducati e rozzi, incapaci
delle forme più semplici di civiltà, incapaci di cogliere idee e
concetti, e dunque di reggersi con dignità nel mondo. E la «giustizia»?
Inadempiente e golpista insieme, di cui i politici – proprio perchè ne
hanno terrore – invece di rimetterla entro i suoi limiti costituzionali,
hanno allargato i poteri indebiti fino a consentire ai magistrati
l’arbitrio più totale, fino all’intercettazione e al ricatto del Capo
dello Stato (che poi questo se lo meriti, è un altro paio di maniche).
Ecco, questa è l’Italia come l’hanno fatta i parlamentari attualmente
sulla poltrona. Sono lì da 20, da 30 anni. Sono irriformabili, perchè
sono essi stessi il risultato e la risultante della corruzione che hanno
creato; la creano attorno a sè come una secrezione naturale, la creano
anche solo respirando.
È fin troppo chiaro che questi non solo
non faranno mai alcuna riforma, ma che finchè resteranno lì
ostacoleranno e renderanno impossibile qualunque riforma dello Stato,
delle burocrazie, della giustizia, della spesa pubblica.
È evidente che la più necessaria riforma è – concettualmente – di una chiarezza abbagliante. Consiste nei seguenti atti.
a – Sciogliere le due attuali Camere.
b – Dichiarare la non-eleggibilità dei membri delle attuali assemblee.
c – Andare a nuove elezioni per rinnovare le camere con un sistema
elettorale adottato di sana pianta dall’estero, per esempio il doppio
turno alla francese.
Basta questa enunciazione per capire che questa riforma è impossibile.
Lo scioglimento delle Camere può farlo il presidente della repubblica.
Ma nemmeno uno come Napolitano, che ha – diciamo – forzato non poco il
quadro istituzionale (perchè protetto dai poteri forti transnazionali,
per cui ha eseguito gli ordini) non potrebbe sancire l’ineleggibilità,
nè tantomento indicare un metodo elettorale. È il Parlamento stesso che
dovrebbe farlo. Che io sappia, solo una volta un’assemblea si
auto-dichiarò ineleggibile: fu nell’ottobre 1791, in Francia, su
proposta di Robespierre. Durò meno di un anno, e Robespierre stesso, che
aveva perso il seggio, e il potere, si rifece votare alla Convenzione
nel settembre 1792. Una ingenuità che non è stata mai ripetuta.
Tutto il malfare, i parlamentari italiani lo hanno fatto «per legge».
«Per legge» si sono votati gli emolumenti scandalosi, senza paragoni con
nessun altro Paese del mondo. Per legge si sono assegnati i miliardari
rimborsi elettorali , come li hanno chiamato, che invece sono
finanziamento pubblico sovrabbondante dei partiti. Le loro clientele, le
favoriscono con leggi e leggine.
Ciò significa che tutto ciò che fanno è «legale», anche se è odioso e profondamente sovversivo, in una parola illegittimo. Sono un’accolta di invidui abbietti e disonorati, pronti a tutto: e possono farlo per legge.
Questi turpi elementi occupano la legalità. L’hanno sequestrata
a loro esclusivo vantaggio, contro l’interesse della collettività. Per
spazzarli via, occorrerebbe dunque un potere esterno alle leggi,
extra-legale per definizione (e loro sarebbero lesti a gridare, gli
infami, che questo potere è «illegale»). Un potere che, come minimo, li
obbligasse a votare la propria ineleggibilità alle prossime elezioni;
per legge, adottare il doppio turno alla francese. Ciò per salvare la
forma della «democrazia parlamentare», infrangendone la sostanza per il
bene supremo della nazione. Qualche forza dall’alto, come una dittatura,
o dal basso, come una rivoluzione. Qualche cosa che superasse di forza
il rituale e il concetto steso di voto. E magari (qui ha ragione Beppe
Grillo) smascherasse la illegittimità radicale della loro «legalità»
sottoponendoli a un processo tipo Norimberega.
Non mi illudo
nemmeno per un attimo che nulla di simile avverrà. Troppi, qui in
Italia, godono di pasti gratis del sistema marcio e corrotto, troppi
sgavazzano nella «legalità» per pensare anche solo di coagulare, nelle
forze che contano (tipo la polizia) o nell’opinione pubblica, un
sentimento favorevole a scavalcare la legalità.
Il mio scopo
era semplicemente di rendere chiaro ede esplicito il problema. Quando
individui che hanno perso la legittimità continuano a sequestrare la
legittimità, si descrive una condizione pre-rivoluzionaria.
Una situazione che richiede il ricorso a ben altro che il voto, ben
altro che la speranza in «riforme»; piaccia o non piaccia, richiede il
ricorso di altro, di cui non dico il nome perchè è illegale. Se gli
italiani non la vogliono, si tengano questa oscena classe. Ma non
sperino nè in ripresa, nè in crescita, nè in un futuro migliore quale
che sia per i loro figli.
Maurizio Blondet
(articolo pubblicato il 7 agosto 2012)
http://www.effedieffe.com/index.php?option=com_content&view=article&id=97144:come-eliminare-il-parlamento-infame-&catid=83:free&Itemid=100021
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