mercoledì 22 agosto 2012

Pellicce. Se muori, mi vesto?


Degli animalisti, entrati segretamente all'interno delle industrie cinesi della pelliccia, hanno scoperto che molti animali sono ancora vivi e combattono disperatamente, quando gli operai li capovolgono sulla schiena o appendono per le zampe e coda per scuoiarli. Quando i lavoratori di queste fabbriche, cominciano a tagliare le pelli e le pellicce dalle zampe dell'animale, gli arti liberi scalciano e si contorcono per il dolore. Allora, vengono fermati con un piede al collo o sulla testa, ma continuano a dimenarsi rendendo “difficile” un” lavoro pulito”.



Quando la pelliccia è finalmente tolta, testa compresa, i loro corpi sanguinanti e nudi sono gettati sopra altri corpi che hanno subito lo stesso trattamento. Alcuni sono ancora vivi, respirano a fatica e ansimano lentamente. I cuori di questi poveri esseri battono dai 5 ai 10 minuti dopo essere stati scuoiati. Ha fatto il giro del mondo, il famoso filmato del procione, completamente denudato, senza pelliccia e umiliato, il quale fissa, con la testa sanguinante, la camera nascosta di un animalista.


Prima di essere scuoiati vivi, gli animali sono messi in gabbie minuscole e gettati a terra; gli operai li picchiano con bastoni o pezzi di metallo, causandogli rotture ossee e convulsioni, ma non sempre una morte immediata. Gli animali guardano i loro carnefici senza alcuna speranza, non capendo la logica perversa che vi è alle spalle. Alcuni attivisti svizzeri della Swiss Animal Protection hanno visitato varie pelliccerie nella provincia cinese dello Hebei, e hanno compreso immediatamente perché non sono permessi i visitatori in quei luoghi.

Non ci sono reati per abuso di animali in Cina, gli allevatori possono macellare e segregare gli animali a loro piacimento. Gli infiltrati hanno visto l'orrore andare oltre ogni immaginazione: “le condizioni delle pelliccerie cinesi sono una presa in giro dei più elementari standard di benessere animale, muoiono di una morte impronunciabile, e non hanno mai ricevuto una carezza”. In questi posti, volpi, conigli, cani e altri animali tremano in gabbie esterne senza una vera e propria superficie di appoggio: classiche gabbie costruite in filo metallico, esposte ai venti, piogge, notti di gelo o giornate assolate.

La globalizzazione del commercio delle pellicce ha reso impossibile conoscere la provenienza esatta della merce. Più della metà delle forniture cinesi finiscono nei mercati statunitensi. Anche se magari l'etichetta riporta made in EU, l'animale molto probabilmente è stato allevato e macellato in una fabbrica cinese, priva di regole e controllo. Come si può evitare questo massacro? Indossando pellicce sintetiche, se proprio non si riesce a farne a meno.

Ecco cosa ne pensa l' Animal Welfare (Stati Uniti): “le pellicce sintetiche hanno molti più vantaggi rispetto a quelle vere: non sono appetibili per le tarme, sono impermeabili, più economiche in acquisto e mantenimento, più soffici e calde di quelle vere. Questo è stato riscontrato nelle spedizioni antartiche e quelle sull'Everest, addirittura dagli anni cinquanta, quando il sintetico era considerato più caldo, leggero e impermeabile per temperature polari”. Inoltre la produzione di pellicce sintetiche risulta molto più vantaggiosa economicamente per il singolo cliente e l’ambiente. Vengono prodotte con petrolio e suoi derivati. A tal proposito, Gregory Smith, ingegnere della Ford, ha calcolato che per fabbricare una pelliccia sintetica è sufficiente l’energia prodotta di 5 litri di benzina, mentre per una pelliccia di animali selvatici (tenendo conto dei viaggi per catturarli, trasporto e lavorazione), se ne consumano 15.

Matteo Preabianca
Fonte: www.agoravox.it
Link: http://www.agoravox.it/Pellicce-Se-muori-mi-vesto.html
22.08.2012

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