mercoledì 15 agosto 2012

L’agghiacciante fenomeno delle spose-bambine. Anche in Italia

Il fenomeno delle spose bambine, che dovrebbe essere relegato a secoli e secoli fa, è ancora drammaticamente assai diffuso nel mondo odierno: sono ben 60 milioni, secondo le Nazioni Unite, le piccole che vengono date in matrimonio (anche a uomini che potrebbero essere loro padri o nonni) e hanno dagli 8 ai 14 anni.
L’organizzazione americana International Center for Research on Women (Icrw) ha stilato una “Top 20” dei Paesi in cui tale infame tradizione è più presente. Si aggiudica il triste primato il Niger (dove il 76,6% delle spose hanno un’età inferiore ai 18 anni) e seguono il Ciad, il Bangladesh, Mali, la Guinea, la Repubblica centrafricana, il Nepal, il Mozambico, l’Uganda, il Burkina Faso, l’India, l’Etiopia, la Liberia, lo Yemen, il Camerun, l’Eritrea, il Malawi, il Nicaragua, la Nigeria e lo Zambia.
Si tratta di una classifica basata su questionari standardizzati, che non riguardano però tutti i Paesi: per esempio ne è esclusa gran parte del Medio Oriente, tutt’altro che immune al fenomeno (chi non ricorda il matrimonio di massa con bambine organizzato da Hamas a Gaza nel 2009, e che ovviamente ha suscitato e ancora suscita, tanto sdegno sul web?).
Lo Yemen, di cui spesso abbiamo sentito parlare per tali episodi, non è nemmeno ai primi posti della lista dell’Icrw, eppure qui la metà o più delle bambine è costretta a sposarsi attorno agli 8 anni. Come la piccola Nojoud, che coraggiosamente si è recata da sola in tribunale nell’aprile 2008 per divorziare dal marito-pedofilo e denunciare il padre che l’ha data in sposa. Nel suo caso, come in molti altri in terra d’islam, c’entra la povertà delle famiglie delle bambine, ma al solito è di primaria importanza l’esempio del Maometto (lo si dice chiaramente nella biografia della piccola yemenita: “Io, Nojoud, 10 anni, divorziata”, Ed. Piemme, 2009). Il Profeta sposò Aisha quando lei aveva 6 anni, la deflorò quando la piccola ne aveva 9, mentre lui aveva più di 50 anni.
Alcune spose–bambine yemenite hanno imitato il coraggio di Nojoud, ma altre sono morte a causa degli stupri subiti dal “marito”, o di parto ( ciò è 5 volte più probabile per bambine che partoriscono al di sotto dei 15 anni , mentre il rischio di morte per il feto è il 73% delle volte più frequente per le ventenni).
L’immigrazione ha portato anche in Italia casi di spose-bambine (o comunque giovanissime), di cui due emersi i giorni scorsi, come quello della neodiciottenne marocchina di Brescello (stesso paese in provincia di Reggio Emilia e stessa nazionalità di Rachida Rida, uccisa dal marito lo scorso anno , perché voleva convertirsi al cristianesimo), giovane che è stata picchiata a sangue dal padre perché rifiutava un matrimonio combinato e il velo. Ne abbiamo già parlato anche qui su “Il Jester”.
Poi c’è l’agghiacciante storia di una tredicenne di origine macedone (già altre ragazzine sue connazionali sono state costrette a sposarsi nel nostro Paese) , venduta in sposa per 3.000 euro, torturata e stuprata dal “marito” 17enne, che ne ha voluto provare la verginità ai familiari. L’artefice di tutto è la madre del giovane (una donna, che non ha avuto pietà di una ragazzina), la quale è stata arrestata assieme a lui a Venezia. Il Comune si costituirà parte civile al processo contro i due.
Il solito relativismo multiculturalista italiota non deve farci più tollerare tali abusi, perpetrati in nome di uno stucchevole e razzista “questa è la loro cultura”. Perché anche le stesse spose-bambine appartengono a certe culture, eppure sono uguali a tutte le bimbe del mondo, che vogliono un’infanzia e non sposarsi!
di Jester Feed 

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