Originale italiano: http://znetitaly.altervista.org/art/7293
di John Markoff – 22 agosto 2012
DRACHTEN, Olanda – Nella fabbrica della Philips Electronics sulla costa
della Cina, centinaia di lavoratori usano le mani e strumenti
specializzati per montare rasoi elettrici. Quello è il modo vecchio.
In una fabbrica consorella qui, nella campagna olandese, 128 bracci
robot fanno lo stesso lavoro con una flessibilità da yoga. Videocamere
li guidano nell’impresa ben oltre le capacità dell’uomo più abile.
Un braccio robotico forma tre pieghe perfette su due cavi di
collegamenti e li inserisce in fori quasi troppo piccoli per l’occhio
umano. I bracci lavorano così velocemente che devono essere racchiusi in
gabbie di vetro per evitare che chi li controlla rimanga ferito. E
fanno tutto senza pausa caffè, tre turni al giorno, 365 giorni l’anno.
Tutto considerato, la fabbrica ha diverse dozzine di lavoratori per
turno, circa un decimo di quelli dell’impianto della città cinese di
Zhuhai.
Questo è il futuro. Una nuova ondata di robot, più esperti di quelli ora
comunemente utilizzati dai fabbricanti d’auto e da altre industrie
pesanti, sta sostituendo i lavoratori in tutto il mondo sia nella
fabbricazione sia nella distribuzione. Fabbriche come questa in Olanda
fanno da impressionante contrappunto a quelle utilizzate dalla Apple e
da altri giganti dell’elettronica di consumo, che impiegano centinaia di
migliaia di lavoratori a bassa specializzazione.
“Con queste macchine possiamo fabbricare qualsiasi prodotto di consumo
al mondo”, ha affermato Binne Visser, un ingegnere elettronico che
gestisce la catena di montaggio della Philips a Drachten.
Molti dirigenti industriali ed esperti di tecnologia affermano che
l’approccio della Philips sta guadagnando terreno su quello della Apple.
La Foxconn, il fabbricante dell’iPhone della Apple, pur mentre
continua a costruire nuovi impianti e ad assumere migliaia di altri
lavoratori per produrre gli smartphone, sta programmando di installare
più di un milione di robot nel giro di pochi anni per integrare la
propria manodopera in Cina.
La Foxconn non ha rivelato quanti lavoratori saranno sostituiti e
quando. Ma il suo presidente, Terry Gou, ha pubblicamente avallato un
crescente uso di robot. Parlando del suo più di un milione di dipendenti
nel mondo, ha detto a gennaio, secondo l’agenzia ufficiale di stampa
Xinhua: “Poiché gli esseri umani sono anche animali, gestire un milione
di animali mi dà il mal di testa.”
I costi in diminuzione e la crescente sofisticazione dei robot hanno
scatenato un rinnovato dibattito tra gli economisti e i tecnologi su
quanto rapidamente saranno persi i posti di lavoro. Quest’anno Erik
Byonjolfsson e Andrew McAfee, economisti al Massachusetts Institute of
Technology, hanno sostenuto la tesi di una trasformazione rapida. “Il
ritmo e la dimensione di questa invasione delle competenze umane sono
relativamente recenti e hanno profonde implicazioni economiche,” hanno
scritto nel loro libro ‘Race Against the Machine’ [Gara contro la
macchina].
Secondo loro l’avvento dell’automazione a basso costo predice
cambiamenti di portata pari a quella della rivoluzione della tecnologia
agricola nello scorso secolo, quando l’occupazione in agricoltura negli
Stati Uniti è scesa dal 40% della manodopera al circa 2% attuale.
L’analogia sta non solo nell’industrializzazione dell’agricoltura ma
anche nell’elettrificazione della produzione nel secolo scorso, sostiene
McAfee.
“A che punto la sega a nastro sostituisce Paul Bunyan? [l’archetipo del
boscaiolo nel folclore USA – n.d.t.]” ha chiesto Mike Dennison, un
dirigente della Flextronics, fabbricante di prodotti elettronici di
consumo con sede nella Silicon Valley che sta sempre più automatizzando
il lavoro di assemblaggio. “C’è sempre un prezzo di riferimento [price
point –n.d.t.] , e siamo molto vicini ad esso.”
Ma Bran Ferren, un veterano della robotica e progettista di prodotti
industriali alla Applied Minds di Glendale, California, sostiene che ci
sono ancora forti ostacoli che rendono elusivo il sogno del robot
universale di assemblaggio. “Inizialmente ho coltivato una certa
ingenuità a proposito dei robot che potevano fare qualsiasi cosa,” ha
affermato. “Devi comunque avere delle persone in giro. E le persone sono
piuttosto in gamba nell’immaginare come introdurre il radiatore o
infilare il manicotto. E queste sono cose ancora difficili da fare per i
robot.”
Oltre alle sfide tecnologiche c’è la resistenza dei lavoratori
sindacalizzati e delle comunità preoccupate per l’occupazione. L’ascesa
dei robot può tradursi in un numero minore di posti di lavoro creati in
questo paese, anche se i costi del lavoro e dei trasporti in crescita
dall’Asia e timori per violazioni della proprietà intellettuale stanno
ora riportando in occidente parte del lavoro.
Si prenda la cavernosa fabbrica di pannelli solari gestita dalla
Flextronics a Milpitas, a sud di San Francisco. Un grande striscione
proclama orgogliosamente: “Riportiamo il lavoro e la produzione in
California!” (Proprio ora la Cina produce una larga percentuale dei
pannelli solari utilizzati in questo paese e sta automatizzando la
propria industria).
Tuttavia negli impianti d’avanguardia, dove la catena di montaggio
funziona 24 ore al giorno, sette giorni alla settimana, ci sono robot
dovunque e pochi lavoratori umani. Tutti i lavori pesanti di spostamento
e quasi tutto il lavoro di precisione sono eseguiti da robot che
assemblano le cellule solari e le sigillano sotto vetro. I lavoratori
umani fanno cose come rifilare il materiale in eccesso, introdurre cavi e
avvitare un pugno di viti in una semplice cornice per ciascun pannello.
Tali progressi nella produzione stanno cominciando a trasformare anche
altri settori che impiegano milioni di lavoratori in tutto il mondo. Uno
di essi è la distribuzione, dove robot che zoomano alla velocità dei
più veloci scattisti del mondo, possono immagazzinare, recuperare e
imballare merci per la spedizione in modo molto più efficiente delle
persone. I robot potrebbero presto sostituire i lavoratori in aziende
come la C & S Wholesale Grocers, il più grande distributore di
alimenti della nazione, che ha già impiegato la tecnologia robotica.
Il rapido miglioramento delle tecnologie visive e tattili sta facendo
rientrare tra le capacità dei robot una vasta gamma di lavori manuali.
Ad esempio i grandi jet commerciali, dalla grande fusoliera, della
Boeing sono ora rivettati da macchine gigantesche che si muovono
rapidamente e con precisione sulla fusoliera degli aerei. Nonostante
queste macchine la società afferma che lotta per trovare un numero
sufficiente di lavoratori per produrre il suo nuovo 787. Le macchine
consentono, piuttosto, significativi aumenti della precisione e sono più
sicure per i lavoratori.
Alla Earthbound Farms in California, quattro bracci robotici di nuova
installazione personalizzata, dotati di ventose, sistemano contenitori a
conchiglia di lattuga organica nelle confezioni di spedizione. I robot
si muovono molto più velocemente delle persone che hanno sostituito.
Ciascun robot sostituisce da uno a cinque lavoratori alla Earthbound,
secondo John Dulchinos, un ingegnere che è il responsabile esecutivo
della Adept Technology, un produttore di robot con sede a Pleasanton, in
California, che ha sviluppato il sistema della Earthbound.
Produttori di robot degli Stati Uniti affermano che in molte
applicazioni i robot sono già più efficienti degli umani in termini di
costi.
A una fiera dell’automazione, l’anno scorso a Chicago, Ron Potter, il
direttore della tecnologia robotica di una società di consulenza di
Atlanta chiamata Factory Automation Systems, ha offerto ai visitatori un
foglio di calcolo per verificare quanto rapidamente i robot si
sarebbero ripagati.
In un esempio, un sistema robotico industriale costava inizialmente
250.000 dollari e sostituiva due operatori alle macchine che
guadagnavano ciascuno 50.000 dollari l’anno. Nei 15 anni di vita del
sistema, esso produceva 3,5 milioni di risparmi di costi di personale e
di produzione.
L’amministrazione Obama afferma che questa svolta tecnologica presenta
un’opportunità storica perché la nazione resti competitiva. “Il solo
modo per mantenere la produzione negli Stati Uniti consiste nell’avere
la produttività più alta”, ha affermato Tom Kalil, vicedirettore
dell’Ufficio della Casa Bianca per la Politica Scientifica e
Tecnologica.
Funzionari governativi e dirigenti industriali sostengono che anche se
le fabbriche vengono automatizzate, continuano a essere una valida fonte
di occupazione. Se gli Stati Uniti non competono per la produzione
avanzata in industrie quali l’elettronica di consumo, potrebbero perdere
anche la progettazione e il design dei prodotti. Inoltre i dirigenti
della robotica sostengono che anche se il lavoro da tute blu andrà
perso, una produzione più efficiente creerà lavoro specializzati nella
progettazione, gestione e assistenza alle catene di montaggio, così come
un numero significativo di altri tipi di lavoro nelle comunità in cui
sono situate le fabbriche.
E i produttori di robot segnalano che la stessa loro industria crea
occupazione. Un rapporto commissionato l’anno scorso dalla Federazione
Internazionale di Robotica ha rilevato che 150.000 persone sono già
impiegate dai produttori di robot di tutto il mondo in compiti di
progettazione e assemblaggio.
Ma il predominio statunitense ed europeo nella prossima generazione è lungi dall’essere certo.
“Quel che vedo è che i cinesi stanno anche loro per impiegare i robot”,
ha affermato Frans van Houten, direttore esecutivo della Philips. “La
finestra di opportunità per riprenderci la produzione è prima che ciò
accada.”
Una catena di montaggio più rapida
La Royal Philips Electronic cominciò a produrre i primi rasoi elettrici
nel 1939 e creò la fabbrica qui, di Drachten, nel 1950. Ma il signor
Visser, l’ingegnere che gestisce il montaggio, è orgoglioso della
sofisticazione dei rasoi più recenti. Si vendono anche per 350 dollari
e, dice, sono più complessi da fabbricare che gli smartphone.
La catena di montaggio qui è costituita da dozzine di gabbie di vetro
che ospitano robot prodotti dalla Adept Technology e che serpeggiano sul
pavimento della fabbrica per più di 100 iarde [poco più di 90 metri –
n.d.t.]. Le telecamere in cima alle gabbie guidano i bracci robotici
quasi infallibilmente a raccogliere le parti che assemblano. I bracci
piegano fili con precisione millimetrica, fissano alberini delle
dimensioni della punta di uno stuzzicadenti in minuscoli fori, afferrano
ingranaggi di plastica in miniatura e li fissano nelle loro sedi e
fanno scattare al loro posto parti di plastica.
La prossima generazione di robot per la produzione sarà più flessibile e più facile da addestrare.
Ne è testimone la fabbrica della Tesla Motors, che recentemente ha
cominciato a fabbricare la Tesla S, una berlina di lusso, a Fremont, in
California, al confine della Silicon Valley.
Più di metà dell’edificio è chiusa, detta “il lato oscuro”. Ospita
ancora una misera linea di assemblaggio non utilizzata della Toyota
Corolla, dalla quale un esercito di operai un tempo faceva uscire mezzo
milione di auto all’anno.
La catena di montaggio della Tesla crea un forte contrasto, vividamente
illuminata. I suoi robot dai movimenti rapidi, di un brillante rosso
Tesla, hanno ciascuno un unico braccio con giunti multipli. La maggior
parte di essi è imponente, alti da due metri e mezzo a tre, il che da
loro un aspetto leggermente minaccioso, alla ‘Terminator’.
Ma i bracci sembrano misteriosamente umani quando si estendono a un
banco e sostituiscono la loro “mano” per eseguire un compito diverso.
Mentre i molti robot delle fabbriche automobilistiche assolvono
tipicamente un’unica funzione, nella nuova fabbrica della Tesla un robot
può compierne sino a quattro: saldare, rivettare, legare e installare
un componente.
Fino a otto robot eseguono un balletto attorno a ciascun veicolo quando
si ferma per soli cinque minuti in ciascuna stazione della linea. Alla
fine in questa fabbrica saranno prodotte fino a 83 auto al giorno; per
il primo anno ne sono programmate circa 20.000. Quando la società
aggiungerà l’anno prossimo un SUV, esso sarà costruito sulla stessa
catena di montaggio, una volta che i robot saranno riprogrammati.
La fabbrica della Tesla è minuscola, ma rappresenta una scommessa
importante sui robot flessibili; una scommessa che potrebbe essere un
modello per l’industria. E altri stanno già pensando più in grande.
La Hyunday and Beijing Motors ha recentemente completato una fabbrica
mammut all’esterno di Pechino che può produrre un milione di veicoli
l’anno utilizzando più robot e meno persone rispetto alle grandi
fabbriche dei suoi concorrenti e con la stessa flessibilità della Tesla,
ha dichiarato Paul Chau, un investitore statunitense di capitali di
rischio della WI Harper che ha visitato l’impianto in giugno.
Il nuovo magazzino
Sistemi tradizionali e futuristici che lavorano a fianco a fianco in un
centro di distribuzione a nord di New York City mostrano come la
robotica sta trasformando il modo in cui i prodotti sono distribuiti,
minacciando l’occupazione. Da questo magazzino di Newburgh, la C &
S, il più grande grossista di alimentari della nazione, fornisce una
delle principali catene di supermercati.
Il vecchio sistema si estende per quasi 50.000 metri quadrati. Gli
scaffali sono caricati e scaricati ventiquattr’ore al giorno da
centinaia di persone che guidano muletti e carrelli elevatori per
pallet. Nelle ore di punta, alla sera, il magazzino è una cacofonia di
clacson e di veicoli elettrici che sfrecciano mentre operai con le
cuffie sono indirizzati alle casse di cibo da un computer che parla loro
in quattro lingue.
Il nuovo sistema è molto più piccolo, strizzato in soli circa 2.800
metri quadrati all’estremità del magazzino e controllato soltanto da un
pugno di tecnici. Essi controllano una gabbia di quattro piani con
livelli diversi dove operano 168 ‘rover robot’ [robot ‘vagabondi’] delle
dimensioni di go-cart. Ciascuno di essi può muoversi a 25 miglia
all’ora [circa 40 chilometri all’ora], quasi tanto velocemente quanto
uno scattista olimpionico.
Ciascun robot è collegato senza fili a un computer centrale e al comando
scatterà lungo una corsia fino a raggiungere la propria destinazione:
una cassa di cibo da ritirare o il posto in cui depositarne una a
magazzino. Il robot raccoglie una scatola estendendo dal fianco due dita
metalliche lunghe una sessantina di centimetri e facendole scivolare al
di sotto. Solleva la scatola e la inserisce nel proprio ventre. Poi
accelera verso la parte anteriore della gabbia d’acciaio dove svolta in
un vasto percorso in cui deve lottare con il traffico; sono attivi otto
robot su ciascun livello della struttura della larghezza di 20 corsie e
di 21 livelli di altezza.
Dalla corsia i robot attendono il loro turno per spingersi in uno spazio
speciale aperto dove depositano ciascun carico in un montacarichi che
manda un flusso di cassette di cibo giù a un nastro trasportatore che
porta a un grande braccio robotico.
Alto circa tre metri, il braccio ha la grazia e la destrezza di un
esperto imbustatore di supermercato, rigirando e rivoltando ciascuna
cassetta in modo che la pila finale formi un cubo di due metri e mezzo.
Il software è tanto sofisticato da stabilire quale robot deve
raccogliere per primo quale cassetta, così quando l’ordine arriva al
supermercato, i lavoratori possono ritirare le cassette nell’ordine
preciso in cui devono andare sugli scaffali.
Quando il braccio ha finito, il cubo di merci è trasferito a una
macchina che lo avvolge di plastica trasparente per mantenerlo compatto.
Poi un operatore di muletto chiamato dal computer sposta il cubo a un
camion per la spedizione.
Realizzato dalla Symbiotic, una nuova società con sede nell’area di
Boston, questo magazzino robotico è ispirato da un progettatore di
computer che ha creato gli algoritmi software per organizzare
efficientemente i dati da immagazzinare nei dischi fissi dei computer.
Jim Baum, il direttore esecutivo della Symbiotic, paragona il nuovo
sistema a un grande computer parallelo. Il progetto è efficiente perché
non c’è alcun punto di strozzatura; le cassette di cibo che si muovono
nel magazzino robotico sono come i bit digitali che sono elaborati dal
computer.
Il cambiamento del ruolo degli umani
Nel decennio da quando ha cominciato a lavorare da magazziniere a
Tolleson, Arizona, un sobborgo di Phoenix, Josh Graves ha costatato
quanto i sistemi di automazione possano rendere più agevole il lavoro ma
anche creare nuovo stress e insicurezza. La gigantesca struttura in cui
lavora distribuisce alimentari ‘asciutti’ [dry goods: tè, caffè,
cereali, zucchero, ecc. – n.d.t.] per i supermercati Kroger.
Graves, ventinovenne, è andato a lavorare non appena terminate le scuole
nel magazzino dove aveva lavorato suo padre per tre decenni.
L’impegnativo lavoro richiedeva di sollevare scatole pesanti e gli orari
erano lunghi. “Prendevano quindici persone e solo una durava,” ha
detto.
Oggi Graves guida un piccolo muletto che sistema e ritira scatole di
ogni dimensione. Poiché i lavoratori come lui fanno meno lavoro fisico,
ci sono minori lesioni, ha detto Rome Aloise, un vicepresidente del
sindacato dei camionisti della California settentrionale. Siccome è il
computer a stabilire il ritmo, lo stress è ora più psicologico.
Graves indossa cuffie e riceve istruzioni da una voce computerizzata su
dove andare nel magazzino a ritirare o sistemare prodotti. Un computer
centrale che i lavoratori chiamano ‘Il Cervello’ detta la loro velocità.
I dirigenti sanno esattamente quel che fanno i lavoratori, al minuto
secondo.
Diversi anni fa il magazzino di Graves ha installato un sistema tedesco
che sistema e ritira automaticamente scatole di cibo. Ciò ha portato
all’eliminazione di 106 posti di lavoro, circa il 20% della manodopera.
Il nuovo sistema è stato inizialmente gestito da lavoratori
sindacalizzati con elevata anzianità. Poi quel lavoro è passato alla
società tedesca, che ha assunto lavoratori non sindacalizzati.
Ora la Kroger ha in programma di costruire a Tolleson un magazzino
altamente automatizzato. Sessanta lavoratori sindacalizzati si sono
recati davanti al municipio l’anno scorso per opporsi al piano, sul
quale l’amministrazione cittadina non ha ancora deciso.
“Non abbiamo problemi con l’arrivo delle macchine”, ha detto Graves ai
dirigenti cittadini. “Ma dite alla Kroger che non vogliamo perdere
questi posti di lavoro in città.”
Alcuni lavori sono ancora fuori dalla portata dell’automazione: lavori
edili che richiedono che gli operai si muovano in ambienti imprevedibili
e assolvano diversi compiti non ripetitivi; lavori di assemblaggio che
richiedano riscontri tattili, come la sistemazione di pannelli in fibra
di vetro all’interno di aerei, navi o automobili; e lavori di montaggio
in cui è prodotta solo una quantità limitata di manufatti oppure in cui
ci sono molte versioni di ciascun prodotto, richiedendo una
riprogrammazione costosa dei robot.
Ma la lista si facendo sempre più corta.
Ammodernamento della distribuzione
All’interno di un garage spartano in un quartiere industriale di Palo
Alto, California, un robot dotato di “occhi” elettronici, di una paletta
e di ventose raccoglie ripetutamente scatole e le pone su un nastro
trasportatore.
Sta facendo quello che fanno ogni giorno nel mondo lavoratori a basso salario.
I robot più vecchi non possono fare tale lavoro perché i sistemi
computerizzati di visione erano costosi e limitati ad ambienti
attentamente controllati in cui c’era l’illuminazione giusta. Ma grazie a
una videocamera stereo di basso costo e a un programma che consente al
sistema di discernere le forme con la stessa facilità degli esseri
umani, questo robot è in grado di distinguere rapidamente le forme
irregolari di oggetti disposti a caso.
Il robot utilizza una tecnologia introdotta dal sistema di sensori
cinetici Kinect della Microsoft per il suo sistema di videogiochi Xbox.
Tali robot metteranno l’automazione alla portata di società come la
Federal Express e la United Parcel Service (UPS) che ora impiegano per
tali compiti decine di migliaia di lavoratori.
La nuova azienda che sta dietro al robot, la Industrial Perception Inc. è
il primo risultato della Willow Garage, un’ambiziosa società di
ricerche robotiche di Menlo Park, California. Il primo cliente sarà
probabilmente una società che ora impiega migliaia di lavoratori per
caricare e scaricare i propri camion. I lavoratori possono spostare in
media una scatola ogni sei secondi. Ma ciascuna scatola pesa più di 130
libbre [quasi 60 chili – n.d.t.] e i lavoratori si stancano facilmente e
a volte subiscono danni alla schiena.
La Industrial Perception conquisterà il suo contratto se la sua macchina
riuscirà a spostare affidabilmente una scatola ogni quattro secondi.
Gli ingegneri sono fiduciosi che il robot presto riuscirà a fare meglio
di così, raccogliendo e sistemando una scatola al secondo.
“Siamo sulla soglia di una completa trasformazione della produzione e
della distribuzione,” ha affermato Gary Bradski, uno scienziato della
visione meccanica fondatore della Industrial Perception. “Penso che non
sia un avvenimento singolo bensì che alla fine avrà un impatto pari a
quello di Internet.”
Da Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
www.znetitaly.org
Fonte: http://www.zcommunications.org/skilled-work-without-the-worker-by-john-markoff
Originale: Nytimes.com
traduzione di Giuseppe Volpe
Traduzione © 2012 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0
visto su comedonchisciotte.org e copiato e postato su questo blog
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