C’è una protesta che si leva da ambienti
etichettati come “destra” e che si pretendono liberali. Il governicchio
(di “saltapicchi” arroganti e presuntuosi nonché servi di una potenza
straniera) sta per varare un provvedimento per il quale l’Agenzia delle
entrate potrà accedere direttamente ai nostri conti correnti (bancari e
postali), ai rapporti che intratteniamo con i nostri eventuali
fiduciari, ecc. Per quanto i soliti “sinistri” sosterranno che ciò
riguarda solo i “ricchi”, sono in realtà d’accordo che è misura da
rifiutare in nome del principio di un minimo di autonomia individuale
rispetto alla pretesa di renderci potenzialmente, tutti, dei sorvegliati
speciali. Tuttavia, si deve dire con chiarezza il perché di un rifiuto,
il perché dello schierarsi in difesa della “libertà” individuale.
Se si continua a pretendere che lo Stato è il rappresentante generale degli interessi di una collettività (più pomposamente ancora, di un popolo), allora è quasi impossibile protestare contro misure liberticide. In realtà, lo Stato è un’entità resa misteriosa da intellettuali infami, che la predicano con modalità metafisiche, mentre è la condensazione in un dato sistema di apparati del conflitto tra vari gruppi di interesse, spesso tra varie autentiche cosche dedite a manovre o criminose o che corrono sul filo della criminalità. Non però, per favore, la criminalità “comune”. Ad es., quella dei gruppi oggi al potere in questo disgraziato paese è di essere succubi e proni di fronte agli interessi di gruppi predominanti stranieri; che non sono tedeschi, ma americani e soprattutto quelli che si rappresentano nell’autentico “novello Hitler” del mondo odierno, il presidente dalla “pelle abbronzata”.
Lo Stato non è l’Agenzia delle entrate come non è l’insieme dei Ministeri e degli altri organismi “pubblici” con cui viene designato. Lo Stato è il gruppo che in quel momento detiene le leve di comando e di indirizzo dell’insieme della cosiddetta “società civile”. Lo Stato è semmai il governo, il quale non è più (se mai lo è stato) il “comitato d’affari della borghesia” (della classe dominante, in una data epoca della società capitalistica, presa nel suo insieme), ma lo è di dati gruppi dominanti assurti al potere complessivo nella società. Che siano riusciti nell’intento per la sedicente “via democratica” – approfittando spesso di una popolazione al limite del rimbecillimento totale e che si agita magari scompostamente senza nulla capire dei meccanismi di tale potere – o invece in modo apertamente autoritario, poco importa quando si arriva alla “situazione estrema” in cui versa oggi l’Italia, ormai squassata e sventrata dall’arrogante potere di gruppi subordinati allo straniero (gli Usa, appunto).
Per decidere della funzione dello Stato (cioè del suo governo) in quella data fase storica, è indispensabile tenere conto che il sistema globale complessivo è diviso in aree, in cui esiste una filiera di comando: un dato paese (cioè i gruppi che sono in esso al comando) predominante e altri paesi i cui gruppi sono subdominanti, cioè vessano la maggioranza dei propri cittadini ponendosi come tramite e mezzo di preminenza del primo paese (dei suoi gruppi dominanti o di uno di essi). Si tratta di quei gruppi subdominanti da me denominati (spero si ricordi il perché) “cotonieri”, che assicurano appunto la piena subordinazione di un paese ai predominanti; e da questo servilismo, dannoso per la stragrande maggioranza della popolazione di quel determinato paese asservito, traggono i loro guadagni, i guadagni dei “camerieri” (dal “capocameriere” agli “sguatteri”).
L’Italia è in mano a questa gentaglia che si è asservita allo straniero; invece di essere arrestata e subire i giusti processi penali per alto tradimento, governa e, tramite il governo, procede alla spoliazione della gran parte dei cittadini. Questo è lo “Stato” che vuol arrogarsi il diritto di limitare, spiando, la libertà dei vari individui; salvo ovviamente quella dei gruppi dominanti, stranieri (americani) e “cotonieri”, i quali godranno invece della completa libertà di devastare e impoverire la maggioranza della popolazione italiana tramite quella specifica filiera di comando, in grado di “trasmettere” la ricchezza prodotta dal “basso” del nostro paese verso quello predominante (verso i suoi gruppi dominanti), con opportuna quota trattenuta dai subdominanti per i loro servigi da “Gano di Maganza”.
C’è però un “ma”, alto e grande come l’Everest. Chi si lamenta per il “liberticidio” si mette poi a blaterare di “liberalizzazioni”, che sarebbero il toccasana per l’attuale crisi. Quest’ultima non nasce dalla cattiva finanza (semplicemente profittatrice di una situazione, certo favorevole alle speculazioni), non nasce dagli intralci posti dallo Stato alla presunta “libera iniziativa” nell’ancora più presunto “libero mercato”. La crisi è crisi di s-regolazione di un sistema che in precedenza – nel mondo bipolare e nel polo capitalistico cui noi appartenevamo – aveva a suo modo un centro regolatore negli Usa. La crisi – in quanto legata alla impossibilità di eliminare in toto la cosiddetta “anarchia mercantile”, in realtà una sorda lotta di aggiustamento intercorrente pur sempre anche nei rapporti tra pre e subdominanti – non era debellata, ma aveva assunto caratteri più “deboli”, venendo denominata recessione. Finito quel mondo, qualcuno (gli Usa come al solito) aveva presunto di poter estendere lo stesso tipo di regolazione, ad esso favorevole, all’intero globo. Non ce l’ha fatta e la crisi è infine tornata in pieno “splendore”; e batterà imperterrita per un bel numero di prossimi anni, fin quando non ci si deciderà al confronto più acuto per la supremazia mondiale.
La “liberalizzazione” è un’altra forma di politica di subordinazione al centro predominante. E’ la forma odierna del “libero commercio internazionale” (fondato sul ricardismo), che veniva predicato negli Usa negli anni ’20 e ’30 dell’800 dal mediocre economista Thomas Cooper (una specie di Antonio Martino dell’epoca), contrastato da coloro che si pronunciavano per le teorie proibizioniste di List. Si sa come andò a finire: molto bene per il futuro di potenza degli Usa. I cotonieri (quelli veri, del sud degli Usa) furono schiacciati ed eliminati senza mezze misure. Se non ci decidiamo a farlo anche in questo paese, oggi, saremo sempre servi e con almeno l’80% della popolazione in progressivo impoverimento.
La nostra disgrazia è di avere una “sinistra” che, coltivando la mistica dello Stato in quanto rappresentante della collettività, distrugge la libertà individuale, ma non per se stessa considerata, bensì come misura per arrivare a stabilire quella filiera di comando – tra gruppi predominanti statunitensi e servi subdominanti, i “cotonieri” d’Italia – che ci sta distruggendo anche come consesso civile. Dall’altra parte, abbiamo la sedicente “destra” – oggi con il pieno appoggio di un Berlusconi, ormai asservito ad Obama – che ulula contro la prepotenza dello Stato, ma predica un liberismo in grado di conseguire lo stesso risultato per quanto concerne la suddetta filiera di comando internazionale.
La differenza consiste solo negli strati sociali in cui queste due cosche vogliono pescare i loro voti. Da una parte il lavoro salariato, soprattutto quello del settore “pubblico”, considerato il più garantito (oltre che, ovviamente, inefficiente, fannullone, sprecone, ecc.); e il ceto pseudo-intellettuale dei cialtroni infatuati del cosiddetto “politicamente corretto”, una sequela di insulsaggini infantili che fanno il gioco degli altri. I quali altri ululano contro la spesa pubblica, vogliono ridimensionare drasticamente ogni conquista sociale (distruggeranno perfino la sanità come sta già accadendo in Grecia), confidando nella presa sul povero lavoro autonomo e la piccola imprenditoria, effettivamente bastonati e che sempre più lo saranno nei prossimi anni. In mezzo, saltabeccando ora di qua ora di là, ci sta un ignobile governo di presunti tecnici, in realtà servi nominati d’ufficio per assolvere i loro indecenti compiti, godendo dell’appoggio dei due schieramenti pur se per motivi opposti.
Chi sta dietro a tutti questi maneggi (di tipologia “savoiarda”) è ben noto; e il termine ultimo della filiera (negli Usa), lo è altrettanto. Quali sono i fetenti “cotonieri” italiani è perfino inutile dirlo, anche perché i nomi sono tanti per un articoletto come questo. Tutta questa gente dovrebbe fare la fine dei cotonieri sudisti nel 1861-65. Altrimenti, rassegniamoci. O si fanno fuori in massa, a “sinistra” e a “destra”, o siamo fottuti per un’intera epoca storica! E non ci si illuda sull’incazzamento indubbio di gran parte della popolazione. Non capisce, non può capire, il fondo della questione, cioè dell’imbroglio che sta subendo. Occorrerebbe ben altro, e qualcuno in grado di usare mezzi piuttosto “definitivi” (pensate a che cos’è il “più definitivo” nella vita degli uomini….).
Gianfranco La Grassa
Fonte: www.conflittiestrategie.it
Link: http://www.conflittiestrategie.it/basta-confusione-parole-chiare-scritto-da-giellegi-1-agosto-12
1.08.2012
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