lunedì 27 agosto 2012

Perché lo stato interventista, come l’Italia, sta fallendo? Mercato Nero e Sommerso lo sberleffavano.

di Giuseppe Sandro Mela
L’essere umano nasce con un profondo desiderio di poter realizzare e dare un contenuto reale alla sua libertà. Tutto in noi ci indica come la nostra mente sia libera sia nel selezionare cose e  pensieri da rimuginare, ambizioni più o meno lecite che si vorrebbe poter realizzare, ed anche coltivare qualche sogno, più o meno lecito, più o meno legale.

                Per nostra fortuna almeno per il momento non è possibile leggere nel pensiero della gente: é l’ultimo baluardo della nostra privacy.
                Tuttavia l’essere umano non trae godimento dal solo pensare. Tutta la sua natura lo spingerebbe a cercare di realizzare ciò che ha pensato. A ben vedere, sono i fatti concreti, reali, tangibili che gratificano.
                Tradurre il pensiero in azione volontaria non è però così semplice come potrebbe sembrare. É quotidiano riscontro che si fa dapprima quello che si deve, oppure che é imposto, quindi quello che si può, e solo all’ultimo ciò che si vuole, che piacerebbe concretizzare.
                Molti doveri ed obblighi sono la diretta conseguenza del vivere in una Collettività che si sia data un certo quale corpo di regole e che abbia la forza necessaria per imporle.
                Si determina in questa maniera un equilibrio quanto mai delicato, alla preservazione del quale Cittadini e Governi dovrebbero prestare il massimo delle attenzioni.
                Se la Collettività fosse sostanzialmente giusta, ossia dando a ciascuno il suo e secondo i meriti reali, allora l’equilibrio sarebbe preservato: al massimo si evidenzierebbe una continua serie di aggiustamenti in risposta a ciò che variasse nel tempo.
                Quando però il Cittadino avverte che gli usuali canoni di giustizia non sono più rispettati viene a cadere sia la motivazione etica di doveri ed obblighi, sia la convenienza personale a seguirli. Con questo gli obblighi sussistono perché imposti con la forza, ma dapprima si cerca di eluderli ed alla fine ci si avvia alla franca rivolta.
                Un esempio classico é l’imposizione fiscale. Il pagamento di tasse ed imposte ha sia un suo fondamento etico sia una sua indubbia utilità, ma solo ed esclusivamente nei limiti entro i quali il Governo utilizza queste entrate per finanziare iniziative che servano a maggiormente garantire le libertà personali. Quando la tassazione supera un livello compatibile con l’esercizio delle proprie libertà oppure le entrate fiscali sono usate per ridurre oltre limiti di giustizia la libertà individuale, il Cittadino ne percepisce l’ingiustizia intrinseca e sbriglia la sua fantasia creativa per cercare di evitare od almeno ridurre il fardello che gli grava sulla schiena. In queste situazioni, evadere od eludere il fisco é opera etica, morale, giusta ed, alla fin fine, di utilità per tutta la Collettività. Ma il discorso portato ad esempio potrebbe serenamente essere esteso alla iper-regolamentazione della vita del Cittadino, che da essere nato libero transita in forme sempre meno larvate di vera e propria schiavitù. Si pensi solo a quando è connaturato all’essere umano il concetto di proprietà privata.
                Tutte le teorie, così come le ideologie, politiche, economiche o sociali che propugnano l’intervento dello stato in economia urtano e si sfracellano contro il problema sopra descritto. Ogni provvedimento si concretizza in una legge e relativa normativa che riduce la possibilità della persona di realizzare ciò che la sua mente e la sua libertà ritengono essere giusto. Per attuare le leggi e le norme lo stato genera un corpo di burocrati e funzionari ad hoc dedicati, e che hanno il potere virtualmente assoluto, incontrollato ed incontrollabile di applicare quanto prescritto. Si forma un punto decisionale altamente arbitrario.
                In estrema sintesi, se l’intervento dello stato, e relativa burocrazia, é finalizzato alla tutela della libertà delle persone é giusto e logico. Quando invece é finalizzato a porre limiti alla libertà personale, anche ma non solo nella sua componente economica, l’intervento dello stato é ingiusto ed illogico, e quindi destinato al fallimento. 

A questo punto si rompe l’equilibrio. 
                1. La corruzione.
                Il funzionario guarda il Cittadino con un’ottica schizofrenica: é simultaneamente il ferocissimo doberman ed il cane fedele che guarda in attesa del desiderato biscotto. Il Cittadino vive anch’egli questo sdoppiamento: quello di ligio osservante delle leggi e quello di potenziale corruttore o di recettore dell’offerta.
                Questa é la genesi del fenomeno della corruzione, cui concorrono leggi e normative ingiuste quanto assurdamente complesse, funzionari corrompibili e corruttori, e Cittadini ben pronti ad usufruire dell’occasione. Occasione che con il tempo si ripete con tale frequenza da diventare di per sé stessa la norma.
                Nel momento in cui funzionario e cittadino prendono il caffè assieme la corruzione diventa sistema.
                Lasciando perdere i falsi moralismi, nei sistemi statalisti la corruzione conviene a tutti ed anche alla Collettività. Quando le leggi sono inapplicabili, ci guadagnano i funzionari e ci rimettono meno i Cittadini: ciascuno ha il suo boccone. Perde ovviamente la Collettività.
                La scale delle corruzioni è enorme. Inizia dal non richiedere una fattura, così pagano di meno sia il traente sia il cliente; prosegue con la disperata ricerca di una raccomandazione; passa spesso per un accordo fiscale con chi di dovere, fino a salire alle vette.
                Chi non ricorda la mitica corruzione dell’Unione Sovietica? Nei ristoranti che avevano solo zuppa di cavoli e pan cotto con due dollari due mangiavi uno storione fresco, preceduto da una grande coppetta di caviale gelato, il tutto innaffiato con spumante della Crimea: si era semplicemente ospiti personale del cameriere. Ma con qualche dollaro in più ti recapitavano a casa un AK-47. Con cinque dollari anche la ragazza più altera si innamorava perdutamente trasformandosi in un’amante di rara bramosia. Ma con dieci dollari potei visitare l’archivio di piazza Dzeržinskij e fare anche qualche fotocopia. Figuratevi la Cia con mille dollari in mano. E così via.
                Ci vorremmo forse raccontare che per tutti questi decenni i funzionari deputati a far rispettare le norme ecologiche nell’Ilva di Taranto proprio non si erano accorti di nulla? Imbecilli o corrotti? E che per tutti questi anni la Magistratura proprio non aveva subodorato nulla di nulla? Se si parlasse di mafia e non di stato, si direbbe che l’Ilva non ha pagato il pizzo richiesto.
                2. Il Mercato Nero.
                Ogni qual volta che il mercato è alterato da interventi normativi od esplicitamente costrittivi, emerge immediatamente il così detto Mercato Nero, che altro non è che il libero mercato che si sberleffa di leggi, norme e funzionari. É semplicemente impossibile impedire agli esseri umani di esercitare, anche se in forma ridotta, la propria libertà. Lì trovi ciò che ti serve al prezzo che gli compete. Napoli, la grande Napoli, docet.
                Non si conosce nella storia un sistema coercitivo che non sia stato accompagnato da un mercato nero collaterale. Un esempio per tutti. Vi ricordate il Blocco Continentale imposto da Napoleone? Bene, le sue truppe avevano in dotazione scarponi inglesi importati di straforo, con il beneplacito di tutti: Napoleone compreso.
                La costanza di tale connubio è tale da poter tranquillamente enunciare che la presenza di un Mercato Nero é il segno inconfondibile di un regime repressivo ed ingiusto, quale esattamente è l’interventismo statale nell’economia.
                Se ci si desse un’occhiata in giro, qui in Italia, gli esempi sarebbero vistosamente chiari.
                Ne cito uno per tutti.
                L’Italia é piena di negozi “Compro Oro“. Sui 28,000 finora noti solo poche centinaia sono regolarmente registrate presso Bankitalia. Comprano oro contro contanti, cash. Non si riesce bene a capire dove poi vada a finire tutto quell’oro né donde venga quella valanga di liquidi. Qualcuno opina anche che forse ci si potrebbe essere dimenticati scontrini o fatture.
                Poniamoci allora qualche semplicissima domanda.
    1. Per aprire un negozio serve una licenza e per commerciare preziosi la registrazione a Bankitalia. Ma i funzionari che hanno concesso la licenza proprio non si sono accorti che la registrazione non c’era? Imbecilli o corrotti?
    2. La Guardia di Finanza, così solerte nel perseguitare il marocchino che vende chincaglieria oppure il barista che non fa lo scontrino se si fa un caffè per sé stesso, proprio non sono ancora riusciti a vedere 28,000 negozi in tutta Italia? Capitemi, non si vorrebbe che accedessero alla pensione di inabilità in quanto ciechi.  
    3. Sembra ragionevole che autorevoli membri del Tesoro esclamino sconcertati «Usano dei prestanome per evitare di lasciare tracce e hanno fonderie illegali nei cortili di città come Napoli»? Ma allora, a cosa serve il Ministero del Tesoro? Una fonderia illegale non é una bruschetta che la puoi nascondere in gola.
    4. Ma Vi sembra simpatico che nel mese di marzo, il Ministro degli Interni Anna Maria Cancellieri abbia detto che il settore aveva creato “un mercato nero che richiede un monitoraggio costante degli ambienti criminali praticanti usura, ricettazione e riciclaggio di denaro sporco“. Di quando in qua un “mercato nero” richiede monitoraggio e non soppressione da parte del Governo? Il Ministro Cancellieri é fessa oppure connivente?
    5. Domandiamoci anche: ma perché é nato il mercato nero di cui parla la Ministro Cancellieri?
                Conclusione. Salvo smentite, si potrebbe pensare che a nessuno piaccia l’idea che si rovini la portata statica e dinamica dei piloni di cemento armato nei quali sia stata collocata la salma di un caro estinto. Chi ha la libertà ha anche il diritto di difenderla.
                Il mercato Nero è sostanzialmente un’opera di legittima difesa.
                3. L’«economia non osservata»
                L’Istat stima l’apporto dell’economia in nero, che Tremonti la chiamava tecnicamente e pudicamente «economia non osservata», da un minimo di 255 a un massimo di 275 miliardi di euro, pari rispettivamente al 16.3% ed al 17.5% del Pil.
275 miliardi, 17.5% del Pil!
                Questo é la vera e propria débâcle dello stato interventista.
                Sotto il naso di un vero e proprio quanto costosissimo armamentario bellico di repressione, ci si vuole raccontare che proprio non si riesce a trovare dove si produce il 17% circa del Pil nazionale? Circa 275 miliardi di euro?
                Non si fanno 275 miliardi a suon di scontrini da un euro. Qui una delle due: o c’é un’immensa quantità di burocrati e funzionari corrotti fino alle midolla oppure gli stessi sono inetti, da licenziarli tutti.
                E ci si viene a raccontare che servirebbe una spietata repressione dell’evasione?
                Se non fosse un tragedia, sarebbe una farsa.
                É la farsa dello stato interventista, che non potrebbe vivere se tutti seguissero le leggi che impone. Persecutore verso i piccoli e connivente con i grandi. Lo stato diventa corrotto nel solo pensare di essere interventista. Ma una Collettività corretta va diritta al fallimento.
                Ma allora, in cosa differiscono le tasse dello stato dal pizzo di mafia e camorra?
                4. Le Dark Pool.
                Tutti i Governi sono esagitati nell’affermare il primato della politica sull’economia e l’esigenza di regolamentare una volta per tutte i mercati. Ivi compreso, ovviamente, il capital gain. E porvi sopra tasse stramazzanti.
                Ma la gente non è fessa come credono i Governi.
                Ecco sorgere come funghi le Dark Pool. In pratica, Mercato Nero dei titoli, a tutti gli effetti. Le sue dimensioni sono semplicemente enormi. Pensate solo all’«economia non osservata» italiana moltiplicata per mille.
                E vorremmo raccontarci che nessuno vede, sa controlla?
                Conclusioni.
                Ci siamo dilungati alquanto in esempi pratici solo per rendere più evidente ciò che il ragionamento teorico indica in via immediata.
                Le cifre fornite, che son poi quelle rilasciate dalle Amministrazioni statali, sono il muto testimone del marcio che si collega a questo stato interventista. Chi mai potrebbe rimpiangere la sua morte?
Le Tartuffe ou l’Imposteur, autore Molière.

    Affaritaliani. 2012-08-05. Boom dei “Compro oro”, uno su due è della mafia.
    Le organizzazioni criminali guadagnano miliardi attraverso negozi che offrono agli italiani colpiti dalla crisi di scambiare l’oro con pochi euro. Dei 28.000 punti vendita nel Paese, solo poche centinaia sono registrati presso la Banca d’Italia. Piccoli negozi “Compro oro” sono spuntati negli ultimi mesi nelle strade italiane. I giornali e le tv sono pieni di pubblicità che esortano a “vendere oro” in cambio di liquidità. Gran parte di questo oro, che per la maggior parte consiste in gioielli di famiglia, viene poi fatto passare attraverso le Alpi – legalmente o illegalmente – per arrivare in Svizzera.
    Alla Dogana viene sequestrato, secondo i dati ufficiali, il 50% dell’oro. L’ultimo esempio: un uomo e sua figlia sono stati arrestati mentre tentavano di contrabbandare 50 chili di lingotti non punzonati con un valore totale di oltre due milioni di euro. “Questo è un settore in crescita per le organizzazioni criminali. Il contrabbando è un fenomeno mondiale, presente anche in paesi in cui i lingotti vengono scambiati con armi e droga”, ha detto Ranieri Razzante, Consulente della Commissione Parlamentare Antimafia e Membro dell’Osservatorio sulla Criminalità Economica del CNEL.
    Il commercio legale dell’oro in Svizzera ammonta per l’anno scorso a 20 tonnellate, contro le 73 tonnellate nel 2010 a 64 tonnellate nel 2009. Secondo l’associazione degli orafi italiani (ANOPO), “quasi tutto l’oro esportato da quei negozi viene pagato contanti”.
    “L’Italia è diventata una miniera d’oro”, dice Ivana Ciabatti, portavoce dei gioiellieri di Confindustria. “E’ essenziale combattere contro gli elementi criminali del settore”, dice. Il fatturato generato dalla miriade di negozi è almeno di 14 miliardi di euro, secondo ANOPO, che ha fatto campagna per impedire l’infiltrazione della mafia in questo settore. Attraverso una lacuna giuridica, tali stabilimenti possono ancora evitare il pagamento dell’IVA.
    Gli italiani sono tradizionalmente tra i maggiori possessori di oro. “Le famiglie a corto di contanti possono ora vendere i loro vecchi gioielli facilmente, e la scorsa estate è stato un punto di svolta a causa del peggioramento della crisi”, osserva Alessandra Pilloni, analista di Bullion Vault, broker in oro su con sede a Londra.
    Il prezzo dell’oro era di 244 euro per oncia nel 2002, mentre ora è salito a oltre 1300 euro. Il tesoro è ambito dalle organizzazioni criminali che “controllano almeno il 50% dei negozi di scambio oro contro contante”, si lamenta Ranieri Razzante. “Usano dei prestanome per evitare di lasciare tracce e hanno fonderie illegali nei cortili di città come Napoli” dice.
    Nel mese di marzo, il ministro degli Interni Anna Maria Cancellieri ha detto che il settore aveva creato “un mercato nero che richiede un monitoraggio costante degli ambienti criminali praticanti usura, ricettazione e riciclaggio di denaro sporco”. Di fronte a questo fenomeno Donella Mattesini, membro del Partito Democratico, ha introdotto il mese scorso un disegno di legge per rafforzare i controlli su questo commercio. “Abbiamo un urgente bisogno di regolamentare questo settore. Dobbiamo controllare fonderie e negozi. E’ ora di pulire l’intera area del commercio dell’oro in Italia” ha detto.

    Morning Star. 2011-05-12. Dark pools, il lato oscuro della finanza.
    Hanno un nome che incute subito timore, se ne conosce l’esistenza ma se ne sente parlare molto poco: sono le dark pools (letteralmente “piscine oscure”), ovvero delle piattaforme finanziarie esterne ai circuiti regolamentati. La loro nascita la si può far risalire all’avvento dell’elettronica in finanza, cioè una ventina di anni fa, anche se il loro peso è cresciuto moltissimo negli ultimi 5-6 anni (il settimanale britannico The Economist ha stimato che in Europa circa il 10% dei volumi azionari passa dalle dark pools, quando nel 2005 non si arrivava al 5%).
    Non sono tutte uguali
     “Dark pool è un termine con cui si indicano meccanismi di negoziazione di strumenti finanziari che fruiscono di scarsa trasparenza”, spiega Barbara Alemanni, docente di Intermediari finanziari dell’Università di Genova e della SDA Bocconi di Milano. “I meccanismi principali sono due: ci sono gli intermediari finanziari che incrociano gli ordini di vendita e di acquisto che ricevono in casa, senza passare da un mercato regolamentato, oppure si tratta di segmenti di mercati borsistici in cui l’ente gestore propone un servizio di incrocio passivo, cioè in cui il prezzo degli strumenti viene determinato altrove, nel caso specifico nei mercati regolamentati”. In entrambi i casi le negoziazioni non sono rintracciabili e avvengono in forma totalmente anonima.
    Certo, nel primo caso si tratta di un’attività più tradizionale, che esiste da sempre, anche se fino al 2007 in Europa era vietata. Ora, è consentita a determinate condizioni. Nel secondo caso, invece, si parla di un tipo di piattaforma indipendente, frequentata da grandi investitori istituzionali.
    Un tuffo nell’oscurità
    Perchè un investitore dovrebbe essere interessato a operare su queste piattaforme? “Innanzittuto occorre considerare l’anonimato”, prosegue la professoressa Alemanni; “alcuni soggetti hanno interesse a non far conoscere al mercato cosa stanno facendo”.
    Ma non è tutto qui, anzi. “In realtà il vantaggio più grosso è un altro”, spiega la docente. “Infatti, utilizzando queste piattaforme, gli operatori minimizzano il cosiddetto market impact, uno dei più importanti costi impliciti di negoziazione per gli investitori istituzionali”. In pratica, ogni volta che un soggetto esegue un ordine di acquisto o di vendita superiore alla media di mercato, muove il prezzo in suo sfavore. Questo non succede nelle dark pools, essendo piattaforme non trasparenti dove non si sa quanto si compravende e chi lo sta facendo.
     “Il market impact ha un effetto particolarmente importante sugli scambi di titoli poco liquidi”, prosegue Alemanni, “infatti le dark pools sono utilizzate principalmente per trattare gli strumenti a bassa liquidità, diciamo dalle mid-cap in giù”.
    I rischi
    Il problema principale di questi rami di mercato è l’assenza di trasparenza, che in pratica vuol dire informazioni non disponibili agli operatori. Questo ha come conseguenza che le dark pools influenzano la liquidità e quindi i prezzi delle piattaforme trasparenti, che per forza di cose, non avendo a disposizione tutte le informazioni necessarie, forniscono dei valori non corrispondenti a quelli reali.
    Pericolo Flash crash
Con il termine Flash crash si indica il crollo del 6 maggio 2010, quando avvenne un improvviso calo dell’indice Dow Jones, della Borsa di New York, tra le 14:42 e le 15:07 ora locale. “Questo è proprio quello che i regolatori vogliono evitare”, commenta la professoressa Alemanni. “Il problema è che le dark pools possono aumentare la volatilità, in particolar modo quando dietro all’attività di trading non siede un gestore, ma un algoritmo, che compra e vende in automatico sotto certe condizioni (chiamato anche high frequency trading)”.
    In fondo è proprio ciò che avvenne il 6 maggio: sistemi di trading automatici e sistemi di gestione del rischio non efficaci, hanno fatto partire una raffica di ordini uno dietro l’altro che in pochissimo hanno fatto crollare il mercato Usa. “Le dark pools possono accentuare questo rischio, ma non lo generano di per sè”, afferma la docente.
    Mifid II, qualcosa si muove
    Le autorità europee stanno lavorando alla revisione della normativa Mifid, la quale dovrebbe contenere anche delle norme specifiche sulle dark pools. Ancora non è chiaro quali saranno le nuove regole, ma è certo che si cercherà di illuminare i segmenti più oscuri del mercato.
     “Il vero problema è il trading algoritmico”
     “Sulle dark pools ci sono una serie di soggetti che con condizioni diverse non negozierebbero, o lo farebbero male”, conclude Barbara Alemanni. “Imporre regole più stringenti solo sulle piattaforme riduce i vantaggi e aumenta i costi di negoziazione e questo potrebbe avere alla fine un impatto negativo sulla liquidità, riducendo sensibilmente gli scambi. Sarebbe molto più utile imporre controlli e regole più ferree sulla governance dei soggetti coinvolti e soprattutto sull’utilizzo di algoritmi per il trading”.

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