giovedì 16 agosto 2012

La cultura e le biblioteche in Italia al tempo della spending review

La spending review avrà ovvie conseguenze anche nel campo della riorganizzazione dell’aministrazione delle strutture culturali pubbliche e delle biblioteche.
Con il taglio delle province, ad esempio, le biblioteche provinciali cambieranno il proprio, chiamamiamolo così, referente amministrativo e prima ancora di riuscire a capire se è un bene o un male, una certezza possiamo averla: ci saranno tagli! I tagli alla cultura sembrano diventati il vero sport nazionale della politica romana e locale senza differenza alcuna.

La verità è che non solo vi è un’insensibilità già tristemente collaudata nelle parole e nei fatti dei politici italiani, ripeto a livello nazionale, come a livello locale, ogni qual volta si parla di cultura e di programmi di sviluppo culturale aperti alla società, ma vi è anche una scarsa capacità di distinguere professionalmente tra iniziative turistiche e progettazione dei servizi culturali di base, ovvero ciò che uno stato dovrebbe garantire ai propri cittadini come corrispettivo di tutte le tassazioni inflitte.
Invece, ripetutamente, senza soluzione di continuità, la cultura, soprattutto quella fatta per e con la gente comune di ogni grado sociale, viene definita improduttiva, non rientra nel PIL e negli spread, quindi il minimo che si può fare per gli amministratori di turno è ignorarla.
Senza doversi sforzare troppo in traumatiche previsioni, la prima cosa che accadrà nel riordino del settore culturale nelle amministrazione locali, sarà quella di vedere, ancora una volta, spostamenti e ricollocazioni di personale senza qualifiche inerenti la materia principale della struttura nella quale saranno chiamati a lavorare. Cosa già tristemente nota nel settore bibliotecario.
Come dire: chiunque può fare tutto, soprattutto il bibliotecario. Lungi da me difendere corporazioni, sindacati o ordini professionali, ai quali assolutamente non credo come cartina di tornasole della professionalità individuale di ognuno che si dimostra sul campo quotidianamente e non in un albo dove si paga una quota annuale, però resta il fatto che con il pressapochismo e il clientelismo italiano è difficile tagliare e non basta la spending review se non c’è un modo diverso di affrontare i problemi sociali, anche quelli culturali.
A pensar male si fa peccato, ma molte volte si indovina, quindi occhio, nei prossimi mesi, alla spartizione dei settori cultura delle amministrazioni provinciali chiamate a riformarsi.
Carmine Aceto
Vedremo cosa comincerà a sparire o a non essere più disponibile nelle biblioteche, quali servizi verranno via via soppressi: sono contrario a elogiare coloro i quali dicono che "abbiamo mantenuto gli stessi servizi e lo stesso livello qualitativo e senza aumentare i prezzi". Preferisco coloro che evidenziano che a parità di costi i servizi sono aumentati e migliorati: a volte è sufficiente mantenere aperto 24 ore su 24 o non avere il giorno di riposo settimanale o organizzare eventi e presentazioni. Darsi da fare.

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