Articolo di Massimo Mazzucco
Ho provato a scrivere un articolo sul massacro della scuola elementare,
ma ad ogni tre righe mi tornavano in mente le parole di Robert Kennedy:
"Ogni
volta che la vita di un americano viene spezzata senza motivo da un
altro americano, ogni volta che viene lacerato quel tessuto vitale che
un altro uomo ha così dolorosamente e faticosamente intrecciato, per se
stesso e per i suoi figli, ogni volta che questo accade l'intera nazione
ne resta umiliata."
Mi dicevo: "sono le armi". Ma poi
pensavo che le cose non sono così semplici: non sono le armi ad
uccidere, sono gli uomini che uccidono altri uomini. L'arma è soltanto
lo strumento, ...
... che esiste all'interno di un paradigma nel
quale è lecito togliere la vita ad un altro essere umano, se soltanto
credi di avere il diritto di farlo.
Nel momento in cui si accetta
questo paradigma si accetta la cosiddetta società della violenza, che
viene propagandata e replicata a tutti i livelli, reali e mediatici,
coscienti e subliminali, per 365 giorni all'anno.
Dice sempre Robert Kennedy: "Eppure
sembriamo tollerare un livello crescente di violenza, che ignora sia la
nostra comune umanità che le nostre pretese di civiltà. Accettiamo
tranquillamente reportage giornalistici di civili massacrati in terre
lontane. Glorifichiamo le uccisioni sugli schermi del cinema e della TV,
e lo chiamiamo “intrattenimento”.
Nel momento in cui
l'uccisione di un altro essere umano viene in qualche modo giustificata,
diventa molto facile giustificare un gesto simile da parte nostra, per
il quale saremo sempre pronti a trovare mille alibi, mille scuse e mille
giustificazioni.
Due settimane fa un bianco in Florida ha
ucciso un ragazzo nero a pistolettate alla stazione di servizio, solo
perché si rifiutava di abbassare la musica dalla sua autoradio. Quando
la polizia lo ha arrestato, ha detto di aver sparato perché "gli
sembrava di aver visto un fucile sul sedile dell'auto di quel ragazzo".
Si era quindi sentito minacciato - ha detto - ed ha sparato prima che
gli altri sparassero a lui.
"Quando insegni ad un uomo ad
odiare e temere suo fratello, quando insegni che l'altro è inferiore a
causa del suo colore o per quello in cui crede, o per le sue idee
politiche, quando insegni che quelli diversi da te minacciano la tua
libertà, il tuo lavoro, la tua casa o la tua famiglia, allora impari
anche ad affrontare gli altri non come concittadini ma come nemici,
impari ad essere accolto non con collaborazione ma con sopraffazione,
impari ad essere soggiogato e reso schiavo.
Alla fine impariamo a
guardare ai nostri fratelli come estranei. Estranei con cui
condividiamo la città ma non la comunità, persone legate a noi dal luogo
in cui vivono, ma non da un intento comune. Impariamo a condividere
solo una paura comune, un comune desiderio di allontanarci l'uno
dall'altro, una spinta comune a rispondere al disaccordo con la
violenza. La nostra vita su questo pianeta è troppo breve, il lavoro da
fare è troppo grande, per permettere che questo sentimento si diffonda
ancora, in questo nostro paese. "
Nel suo discorso alla
nazione, Obama ieri ha detto che "a questo punto bisogna fare qualcosa,
al di là delle divisioni politiche", e si riferiva certamente alla legge
che regola il porto d'armi negli Stati Uniti.
Ma nuovamente, non
sarà una legge a risolvere il problema, perché esattamente come sono
gli uomini che uccidono gli altri uomini e non lo fanno le armi, così
non sono le leggi che possono risolvere i problemi degli uomini, possono
farlo soltanto gli uomini stessi.
"Di certo non si può
cancellare il problema con un programma, nè con una legge. Potremmo però
ricordarci, almeno una volta, che coloro che vivono con noi sono nostri
fratelli, e condividono con noi lo stesso breve istante di vita. Che
essi desiderano, come noi, solo la possibilità di vivere la propria
vita, con motivazione e felicità, conquistando ogni soddisfazione e ogni
realizzazione possibile."
Massimo Mazzucco
http://www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=4139
nb.: importante e interessante vedere il video del discorso di Kennedy, attuale anche oggi.
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