Le “esperienze
Nde e Obe”, vissute dal neurochirurgo di Harvard, sono prodotte da
particolari meccanismi neurofisiologici e non stanno a testimoniare
l’esistenza della vita ultraterrena.
Il 10 ottobre 2012 Emanuela Di Pasqua ha raccontato, in «L’aldilà esiste»: parola di neurochirurgo, pubblicato su www.corriere.it, l’“esperienza Nde” (Near Death Experience=
esperienza vicina alla morte) vissuta dal neurochirurgo di Harvard Eben
Alexander. Stando a quanto riportato nell’articolo, il medico si era
sempre confessato scettico e pocoincline a credere ai racconti di esperienze extracorporee come segno della presenza della vita ultraterrena. Nell’autunno del 2008, però, rimase in coma sette giorni a causa di una meningite batterica da Escherichia Coli che, in poche ore, lo condusse a perdere del tutto la coscienza. Esami strumentali e visite neurologiche dimostrarono la totale inattività della corteccia cerebrale (non si può escludere, però, una “attività corticale spontanea”), sede, tra l’altro, delle funzioni mnemoniche, linguistiche e di apprendimento.
Al risveglio dal coma, Eben Alexander, ha raccontato di «un mondo di nuvole bianche e rosa stagliate contro un cielo blu scuro come la notte» e di essersi trovato in compagnia di «esseri luminosi che lasciavano dietro di sé una scia luminosa». Queste figure, definite «forme di vita superiore», erano accompagnate da canti melodiosi. Il neurochirurgo ha detto ancora di aver camminato su un tappeto di farfalle colorato e di aver incontrato una sorta di guida, una figura femminile dai capelli biondi e gli occhi azzurri che gli ha comunicato, telepaticamente, quattro messaggi: 1) «Tu sei amato e accudito»; 2) «Non c’è niente di cui avere paura»;3) «Non c’è niente che tu possa sbagliare»; 4) «Ti faremo vedere molte cose qui. Ma alla fine tornerai indietro». Queste presunte “esperienze ai confini della morte” sono state raccontate da Eben Alexander in un libro dal titolo Proof of Heaven (La prova del Paradiso, Simon & Schuster), uscito il 23 ottobre scorso.
Dal punto di vista medico-scientifico, come si possono spiegare episodi del genere, di cui parlano anche altri pazienti usciti dal coma a causa di un trauma cranico o dopo una malattia? Possono essere spiegati con argomentazioni scientifiche l’“effetto tunnel” e le luci particolari (come quelle narrate da Alexander) che si racconta di aver visto, una volta ritornati coscienti? Episodi di“Nde” o di “Obe” (Out of Body Experience) possono avere una spiegazione scientifica? Ascoltiamo lo psicopatologo e neuropsicologo (nonché consulente scientifico del Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sul paranormale) Armando De Vincentiis: «Queste esperienze sono spiegabili mediante i normali processi neurofisiobiologici e psicologici. La “visione del tunnel” è prodotta da un naturale meccanismo neuropatologico in cui viene a trovarsi il cervello dopo un minor apporto di ossigeno, come può accadere in un trauma cranico che inibisce l’attività delle cellule nervose; ne consegue, quindi, un restringimento del campo visivo dando la sensazione di “vedere” attraverso un tunnel» (cfr. Armando De Vincentiis, Esperienze mistiche in prossimità della morte, in Estasi, Edizioni Avverbi; Idem, Esperienze di pre-morte. NDE, in www.cicap.org).
Per quanto riguarda la forte luce percepita in modo differente dal normale stato di sonno o nell’attività onirica, che taluni pazienti riferiscono all’uscita dal coma, si tratta di particolari scariche casuali prodotte dalle cellule cerebrali. «Chi viene da un’esperienza simile», aggiunge Mario Campli, specialista in chirurgia d’urgenza e pronto soccorso, «riferisce di aver fluttuato in un’oscura galleria al termine della quale si intravedeva una brillante radiosità; di aver percorso un buio tunnel che si apriva verso un cielo chiaro o sereno, di aver visto la luce in lontananza». Anche nel buio più profondo, stando con gli occhi chiusi o durante il sonno (nei sogni percepiamo la luce in modo differente dallo stato di veglia), è possibile percepire uno scintillio diffuso, ovvero i fosfeni. Queste «immagini spurie», prosegue Mario Campli, «sono prodotte dalla scarica casuale e spontanea dei neuroni della corteccia visiva e dai fotorecettori della retina» (cfr. Mario Campli, Esperienze di pre-morte inwww.sci-med.it).
Durante lo stato di quiescenza in questo tipo di coma (generalmente di secondo grado), può essere attiva la percezione onirica di immagini ricostruite dal nostro cervello. I neuroni danneggiati e le parti cerebrali deputate alla registrazione della luce emettono disordinatamente delle scariche elettriche compulsive, dando la sensazione, al risveglio, di aver registrato immagini luminose mai viste prima. Dentro questi meccanismi di normale neurofisiologia (la concordanza delle testimonianze può essere letta come la conferma dell’esistenza di meccanismi cerebrali precisi, che si innescano in situazioni altamente emotive o traumatiche) si inserisce l’attività onirica del paziente, che arricchisce gli elementi di origine neurofisiologica (in comune) con immagini e ricordi personali e privati, legati alla sfera emotiva e affettiva (cfr. le interviste a Simone Angioni, consulente scientifico del Cicap, e a Dean Mobbs, neuroscienziato dell’Università di Cambridge, inwww.queryonline.it/, rivista ufficiale del Cicap).
Sentiamo ancora De Vincentiis sulle presunte “esperienze fuori dal corpo”: «LeObe sono spiegabili dal punto di vista psicofisiologico e psicopatologico. Tali disturbi fanno parte della letteratura medica e si distinguono in: 1) depersonalizzazione autopsichica = l’individuo percepisce le proprie azioni come estranee e non appartenenti a sé; 2) depersonalizzazione somatopsichica = un soggetto vive il proprio corpo come distaccato da sé; 3) depersonalizzazione allopsichica = un soggetto percepisce l’ambiente come estraneo. La sensazione di aver visitato un luogo sconosciuto e lontano dal corpo non è altro che l’espressione di quest’ultima forma. Tali disturbi possono manifestarsi in casi di trauma, come in casi di malattie batteriche e alterazioni organiche conseguenti a lesioni del lobo temporale, nei prodromi dell’epilessia, nelle intossicazioni da Lsdo mescalina, nelle psicosi schizofreniche o depressive e nelle nevrosi isteriche. Le esperienze Obe sono dovute ad alterazioni mentali e per la conseguenza di una temporanea iperattività anomala di alcune regioni del cervello» (cfr. Armando De Vincentiis, Esperienze mistiche in prossimità della morte, in Estasi, cit.; Idem,Viaggio fuori dal corpo, in www.cicap.org/).
Tra gli studi più recenti sull’argomento, ricordiamo: Elisabeth Bressler – Sharon Holloran, Orientamento nella realtà. Riorganizzazione cognitiva in persone con traumi cerebrali, Edizioni Erickson; Giacomo Rizzolatti –Corrado Sinigaglia, So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio, Cortina; Costanza Papagno – Giuseppe Vallar (a cura di), Manuale di neuropsicologia,il Mulino; Massimiliano Prencipe, L’esame neurologico. Quadri normali e patologici, Piccin Nuova Libraria.
Le immagini: Eben Alexander e il suo libro e il logo del Cicap. Il dipinto di apertura è tratto da www.centroisa.com.
(LucidaMente, anno VII, n. 84, dicembre 2012)
http://www.agoravox.it/Il-caso-Eben-Alexander-viaggio.html?
Così , per pensare un po' .
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