Chi ci legge da un po’ di tempo, sa che in vari
articoli abbiamo denunciato, sotto svariati aspetti, il vero e proprio
baratro in cui sta finendo l’umanità una volta avviatasi, con totale
incoscienza unita ad un certo compiacimento, lungo il vicolo cieco della
“modernità”. Tutto ha un preciso inizio: nella pretesa dell’ego,
dell’“io” illusorio, di ergersi a “principio”. Una volta compiuto questo
fondamentale “peccato”, che per quanto ci riguarda coincide con
l’“errore” e non con qualcosa di moralistico (sebbene la morale abbia
una sua indubbia relativa importanza), tutto il resto ne discende come
un’inesorabile conseguenza. Questo passaggio – questa rottura dell’unità
“principiale” - può essere individuato sia a livello “di civiltà”, ma
anche a livello individuale, perché se da un lato l’umanità, nel suo
complesso, non è sempre stata “la stessa” avendo invece espresso “forme”
qualitativamente superiori a quelle odierne (checché ne pensino i
faciloni d’oggigiorno in cerca di
autogiustificazioni), dall’altro, ogni
essere umano, in ogni epoca, è sempre stato a rischio di abdicare dal
suo imprescindibile compito, che è quello di “fare ritorno a casa”, di
ripristinare appunto l’unità perduta, grazie ad una costante
“vigilanza”, tenendo a bada le insidie del suo “satana interiore”. Il
“diavolo”, infatti, non è quel signore con le corna e le zampe da
animale, che tiene in mano il forcone, ma una forza che è dentro di noi,
che ci “sussurra” continuamente quello che dobbiamo o non dobbiamo fare
per fallire completamente l’obiettivo per il quale siamo su questa
terra. Ce n’è per tutti i gusti, e ciascuno è sottoposto ad attacchi
commisurati al proprio livello di realizzazione spirituale (oggi va di
moda dire “consapevolezza”, ma non è esattamente la stessa cosa,
prestandosi a vari equivoci). Ma in un modo o nell’altro il diavolo va
sempre a stuzzicare l’ego, quella tendenza insita in ognuno di noi a far
prevalere la divisione e le forze centrifughe. Queste forze operano
dentro ogni essere umano e, di riflesso, nella misura in cui circolano
esseri con un livello di “consapevolezza” molto basso, nella società. Se
le persone vanno dietro al loro ego, cercando di soddisfarlo di
continuo, la società ne risentirà negativamente, finendo per essere
invivibile, tanto che anche individui gravemente “irrisolti” la
percepiranno talvolta, al fondo del loro essere, come insopportabile e
tirannica, anche se proseguiranno a farsela andare bene raccontandosi un
sacco di frottole per non darsi finalmente una mossa.
Il problema è dunque quello della tirannia, dell’oppressione che
ciascuno esercita primariamente verso se stesso, e poi verso gli altri, a
tutti i livelli. O della “ribellione” all’Ordine divino, vista sotto un
altro aspetto. Tutta questa premessa, che avrebbe bisogno di ulteriori
chiarimenti, serve per capire dove collocare tutte le “rivendicazioni”
del mondo moderno, specialmente quelle “di genere”, che sono parecchio
in auge. Ma non sono da escludere anche le altre, comprese quelle
“sociali”, se le si vuol considerare settorialmente, come un qualcosa di
separato da un tutto, a cui porre rimedio lasciando che tutto il resto
continui ad andare per i fatti suoi: tipica è la “rivendicazione
salariale” inalberata dai sindacati, che un po’ per malafede e un po’
per stupidità, non hanno mai raccontato ai loro “rappresentati” che la
loro felicità non sta in un aumento di stipendio, specialmente se esso
verrà immediatamente vanificato a causa di altri fattori a monte, ai
quali essi non accennano neppure per sbaglio.
Intendiamoci, con questo non s’intende affermare che determinate
“rivendicazioni” non muovano dalla constatazione d’una patente
ingiustizia, ma il problema è che tutte, senza eccezione, non tengono
conto d’un fattore essenziale senza il quale sono destinate, quand’anche
vengono soddisfatte, ad essere inevase di fatto, subito tallonate da
nuove richieste e proteste, a dimostrazione che “il punto” non era
quello di partenza… Il problema è che tutte, e sottolineo tutte, le
“rivendicazioni” moderne muovono dall’ego, che non volendo riconoscere
altro signore che se stesso tiranneggia praticamente tutti gli esseri
umani, eccezion fatta per i santi, che per definizione hanno sconfitto
il loro “satana interiore”. Inutile che ce la stiamo a raccontare. Chi
più chi meno, nessuno sta “al suo posto”, ma, anzi, sgomita, prevarica,
cerca di fregare il prossimo, familiari ed amici compresi, con i metodi i
più sottili e meschini, e ci vuole davvero un grande sforzo per
ricordarsi costantemente di fare due passi indietro prima di farne uno
avanti. Gli altri ci ricordano infatti che non siamo il centro del
mondo, ma siccome il 99,99% del genere umano se ne dimentica, ecco la
situazione di confusione e di disordine sociale in cui versa l’umanità
contemporanea. L’uomo, per “superare se stesso”, deve sforzarsi
costantemente, e come si abbassa la guardia ecco che quel tiranno posto
dentro di noi – e che in un certo senso dovremmo ‘ringraziare’ perché ci
sprona a migliorarci - ci fa uscire dai limiti che sono stati stabiliti
per ciascuno, in ragione della sua “consapevolezza”, o meglio, del suo
grado di realizzazione spirituale. Questa ovviamente sarebbe la
situazione ottimale, quella cioè in cui la gerarchia tenesse in conto
unicamente i fattori spirituali, ché ogni altra gerarchia è più o meno
un compromesso. Ma non vuol dire che un compromesso contenga solo un
errore, perché se lo si vede da un altro punto di vista esso è
senz’altro un modo, provvidenziale, per tenere la situazione ancora in
carreggiata. Da qui, l’istituzione delle caste nell’Induismo, e gli
ordinamenti ad esse similari in vigore nel mondo tradizionale,
dappertutto, prima che prorompessero le forze del numero e della materia
sotto i vessilli della “libertà”, dell’ “uguaglianza” e della
“democrazia”. In un ordinamento tradizionale ognuno sta al proprio
posto, e questo è indubitabilmente un bene. Sento già fischiare le
ingiurie di quelli che, parati dietro gli slogan del “progresso
sociale”, mi accuseranno d’esser retrivo, immorale e, ovviamente,
fascista, ma se solo si calmassero un attimo e considerassero se davvero
tutta questa “libertà” ha reso gli uomini più felici e, in particolare,
se ad essa corrisponde effettivamente una “liberazione” da quel “satana
interiore” cui accennavo, forse riconsidererebbero l’opportunità dei
loro strali. Ma oggidì anche il senso delle parole è completamente
stravolto, segno preoccupante d’un disordine e d’un livello di
contraffazione mai visti prima, così la “liberazione”, da supremo
obiettivo d’ogni ascesi rettamente orientata e sostenuta dalla Grazia, è
diventata solo una vuota parola d’ordine per camuffare malamente le
pretese egoistiche di tutti coloro che, per non fare i conti con la loro
natura profonda, s’inventano una “categoria” e vi s’identificano ad un
punto tale dal mettersi in guerra permanente con tutti coloro che non ne
fanno parte o che loro stessi reputano essere i loro acerrimi nemici.
Di nuovo, è facile notare come tutto ciò vada in senso contrario
all’“unità”, alla concordia, ma non ci si può fare nulla, poiché questi
sono gli scherzi dell’ego, sia al livello individuale che collettivo. In
questo quadro davvero disperato, nel senso che si sta per perdere la
speranza di poter rimediare al caos con un qualche provvedimento
parziale e selettivo, s’inscrivono senz’altro le “rivendicazioni” delle
“donne”. Il secondo virgolettato è presto detto: queste “donne”
organizzate, checché si elevino al rango di “rappresentanti di tutte le
donne” sono in realtà una delle tante “categorie” in cui l’umanità, dura
d’orecchi ai moniti che continuamente vengono inviati affinché si
ravveda, si compiace di dividersi una volta che, anziché centrarsi ed
adorare solo il Principio da cui tutto discende si mette ad adorare se
stessa, sia collettivamente che individualmente. L’ultima trovata dal
cilindro della sovversione in salsa rosa è il cosiddetto “femminicidio”.
L’obiettivo, oltre a quello di puntare i riflettori sempre su qualche
falso problema o una questione male impostata, è quello di giungere ad
una legge che punisca, con un aggravio di pena, l’assassinio di una
donna per cause come violenza sessuale, delitti passionali, liti
familiari eccetera. Di nuovo, una precisazione, prima di essere linciato
dalle “donne”. Tutti questi fatti di sangue di cui si sente parlare dai
media (che non parlano però mai di altri…), sono senza alcun dubbio dei
crimini odiosi, che vanno sanzionati in base alle leggi vigenti, almeno
fintantoché l’uomo vorrà darsi delle leggi inventate da se stesso, cioè
suggerite dal suo “satana interiore” (per questo, non a caso, le
rimette in discussione di continuo). Quindi, nessuna giustificazione o
attenuante per chi si fa accecare dalla “passione” o, peggio, dai suoi
istinti più bassi ponendo fine ad una vita umana. Ma non è che
l’assassinio di una femmina sia diverso dall’assassinio di un maschio. A
me pare che l’assassinio sia già grave di per sé e basti e avanzi.
Quale motivo sensato c’è per giudicare con maggior severità l’assassinio
di una donna? Non sarà che di questo passo uccidere un maschio adulto,
per cause analoghe a quelle individuate dalle paladine del reato di
“femminicidio”, comporterà una ‘attenuante’ di fatto?
È la stessa logica che fa richiedere ai “gay” una legge che punisca
esemplarmente il “reato d’omofobia” (che andrà pure riempito di
contenuti, cosa davvero a geometria variabile), oppure, ai paladini
della “società multirazziale”, l’aggravante della “discriminazione
etnica e religiosa” per tutta una serie di atti già considerati reato
dal vigente ordinamento giuridico. Gli esempi potrebbero continuare, ma
questi già bastano per rendersi conto che ci siamo inviluppati in una
logica settaria nella quale si creano appositamente delle “categorie”
per ricavare qualche vantaggio per sé e a danno di altre, con buona pace
della coesione sociale e della ricerca di un’armonia che dovrebbe
governare tra gli uomini, tutti, maschi, femmine, piccoli, grandi
eccetera. Invece, così facendo, per ogni “categoria” che si crea se ne
forma automaticamente un’altra (i “misogini” o i potenziali
“femminicidi”; gli “omofobi”, anche se osano proferire parola su
questioni di puro buon senso; i “razzisti”, compresi quelli che provano a
spiegare con dovizia di argomenti sensati, e senza bardarsi da
“naziskin”, che la “società multirazziale” comporta dei seri problemi). E
chi
ci guadagna da tutto questo? L’ego, che si gonfia, tronfio del potere
che è riuscito a ricavarsi riducendo questo mondo ad un campo di
battaglia tra coloro che invece dovrebbero solo gareggiare nella
devozione, nel “servire” e nelle reciproche “opere buone”, rettamente
ispirate alla luce della “parola di Dio” e nel rispetto delle Sue leggi.
Ecco, questa sarebbe una buona “competizione” tra gli uomini, non
quella che ci viene insegnata a scuola, o indicata come la panacea per
il corretto funzionamento di una “economia” che tutto è tranne una “sana
gestione della casa”. E così, in questo quadro sconfortante - che però
non deve far deflettere dal dovere di tenere la barra dritta –
s’inserisce la vicenda d’un parroco che ha osato dire la sua in merito a
tutto il polverone che è stato artatamente sollevato in merito al
“femminicidio”. Santi numi, l’hanno praticamente linciato, intimandogli
di rinunciare all’abito talare, al che ha provato a difendersi e a
ribattere, per quello che consente un andazzo che certo non aiuta chi - e
mi riferisco ai sacerdoti – tenta di fornire un appiglio alla
Tradizione in questo mondo senza senso. Perché, come scrivevamo
poc’anzi, non trovandoci più nello stadio “primordiale” sono necessari,
per mantenere un nesso cosciente con l’Origine, dei “compromessi”,
progressivamente sempre meno stabili, eppur tuttavia provvidenziali,
mano a mano che si procede lungo la china che conduce ai “tempi ultimi”
di questo ciclo dell’umanità. Ora, stabilito questo concetto, ogni forma
tradizionale sistematizzatasi anche in forma di “chiesa” svolge la
funzione di katechon: “ciò che trattiene” o “colui che trattiene” lo
scatenarsi delle peggiori forze infere che conducono alla fase della
tribolazione finale, in cui ogni simbolo, ogni concetto, ogni istituto,
ogni morale viene invertita in una satanica parodia.
Mi sembra già di sentire il mugugno degli anticristiani viscerali: “se
la sono voluta”, “sono degli impostori”, “sono tutti ipocriti e
pedofili” e via calunniando. Intanto, sarebbe bene che ciascuno, prima
di sparare a zero su cose che a malapena conosce si facesse un
bell’esame di coscienza e riflettesse sulla sua miserevole condizione
spirituale. Ma questo è chieder troppo, di questi tempi, poiché tutti si
sentono il centro del mondo. Poi, andrebbe ricordato a chi è sempre in
agguato contro ogni “passo falso” della Chiesa o di uno dei suoi
rappresentanti, se il mondo, una volta scomparsa la religione, la Chiesa
e le verità da essa postulate e difese (certo in maniera inadeguata,
più d’una volta), sarebbe molto meglio di com’è adesso o se, invece,
rotolerebbe ancor più rovinosamente verso il buco nero del nichilismo al
quale, in fondo, punta l’ego che si erge a principio.
Ed infine, andrebbe chiesto senza alcun astio, ma in maniera prosaica,
se certi “fedeli” estremamente suscettibili ed ammaliati dalle sirene
della “modernità”, compresi i suoi aspetti più antitradizionali (e
dunque antireligiosi), non farebbero meglio ad andare altrove a passare
il loro tempo, inventandosi di sana pianta una loro “religione” che
santifichi quello che santo non è affatto, ovvero il loro ego
ipertrofico. Purtroppo questo rincorrere lo “spirito dei tempi” è un
brutto vizio che anche la Chiesa stessa pratica, e parecchio, così non
ci si può trovare in disaccordo con chi commenta “chi è causa del suo
mal pianga se stesso”. A furia di “concessioni”, “aperture” e
“ammodernamenti” d’ogni tipo, anche l’autorevolezza stessa del sacerdote
è pian piano scemata, ed ecco che appena ricorda il dovere di non
andare in giro vestite troppo succintamente o esibendo atteggiamenti
estremamente disinvolti, viene praticamente linciato, senza che –
ulteriore aggravante dal punto di vista di chi scrive – i suoi superiori
facciano nulla per difenderlo, almeno in maniera palese ed
inequivocabile, ché ogni tanto ci vorrebbe per dare un segnale chiaro,
in controtendenza, a costo di perdere qualche “fedele” che si è fatto
un’idea del divino troppo a misura delle sue paturnie e del suddetto
“spirito dei tempi”. Dicevamo che la situazione non induce
all’ottimismo, almeno per quanto riguarda la fine che farà la gran parte
di quest’umanità. Perché a furia di “rivendicazioni”, elevate con toni e
modalità sempre più aggressive da vecchie e nuove “categorie”, finirà
che anche la religione si trasformerà in una grande narrazione
collettiva autoassolutoria a misura di un’umanità completamente
ubriacata nella sua vana pretesa di essere il centro del mondo, di
essere Dio. Sarà la pseudo-religione del “faccio quel che mi pare
(fintantoché non do fastidio a nessuno)”, perché tanto è questo che i
moderni vogliono, “rivendicano” scendendo in strada per protestare,
lagnandosi di continuo e sprecando un sacco di energie che potrebbero
essere impiegate con miglior costrutto. Ma quando gli uomini otterranno
quest’agognata “liberazione”, che prenderà anche una forma “religiosa”
in cui ogni cosa sarà invertita, si renderanno conto d’essersi fregati
da soli con le loro stesse mani, di aver “creduto” solo a se stessi,
all’illusione costituita dalla loro esistenza separata. Ma a quel punto
sarà troppo tardi per tornare indietro: ognuno dovrà fare i conti con
quel che ha combinato. E allora “il problema” non sarà più il
“femminicidio” o qualsiasi altra arbitraria elucubrazione della mente,
di una mente ribelle che non ha inteso servire adeguatamente allo scopo
per cui è stata creata, ma il flagello vero e proprio, purificatorio, al
quale verranno sottoposti in molti, oserei dire la maggioranza, di
quest’umanità che non fa che correre dietro al proprio “satana
interiore”.
Enrico Galoppini
Fonte: Europenphoenix.it
http://europeanphoenix.it/component/content/article/3-societa/478-lultima-trovata-dellego-ribelle-il-qfemminicidioq
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=Forums&file=viewtopic&t=55218#top
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