lunedì 8 ottobre 2012

La burocrazia blocca la nuova Ikea di Roma

E’ ancora la lentissima burocrazia italiana a bloccare l’imprenditorialità del colosso svedese Ikea che si è visto posticipare ulteriormente, dopo 7 anni di attesa, l’apertura del terzo punto vendita a Roma.
Il progetto, che prevede un investimento da 115 milioni di euro, darebbe lavoro a 400 persone (di cui 310 collaboratori Ikea e 70 posti nell’indotto). La nuova sede dovrebbe collocarsi nella zona di Pescaccio, sull’Aurelia, oltre la cintura del raccordo anulare, tra gli svincoli di via della Pisana e di via di Casal Lumbroso. Lo spazio sarà di oltre 36mila mq, di cui 21mila saranno dedicati all’esposizione e alla vendita dei mobili low cost svedesi e con un parcheggio per quasi 2500 posti auto.
Secondo quanto dichiarato dall’amministratore delegato di Ikea, Lars Petersson, i tempi burocratici italiani sarebbero lunghi il doppio rispetto allo standard europeo, ma l’intenzione della catena di arredamento, che attualmente in Italia ha il 7-8% di quota di mercato, è di continuare a crescere.
venerdì, 5 ottobre 2012
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Quanti posti di lavoro sono andati, invece , persi? Non è riportato nella notizia: peccato! A me Ikea sta sulle scatole: è un nemico.

2 commenti:

  1. Ringraziamo che c'è ancora chi investe sul mercato italiano, altro che nemico... Paese del cavolo!

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  2. Forse ignoriamo, perchè vogliamo ignorare e non ci interessa sapere, quanti posti di lavoro si perdono e di perderanno, a fronte dei 310 + 70 che vengono indicati nell'articolo. Non so se il luogo era sede di altra attività, cioè se si effettua un risanamento ambientale e riqualificazione del territorio. Ma queste sono cose che ai più non interessano. A molti basta andare a comprare altrove ma non sotto casa, non nei negozi ubicati in città: piace andare nei centri commerciali, passeggiare nei lunghi corridoi con vetrine a destra e a sinistra, dove ci sono negozi rigorosamente uguali a quelli degli altri centri commerciali.Niente di originale, tutto uguale e omologato, niente personalità. Vi piace vivere così? Liberi di farlo e io di esprimere il mio dissenso. I posti di lavoro dei centri commerciali, secondo me, ripeto, non sono niente di buono. Daranno due soldi cagati a chi ci lavora, ma alla lunga non ripagano e non danno futuro. Ci sarebbe altro da dire ma lasciamo perdere.

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