lunedì 1 ottobre 2012

La libertà di epressione ed il potere del silenzio

La legge Mancino. 
Non saprei dire con certezza se le esternazioni di dreyfus attribuite a Sallusti appartengano ai delitti di opinione anche se certamente non meritano il carcere. La unica cosa certa è che attualmente in Italia un solo "giornalista/blogger stà rischiando il carcere per un reato certo e conclamato di opinione, il suo nome è Paolo Munzi e la sua responsabilità è stata quella di criticare apertamente attraverso un blog, una organizzazione di docenti universitari in massima parte ebrei che sotto il patrocinio della Unione delle comunità ebraiche aveva organizzato eventi politici a sostegno dell'entità sionista che occupa illegalmente la Palestina. Per questa critica di natura esclusivamente politica e di opinione il blogger è stato condannato in primo grado a 6 mesi di carcere per diffamazione. Sentenza comunque appellata dal condannato poiché infondata e appellata dallo stesso PM al fine di reiterare le medesime minacce che hanno costituito in primo grado l'accusa nei confronti del blogger.


Minacce del Pubblico ministero accusatore perpetrate al blogger attraverso l'attribuzione di una serie di aggravanti alla accusa di diffamazione che andavano dalla violazione della Legge Mancino alla violazione della Privacy. Infondata la prima aggravante poiché la critica era stata espressa nei confronti della attività politica svolta dalla comunità ebraica a sostegno dell'entità sionista ed infondata la seconda aggravante poiché era stata la stessa Unione delle Comunità ebraiche a pagare la pubblicazione su molti quotidiani nazionali, l'elenco dei nomi citati e criticati dal blogger. Aggravanti alla accusa di diffamazione prive di fondamento come ha certificato la assoluzione con formula piena di primo grado ma che avevano il solo scopo politico di tentare di tutelare gli interessi politici della comunità ebraica. Aggravanti infatti che costituivano una pericolosissima minaccia nei confronti del blogger e che avrebbero dovuto indurlo ad ammettere responsabilità penali inesistenti in cambio di uno sconto di pena o l'affidamento ai servizi sociali.

Minacce aggravate nei confronti del blogger la cui inconsistenza dei fatti denuncia tutta la loro natura esclusivamente politica, e finalizzate a sostenere l'accusa di diffamazione che di per sé non era assolutamente sufficiente a giustificare sia l'attività diffamatoria orchestrata dalla lobby ebraica dei giornalisti nei confronti del blogger, accusato di proscrivere gli ebrei, sia insufficiente a giustificare i metodi pregiudiziali, attraverso i quali lo stesso pm decise di rinviare a giudizio il blogger con rito diretto. Un processo politico al blogger invocato dalla lobby ebraica, sostenuto mediaticamente con menzogne e diffamazioni dalla lobby ebraica dei giornalisti e attuato grazie alla attività politica svolta da un Pm. Un complotto politico mediatico giudiziario giudaico, ordito al fine di coartare con l'inganno non solo i diritti politici di un cittadino ma finalizzato a coartare la libertà di espressione di tutti tentando di applicare la Legge Mancino nei confronti della espressione di critiche verso la lobby ebraica.

Aggravanti utilizzate per tentare di estorcere all'imputato una Assunzione di responsabilità che avrebbe infatti costituito il precedente penale attraverso il quale la comunità ebraica utilizzando la Legge Mancino sarebbe potuta ricorrere in futuro per tutelare attraverso la persecuzione giudiziaria, la sua attività di lobbing in favore dell'entità sionista contro la espressione di critiche verbali troppo aspre e schiette. Responsabilità che avrebbe anche legittimato l'accusa di antisemitismo attraverso la quale questa organizzazione diffama le critiche espresse nei confronti dell'entità sionista e della sua lobby occidentale e ottenendo cosi la perseguibilità penale dell'antisionismo al pari dell'antisemitismo.

Non solo il blogger rifiutò di piegarsi alle minacce del Pm affrontando il processo ma ribadì pubblicamente le sue opinioni ed accusò inoltre pubblicamente lo stesso Pm, dell' uso politico fatto della Giustizia e al fine di soddisfare gli interessi politici e privati di una minoranza etnica e per questo denunciato dallo stesso pm per diffamazione. con la aggravante della Legge Mancino. Ossia denunciato per aver espresso una critica politica all'abuso del potere esercitato da un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni al fine di favorire gli interessi di una organizzazione politica ma che per le sue qualità etniche attraverso le quali si distingue in Comunità, la legge Mancino garantisce privilegi di tutela che non sono concessi a nessuna altra organizzazione politica né tanto meno a nessun cittadino italiano che non sia ebreo. E' evidente che la Legge Mancino non solo rappresenta un paradosso giuridico di fronte al principio costituzionale della uguaglianza dei cittadini e di fronte alla legge, non solo sancisce e legittima una distinzione etnica, politica e giuridica tra individui appartenenti alla comunità Nazionale Italiana ed individui appartenenti alla Comunità ebraica ma questa legge viene utilizzata da questa organizzazione e dai suoi sodali nelle Procure dei tribunali al fine di individuare e perseguire penalmente i propri nemici politici.

Condannato di fatto in primo grado per diffamazione ed in attesa di giudizio senza poter usufruire di pene alternative però il blogger avrebbe potuto assurgere, in caso di condanna detentiva, allo status di martire della libertà di espressione. Anzi è certo (?) che il blogger, abbia attivato contatti per ottenere asilo politico negli Stati Uniti,dove nonostante la stessa lobby ebraica sia molto potente non ha alcuna speranza di esercitare il suo potere di influenza sulle istituzioni dello stato e della Giustizia come invece sembra essere possibile che accada in Italia, dove può succedere che la legge ed alcuni suoi amministratori prostituiscano la loro funzione pubblica per tutelare gli interessi politici e strategici di cosche etniche o partitiche. Paese dove i processi penali vengono intentati non solo contro il diritto alla libertà di espressione sancito dalla Costituzione nazionale ma istituiti sulla base della capacità di influenza politica ed economica di queste organizzazioni nazionali e transnazionali. Capacità di influenza e pressione politica che viene esercitata soprattutto attraverso il controllo dei mezzi di pubblicità ed informazione. Controllo attraverso il quale la lobby ebraica dei giornalisti provvede ad istigare nella opinione pubblica, il sentimento di odio e disprezzo verso la espressione verbale di determinate opinioni al solo fine propedeutico di legittimare la, in verità raccapricciante, attività politica dei magistrati e giustificare quindi poi la persecuzione giudiziaria e mortificazione del diritto alla libertà di espressione che questi magistrati consapevolmente compiono in nome del popolo.


Il recente caso Sallusti ha evidenziato ancora una volta il potere di influenza della potente lobby ebraica sulla opinione pubblica, attraverso il controllo dei mezzi di informazione e sulla stessa classe dirigente. Potere esercitato ancora una volta per imporre e mantenere inalterati i suoi privati privilegi a detrimento degli interessi generali e nazionali e soprattutto al fine di perpetrare la barbarie giuridica attraverso la quale si persegue con il carcere il diritto di espressione.

Potere di influenza sulla opinione pubblica questa volta esercitato non attraverso la diffusione di notizie false,tendenziose parziali e in malafede, ma solo ed esclusivamente attraverso il potere che il silenzio e la censura sono in grado di esercitare sulla capacità critica degli individui. Sebbene infatti la intera classe politica, giornalistica ed intellettuale sia scesa in campo a difendere il diritto di espressione e la libertà di opinione di Sallusti (in verità molto ambiguo) e condannando (lodevolmente) la barbarie giuridica attraverso la quale si infligge la pena del carcere al reato di diffamazione,nessuno di questi ha sentito il dovere etico,civile e morale di ricordare all'opinione pubblica come la LEGGE MANCINO continui a prevedere la pena del carcere come punizione alla espressione verbale di idee, opinioni e critiche e come la responsabilità giuridica della interpretazione di queste idee sia demandata non a organi di giustizia super partes, ma a pubblici ministeri politicizzati referenti degli interessi politici di queste organizzazioni politiche.

Nomos 
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