Un film è semplificativo ma se questo su Monsieur Bachir Lazhar vuol dirci una cosa, tra le altre, essa è: “Più che le competenze per cui è pagata la scuola – quelle della psicologa che deve far rielaborare ai bambini dodicenni il suicidio nell’aula scolastica della loro amata maestra Martine, quelle dei genitori supponenti che danno istruzioni all’insegnante, quelle della grammatica (con soggetto, predicato, gruppo nominale e via erudendo), quelle sui nuovi metodi d’insegnamento – “poté”* l’umanità di Bachir, algerino rifugiato nel Quebec e lì propostosi come insegnante al posto della maestra defunta, “poté” il suo senso del dolore che gli dà capacità di capire quello altrui, la sua simpatia, il mantenersi quieto nei gesti e nelle parole. Questo riesce a fare il nuovo maestro, s’impone quiete e disponibilità coi bambini e coi colleghi, nonostante tutto
della sua vita e del suo passato si sia sbriciolato. Forse dunque non occorre proprio essere “professori di professione” per aiutare dei ragazzi, anzi a volte serve dell’altro, come dice sempre un maestro nel recente film “Detachment”: “Non basta avere qualcuno che ti insegni, ci vuole qualcuno che ti aiuti”.
Bachir cerca di capire i suoi ragazzi spiandoli un po’, scopre quelle vite anche guardando il contenuto del cassetto nel loro banco. L’espressione “cheers” che si usa nelle foto, è diventata alla foto di classe “Bachir!”. Quando Mr. Lazhar si è presentato alla direttrice della scuola ha detto: “Ho prestato servizio 19 anni in una scuola di Algeri”. Non deve essere stata necessariamente una bugia, Bachir ha forse in mente i suoi anni (qualcuno in meno di 19) passati a studiare, i banchi allineati, qualche educativo scappellotto, la grande letteratura, l’umanità dei suoi professori.
Simon è il ragazzino ritenuto responsabile, da Alice, sua migliore amica, della morte della loro insegnante, in fondo egli stesso se ne ritiene colpevole (se ad un ragazzo viene data una colpa può darsi che cominci a sentirsela sul serio), una tragedia così grande opprime un corpo così piccolo e il cinismo degli altri bambini può essere smisurato; solo la disponibilità di Mr. Lazhar ad ascoltarlo in classe davanti a tutti, ad accogliere il suo pianto, lo libera.
La storia è vera e il film è ben fatto, semplificativo ma ben fatto, con tante vittorie a festival qualificati anche se ritenuti minori: Namur, Locarno, Rotterdam, Amburgo, Toronto… della serie non esistono solo Venezia, Hollywood e Cannes. Vederlo comporta del resto 90 minuti da passare insieme ai bambini, non a caso vi è una citazione letteraria di Lazhar: “Ho sognato che erano adulti ma parlavano ancora come dei bambini”. Tre piccole scene da antologia del cinema, anzi quattro: il pianto liberatorio di Simon in classe, l’abbraccio prima del commiato tra il maestro e l’intelligentissima Alice, altra bimba recuperata alla gioia di vivere, l’accenno di ballo algerino in solitudine di Bachir e le sue lacrime di nostalgia venendo via dalla cena presso la sua collega Brigitte.
* piccola citazione dal Conte Ugolino di Dante: “Più che il dolor poté il digiuno”.
Angelo Umana
http://www.agoravox.it/Monsieur-Lazhar-una-bella-storia.html
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