Ripubblichiamo un articolo di Sergio Brundu – medico, e uno dei “Padri
Fondatori” del sito (luogocomune.net) - che sembra cogliere in modo lucido e preciso il
cuore del grande problema che, presto o tardi, la nostra società dovrà
affrontare: una sostanziale revisione dell’intero paradigma
medico-sociale che oggi viene chiamato “medicina moderna”.
L'UOMO MALATO - di Sergio Brundu
Nonostante
la malattia sia un fenomeno che si riscontra presso tutti gli esseri
viventi (anche le cellule si ammalano), è possibile constatare non solo
l'esistenza di un gran numero di patologie che colpiscono esclusivamente
l'uomo, ma è anche possibile identificare in esse una specifica
modalità evolutiva ed espressiva. Tale constatazione, non trova una
spiegazione esauriente in una diversa strutturazione anatomo -
funzionale all'interno del regno animale, esistendo forti analogie tra i
mammiferi superiori e l'uomo, (non esiste una biochimica specifica
dell’uomo).
Il modello animale ha infatti rappresentato in un
secolo di medicina positivistica elemento di riferimento nell'analisi
della malattia; un concatenarsi di eventi fisici misurabili con
altrettanti metodi fisici e biologici. Se le cose stessero diversamente
la medicina sperimentale non avrebbe raggiunto cosi notevoli progressi.
Solo l'antropologia consente una chiave di accesso ad una comprensione globale della malattia umana …
…
ed ai fenomeni ad essa connessi. Il cervello umano differisce infatti
da quello dei mammiferi superiori non solo per la distribuzione della
massa cerebrale, ma in particolare per lo sviluppo della neocortex, e
per la specificità delle circonvoluzioni frontali e temporali
(Spatz,1949).
Il cervello umano, questa sfera vitale, è lo
sviluppo della intelligenza, del linguaggio, della coscienza, è la
possibilità di strutturare ed integrare in modo originale e peculiare la
sfera biologica a quella comportamentale-emozionale “con l’uomo la
natura ha inteso creare un nuovo principio di organizzazione”, Gehlen,
1950). Tuttavia i progressi della medicina si sono identificati in modo
prevalente con il progresso tecnologico e nell'ultimo secolo per lo più
le scuole mediche hanno funzionato come scuole applicate ad una
particolare specie biologica e non come scuole di medicina per l'uomo.
Si
è proceduto prevalentemente alla cura di una entità biologica senza
emozioni, senza comunicazione con i propri simili, priva di interazione
sociale, isolata da ogni contesto sociale ed economico; una entità
funzionante sulla base di complessi (ed in buona parte sconosciuti)
meccanismi di omeostasi biochimica (“L'uomo senza testa”,
Pancheri,1980). La scienza medica del XXI secolo ha in parte illuso
l'umanità sulle sue potenzialità, sulla capacità di sopravvivenza
dell'essere umano, sulle possibilità di interferire nei processi
naturali per "correggerli", talvolta all'inseguimento immaginativo di un
sogno di immortalità della specie.
Nonostante l'ipertecnicismo
taluni gruppi di malattie sono in progressivo aumento, altre compaiono
ex-novo, l'allungamento della vita media appare sostanzialmente
attribuibile ad un intervento diretto della tecnologia, mentre gli studi
epidemiologici mostrano come l'incidenza di molte patologie e la loro
modalità espressiva sia solo in parte riconducibile a prefissati schemi
fisico-biologici.
I grandi edifici della scienza (ove l'uomo
entra misero e timoroso), hanno lavorato privilegiando la medicina
tecnicistica e dei grandi risultati, dimenticando la dimensione
specificamente umana della malattia, coinvolgente l'individuo a tutti i
livelli e non sanabile con nessuna delle grandi conquiste del XXI
secolo.
In questa visione almeno in parte distorta del rapporto
umano e biologismo diviene dunque preponderante il recupero della
scienza medica come scienza unitaria dell'uomo. Una medicina che non sia
solo santuario di se stessa, bensi medicina capace di coniugare
armonicamente tecnicismo scientifico e cultura umanistica.
Sergio Brundu (Vulcan)
Il GIURAMENTO DI IPPOCRATE
Il Giuramento, di attribuzione controversa, è il primo codice di deontologia medica della storia.
Ippocrate
fu il primo a suggerire che le malattie umane non siano il frutto di
punizioni divine, ma l'effetto di un'alterazione dell'equilibrio di
quelli che erano ritenuti i quattro umori dell'uomo (sangue, flemma,
bile nera, bile gialla). Questo enorme passo in avanti ha permesso alla
medicina di divenire una scienza razionale e di staccarsi così dalla
superstizione.
Ippocrate inoltre sosteneva già al suo tempo che
la pulizia del medico giovi al paziente, mentre ancora nella metà del
XIX secolo, ad esempio, i medici Phillip Semmelweiss, a Vienna, e
Wendell Holmes, negli Stati Uniti, furono allontanati dal loro lavoro
perchè consigliavano in continuazione gli altri medici di pulirsi le
mani prima di visitare il paziente successivo. (Gran parte delle pesti
bubboniche medioevali veniva diffusa dagli stessi dottori, senza saperlo
ovviamente, che visitavano pazienti in diversi villaggi). Solo con la
teoria microbica di Pasteur, i medici si convinsero finalmente
dell'utilità della pulizia come norma fondamentale, oltre che come forma
di rispetto verso i pazienti. (M.M.)
GIURAMENTO DI IPPOCRATE – VERSIONE CLASSICA (Grecia, ca. 400 A.C.)
Affermo
con giuramento per Apollo medico e per Esculapio, per Igea e per
Panacea – e ne siano testimoni tutti gli Dei e le Dee – che per quanto
me lo consentiranno le mie forze e il mio pensiero, adempirò questo mio
giuramento che prometto qui per iscritto.
Considererò come padre
colui che mi iniziò e mi fu maestro in quest’arte, e con gratitudine lo
assisterò e gli fornirò quanto possa occorrergli per il nutrimento e per
le necessità della vita; considererò come miei fratelli i suoi figli, e
se essi vorranno apprendere quest’arte, insegnerò loro senza compenso e
senza obbligazioni scritte, e farò partecipi delle mie lezioni e
spiegazioni di tutta intera questa disciplina tanto i miei figli quanto
quelli del mio maestro, e così i discepoli che abbiano giurato di
volersi dedicare a questa professione, e nessun altro all’infuori di
essi.
Prescriverò agli infermi la dieta opportuna che loro
convenga per quanto mi sarà permesso dalle mie cognizioni, e li
difenderò da ogni cosa ingiusta e dannosa. Giammai, mosso dalle
premurose insistenze di alcuno, propinerò medicamenti letali né
commetterò mai cose di questo genere. Per lo stesso motivo mai ad alcuna
donna suggerirò prescrizioni che possano farla abortire, ma serberò
casta e pura da ogni delitto sia la vita sia la mia arte. Non opererò i
malati di calcoli, lasciando tal compito agli esperti di quell’arte. In
qualsiasi casa entrato, baderò soltanto alla salute degli infermi,
rifuggendo ogni sospetto di ingiustizia e di corruzione, e soprattutto
dal desiderio di illecite relazioni con donne o con uomini sia liberi
che schiavi. Tutto quello che durante la cura ed anche all’infuori di
essa avrò visto e avrò ascoltato sulla vita comune delle persone e che
non dovrà essere divulgato, tacerò come cosa sacra.
Che io possa,
se avrò con ogni scrupolo osservato questo mio giuramento senza mai
trasgredirlo, vivere a lungo e felicemente nella piena stima di tutti, e
raccogliere copiosi frutti della mia arte. Che se invece lo violerò e
sarò quindi spergiuro, possa capitarmi tutto il contrario.
GIURAMENTO DI IPPOCRATE – VERSIONE MODERNA (al rispetto del quale sono vincolati tutti i laureati in medicina e chirurgia che esercitino oggi la professione).
Consapevole dell'importanza e della solennita' dell'atto che compio e dell'impegno che assumo, giuro:
* di esercitare la medicina in liberta' e indipendenza di giudizio e di comportamento;
*
di perseguire come scopi esclusivi la difesa della vita, la tutela
della salute fisica e psichica dell'uomo e il sollievo della sofferenza,
cui ispirero' con responsabilita' e costante impegno scientifico,
culturale e sociale, ogni mio atto professionale;
* di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di un paziente;
*
di attenermi nella mia attivita' ai principi etici della solidarieta'
umana, contro i quali, nel rispetto della vita e della persona, non
utilizzero' mai le mie conoscenze;
* di prestare la mia opera con
diligenza, perizia e prudenza secondo scienza e coscienza ed osservando
le norme deontologiche che regolano l'esercizio della medicina e quelle
giuridiche che non risultino in contrasto con gli scopi della mia
professione;
* di affidare la mia reputazione esclusivamente alle mie capacita' professionali ed alle mie doti morali;
*
di evitare, anche al di fuori dell'esercizio professionale, ogni atto e
comportamento che possano ledere il prestigio e la dignita' della
professione. Di rispettare i colleghi anche in caso di contrasto di
opinioni;
* di curare tutti i miei pazienti con eguale scrupolo e
impegno indipendentemente dai sentimenti che essi mi ispirano e
prescindendo da ogni differenza di razza, religione, nazionalita',
condizione sociale e ideologia politica;
* di prestare assistenza
d'urgenza a qualsiasi infermo che ne abbisogni e di mettermi, in caso di
pubblica calamita', a disposizione dell'Autorita' competente;
* di
rispettare e facilitare in ogni caso il diritto del malato alla libera
scelta del suo medico tenuto conto che il rapporto tra medico e paziente
e' fondato sulla fiducia e in ogni caso sul reciproco rispetto;
* di
osservare il segreto su tutto cio' che mi e' confidato, che vedo o che
ho veduto, inteso o intuito nell'esercizio della mia professione o in
ragione del mio stato.
http://www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=3030
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