“Il mio amico Ezra Pound ha ragione.
La rivoluzione è guerra all’usura. È guerra all’usura pubblica e
all’usura privata. Demolisce le tattiche delle battaglie di borsa.
Distrugge i parassitismi di base, sui quali i moderati costruiscono le
loro fortezze. Insegna a consumare al modo giusto, secondo logica di
tempo, quel che è possibile produrre. Reagisce alle altalene del tasso
di sconto, che fanno la sventura di chi chiede per investire
nell’industria, e aumenta il mondo del risparmio, riducendone il
coraggio, contraendone la volontà di ascesa, incrementandone la sfiducia
nell’oggi, che è più letale ancora della sfiducia nel domani.
Allorché il mio amico Ezra Pound mi
donò le sue “considerazioni” sull’usura, mi disse che il potere non è
del danaro, o del danaro soltanto, ma dell’usura soltanto, del danaro
che produce danaro, che produce soltanto danaro, che non salva nessuno
di noi, che lancia noi deboli nel gorgo dalla cui corrente altro danaro
verrà espresso, come supremo male del mondo. Aggiunse in quel suo
italiano, gaelico e slanghistico, infarcito di arcaismi tratti da Dante e
dai cronachisti del trecento, che il potere del danaro e tutti gli
uomini di questo potere regnano su un mondo del quale hanno monetizzato
il cervello e trasformato la coscienza in lenzuoli di banconote. Il
danaro che produce danaro.
La formula del mio amico Ezra Pound
riassume la spaventosa condizione del nostro tempo. Il danaro non si
consuma. Regge al contatto dell’umanità. Nulla cede delle proprie
qualità deteriori. Contamina peggiorandoci in ragione della continua
salita del suo corso tra i banchi e le grida della borsa nelle cui
caverne l’umano viene, inesorabilmente, macinato. Il mio amico Pound ha
le qualità del predicatore cui è nota la tempesta dell’anno mille,
dell’anno “n volte mille” sempre alle porte della nostra casa di dannati
all’autodistruzione. La lava del denaro, infuocata e onnivora, scende
dalla montagna che il cielo ha lanciato contro di noi, mi ha detto il
mio amico Pound; e nessuno, tra noi, si salverà.
Il mio amico Pound ha continuato con
voi, come mi avete detto, nella casa romana dello scrittore di cose
navali Ubaldo degli Uberti, l’analisi di come il danaro produce soltanto
danaro, e non beni che sollevino il nostro spirito dalla palude nella
quale il suo potere ci ha immerso. Non è ossessione la sua. Nessun uomo
saggio, se ancora ne esistono, ha elementi per dichiarare esito di
pericolosa paranoia il suo vedere, tra i blocchi di palazzi di Wall
Street e tra le stanze dei banchieri della City, le pareti
indistruttibili dell’inferno di oggi. I Kahn, i Morgan, i Morgenthau, i
Toeplitz di tutte le terre egli vede alla testa dell’armata dell’oro.
Pound piange i morti che quell’esercito fece. E vorrebbe sottrarre a
ogni pericolo tutti noi esposti alla furia del potere dell’oro. Con il
vostro amico Pound ho parlato di quello che Peguy ha scritto contro il
potere dell’oro. Conosce quasi a memoria quelle pagine. Ne recita brani
interi, senza dimenticarne alcuna parola. Il suo francese risale agli
anni parigini in cui la gente di New York, di Boston, emigrata a Parigi,
pensava ancora che l’occidente fosse fra noi. Illusa, quella gente, che
scegliendo Parigi, il potere dell’oro sarebbe andato per stracci,
almeno per questi migranti della letteratura. È, quel francese di Pound,
come un prodotto del passato, come una denuncia del troppo che stiamo
dimenticando, tutti noi che corriamo il rischio, o che già lo abbiamo
corso, di finire maciullati dal potere dell’oro”.
(Così, Benito Mussolini riferì al giovane giornalista triestino Yvon
De Begnac durante i loro colloqui tra il 1934 e il 1943, che oggi
ritroviamo nei famosi postumi “Taccuini mussoliniani”).
http://www.stampalibera.com/?p=59519
Saranno veri o falsi i taccuini? Non lo so: ritengo che le belle considerazioni del Duce lasciano però il tempo che trovano. Sappiamo come sono andate le cose e che cosa è successo dopo il 1945: gli Usa hanno, di fatto, preso il controllo della nostra nazione e fatto ciò che volevano. Non dico che sia stata una passeggiata ma per il nostro popolo si è rivelato un danno: che poi questo trattamento sia stato riservato anche ad altre nazioni e in forme più deleterie, non è un motivo di orgoglio per noi, ma dimostra che il numero delle vittime è stato ed è elevato. Essere privati di ogni vera decisione , essere colonizzati culturalmente, non disporre delle giuste conoscenze e tecnologie, vedere ostacolato ogni progetto e idea per camminare con le proprie gambe (vedi il potersi approvvigionare di energia o stringere accordi commerciali con chi si preferisce: di fatto vietato prima e ora con i trattati e gli accordi dell'Ue). Farci sentire sempre in debito e riconoscenti, è un modo per non permettere di staccarsi mai dal cordone ombelicale e, nei fatti, relegarci a esseri inferiori e incapaci. Come si ricollega questo discorso all'usura e alle banche? Semplice: basta pensare al dollaro, alle basi militari e,se uno cerca un po' di gossip si potrebbero esaminare carte inerenti casi di cronaca che riguardano americani in Italia. Il caso del Cermis insegna, ma esistono anche i casi di vera e propria immunità diplomatica e di cui si sentiva parlare fino agli anni 70.Chi come me non credeva a certi fatti, riteneva assurdi certi episodi, pensava che alcuni collegamenti contenessero delle forzature, si è sempre chiesto se "è mai possibile che alcuni esseri umani che si dichiarano dalla tua parte, possano fregarsene che so del tuo mare e dell'ambiente in cui vivi, se la tua nazione si sviluppa e prospera e diventa autonoma"? Poi mi sono detto che è vero, in quella nazione ci sono delle carogne, speculatori e ladri, veri e propri banditi e che usano la loro cultura come un cavallo di Troia per convincerci, fin da piccoli , che loro curano i nostri interessi: del resto quante persone pensano che siano state e siano giuste le guerre in Iraq e quelle ancora in atto e gestite e dirette dagli Usa?
Nessun commento:
Posta un commento