giovedì 8 marzo 2018

L’Italia è in boom? L’Italia farà BOOM!

Potrebbe giungere un momento in cui la Brexit non verrà del tutto dimenticata, ma collocata in un secondo livello di quella che si preannuncia essere la disintegrazione europea. Sarà superata molto probabilmente proprio dall’Italexit. Gli italiani, non i britannici, provocheranno la dissezione dell’euro e quindi dell’intero esperimento europeo.
A questo punto della storia europea, la formula è familiare: se siete contrari all’integrazione più stretta e all’Unione Europea, allora siete un xenofobo fascista, un razzista di prim’ordine. Piuttosto che dissuadere gli elettori, questo comportamento si è ritorto contro coloro che usano gli insulti per mantenere vivo l’esperimento europeo per molto più tempo.
Il totale dei voti non è ancora disponibile, ma gli italiani hanno votato in massa per partiti anti-establishment e anti-euro. Anche se il parlamento italiano potrebbe ritrovarsi nel caos nel prossimo futuro, l’euroscetticismo e la febbre anti-establishment dominano in misura molto maggiore del previsto (nell’ennesima elezione europea). Anche il commento mainstream di quello che sta succedendo non può esimersi dal descrivere la realtà:
Dopo che gli organismi dell’establishment sono riusciti a contenere i populisti nelle elezioni tedesche, francesi e olandesi negli ultimi dodici mesi, le loro difese sono state sopraffatte in Italia quando gli elettori si sono ribellati contro due decenni di crescita economica poco brillante e un’impennata dell’immigrazione. Il risultato è un partner davvero imprevedibile per i leader europei come Angela Merkel e Emmanuel Macron, mentre affrontano la minaccia americana di una guerra commerciale.
Questo articolo di Bloomberg raffigura l’angoscia economica italiana come “due decenni di crescita economica poco brillante” in modo da legittimare l’insoddisfazione degli elettori. Uno scritto più onesto sarebbe stato: “Le cose sono andate male per vent’anni, perché ora si stanno ribellando? Gli immigrati.” Sarebbe stato più vero, solo spogliato del pregiudizio evidente e delle intenzioni misantropiche dietro di esso.
È tecnicamente vero che l’economia italiana è risultata un malato cronico, ma è una sintesi imprecisa. Fino al 2008 o giù di lì, gli italiani potevano essere descritti come insoddisfatti, o perlomeno apatici, di fronte alla natura poco brillante della loro economia sotto l’euro. Non penso che sia effettivamente vero, poiché la stessa UE era popolare in Italia fino al panico finanziario mondiale.
Ciò che spiega la rivolta ora, è la ripresa da quel panico; o la sua mancanza. Come ho scritto in precedenza, la dinamica diventa esplosiva semplicemente perché gli italiani, come gli americani e tutti gli altri, sono stati ripetutamente informati che la loro economia non si era solo ripresa, ma si trovava addirittura in pieno boom. Per molti potrebbe essere così.
Non è questo il problema, poiché in ogni economia ci sono sempre porzioni che vanno bene e altre che non vanno bene. Quando troppe persone si ritrovano nel secondo gruppo, ecco dove iniziano i problemi. E quando sentono ripetutamente che le cose vanno bene e non riescono a capire come, date le loro condizioni precarie, la sfiducia e la rabbia sono sicuramente gli unici risultati garantiti.
La paura irrazionale dei robot ha le stesse radici. Non avendo ricevuto risposte sincere, le persone decidono da sole il perché non riescano a vivere questo boom. L’immigrazione è una questione simile, ma più complessa (dobbiamo tener conto dei fattori sociali oltre che economici).
Ma anche questo quadro generale sottovaluta considerevolmente la gravità del problema. Anche quelli che sono occupati, in Italia significativamente di meno in proporzione alla popolazione, non stanno facendo molti progressi. Questa mancanza di opportunità diventa palpabile, una frustrazione che deve essere soddisfatta con una valutazione onesta, ma in questo decennio perduto raramente lo è stata.
Gli economisti non tollerano altro che la ripresa. Non importa quante prove si accumulano contro di essa, affermano lo stesso che è qui, o se vengono messi sotto pressione diranno che arriverà domani.
Questo punto di vista inizia con una conclusione e quindi si cercano prove per avvalorarlo. La tecnocrazia è difesa a tutti i costi, anche quando la sua caratteristica principe è la sua totale incompetenza. Nel luglio del 2012 Mario Draghi ha promesso di “fare tutto il necessario” per preservare la valuta europea, e quindi in termini politici mantenere vivo il sogno dell’integrazione.
La maggior parte della gente lo considerava un gesto nobile, gli sforzi di uno statista impegnato ad aiutare le persone dell’Europa che soffrivano a causa di una repressione finanziaria per ragioni che non potevano capire. Queste persone avrebbero dovuto invece sentire Mario Draghi per quello che era, un pazzo del tutto sciroccato:
L’euro è come un calabrone. Questo insetto è un mistero della natura, perché non dovrebbe volare, e invece vola. Quindi l’euro era un calabrone che è volato molto bene per diversi anni. Credo — e penso che la gente si chieda “come mai?” — che probabilmente ci fosse un qualcosa nell’aria che faceva volare il calabrone. Ora quel qualcosa deve essere cambiato nell’aria, e sappiamo cosa dopo la crisi finanziaria.
Come il suo predecessore Jean-Claude Trichet, o Ben Bernanke, il suo omologo presso la Federal Reserve negli Stati Uniti, Mario Draghi non ha idea di cosa sia successo nel 2008, o, del resto, cosa sia successo di nuovo nel 2011. La sua banca centrale, come tutte le banche centrali, sta cercando di risolvere un problema che non riesce a capire, e l’effetto è che nulla viene mai corretto.
La gente potrebbe sentirsi comprensibilmente turbata da questo fatto. Non ci vuole molto per riconoscere che questi elettori potrebbero aver ragione, critiche legittime che non hanno niente a che fare con il lato più oscuro della tragica storia europea. L’economia, tuttavia, è la disciplina più fragile forse mai inventata; impedisce anche un minimo di onesta introspezione, in gran parte perché è più una forza politica che scientifica.
In nessun luogo è più evidente che in Europa. Il rischio per la situazione politica europea non è poi così complesso. È facilmente attribuibile all’unica cosa che nessuno può mettere in dubbio:
La minaccia per l’euro è oggi più grande di quanto non fosse nel 2012, e per questo motivo Draghi ha completamente fallito. Non si tratta di squilibri nel Target II e di sanzioni per il default greco, ma di sconvolgimenti politici legati direttamente a ciò che Mario Draghi non sembra riuscire a capire. Può promettere tutto ciò che vuole, ma il destino dell’Europa non sarà determinato dal suo euro.
O si tratta di ripresa effettiva o di bancarotta per l’Europa, lo stesso bivio a cui si trova di fronte il resto del mondo a causa della stessa stagnazione prolungata. In Cina, come notato in precedenza, si stanno muovendo in preparazione di un bust. Gli elettori europei potrebbero sembrare irrazionali, ma solo se pensate che l’euro sia come un calabrone nelle mani capaci di brillanti apicoltori tecnocratici.
Non ci sono voluti due decenni di problemi economici per ritorcere l’Italia contro ciò che un tempo aveva abbracciato con entusiasmo, solo l’ultimo è stato più che sufficiente. La rottura è iniziata con la distruzione monetaria, alimentata errore economico dopo errore economico, e ora si avvicina sempre di più al completamento mentre l’inutilità della tecnocrazia viene tenuta in vita solo dall’ostinazione politica. Davvero, quindi, qualcuno è sorpreso di fronte al risultato elettorale in Italia?
Se non altro, penso che gli italiani, gli inglesi, gli americani, ecc. abbiano dimostrato fino ad adesso notevole compostezza. Hanno dato ai tecnocrati il ​​beneficio del dubbio più e più volte, con politiche e sperimentazioni discutibili e poi promesse che non sono state mantenute. Dieci anni sono molto, molto tempo perché nulla venga realizzato.
Volete salvare l’Europa? Potete iniziare ponendo fine a tutte queste chiacchiere assurde su un boom inesistente.
[*] traduzione di Francesco Simoncellihttps://francescosimoncelli.blogspot.it/

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