mercoledì 28 agosto 2019

Lavoro. Stipendi reali in calo. Il caso dei call center di Cagliari e Oristano

Giuseppe Sandro Mela.

2019-08-28.

Utopia 001

Nella sua essenza il problema sarebbe davvero molto semplice.

È tipico dell’ideologia socialista che lo stato debba emettere norme e regolamenti sul mondo del lavoro. È un assunto a priori, un postulato implicito.

Questo concetto sarebbe di per sé anche abbastanza ragionevole, sotto però la condizione che tale intervento non stravolgesse le dinamiche del mercato.

Leggi e norme impossibili da attuarsi sono invariabilmente destinate ad essere ignorate oppure aggirate.

Nelle fasi regressive o, peggio, depressive, le possibilità di guadagno calano sia per gli imprenditori sia per i dipendenti. In caso contrario non si potrebbe parlare di recessione o di depressione.

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Il nodo consiste nel fatto che al momento attuale il lavoro non qualificato non può essere offerto per emolumenti orari superiori ai quattro euro.

Nel caso portato ad esempio, i ricavi dei call center sono talmente risicati da non consentire di mettere in regola il personale. Se è vero che in mancanza di altro si trovano persone disposte a quel tipo di lavoro, sarebbe altrettanto vero notare che almeno qualcosa hanno trovato: il poco è sempre meglio del nulla.

A riprova:

«i dipendenti si sono barricati all’interno ed è stato necessario l’intervento dei carabinieri per entrare».

In altri termini, i dipendenti, quelli che l’Ispettorato del Lavoro si prefiggerebbe di proteggere, si erano opposti all’accertamento.

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L’Unione Europea e l’Italia sono entrate in una fase recessiva con ampie connotazioni depressive. In tal frangente, sarebbe utopico comportarsi come se il sistema economico tirasse alla grande.

In questo caso il risultato è evidente: 128 persone che prima sopravvivevano adesso non hanno più nemmeno quel poco che prima avevano. Non sembrerebbe essere stato un gran bel risultato.

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In Italia sono al momento tenuti cash quasi 1,346 miliardi di euro, contro la liquidità solitamente detenuta di qualche centinaio.  È denaro tenuto inoperoso in attesa di tempi migliori. Poi, che senso avrebbe comprare bond ad interessi negativi?

Ma nessuno, e tanto meno lo stato, può obbligare i detentori di capitali ad impiegarli nel settore produttivo: nessuno può obbligare a lavorare, nessuno può obbligare ad investire.

Bastonare chi avesse avuto l’idea di imprendere è il modo più efficace di far scappare la voglia di farlo.

Non si risolvono i problemi senza per lo meno guardare in faccia la realtà.


Ansa. 2019-08-24. Lavoratori call center come “schiavi”, 3,78 euro/ora

Le loro condizioni di lavoro erano paragonabili a quelle dell’Europa dei primi del ‘900: 3,78 euro l’ora, nessuna possibilità di cambiare turno, costanti vessazioni da parte di una superiore che in realtà non lo era, minacce di allontanamento dal posto di lavoro, licenziamenti senza giusta causa e obbligo di firmare dimissioni in bianco prima dell’assunzione. È quanto hanno scoperto i funzionari dell’Ispettorato del lavoro di Cagliari e Oristano effettuando un dettagliato accertamento nei confronti di due società di call center operanti nel capoluogo sardo per conto di una importante società nazionale fornitrice di energia elettrica.

Ai titolari sono state elevate sanzioni per quasi 110mila euro, con un recupero di contributi omessi o evasi da versare nelle casse dell’Inps pari a 497.851 euro. Sotto i riflettori sono finite le posizioni lavorative di 128 dipendenti. Secondo gli ispettori erano stati assunti con contratti di collaborazione continuativa che mascheravano rapporti di lavoro subordinato. La verifica non è stata facile: le due società cambiavano continuamente il luogo di lavoro, scegliendo appartamenti in città come sede dei call center. Non solo. Al momento dell’accertamento, i dipendenti si sono barricati all’interno ed è stato necessario l’intervento dei carabinieri per entrare.

Gli ispettori hanno accertato che “nei confronti dei dipendenti veniva esercitato uno stringente potere direttivo che si manifestava attraverso minuziose indicazioni sulla gestione della telefonata e l’imposizione di specifiche frasi da utilizzare con il cliente, con conseguenti rimproveri verbali nei confronti degli operatori che si discostavano”. Al comando c’era una sorta di direttrice che controllava ogni cosa, veniva pagata più degli altri e sul personale aveva potere di “vita o morte”. “L’esercizio del potere disciplinare – spiegano i funzionari – poteva giungere fino all’allontanamento dei lavoratori, senza alcuna tutela, e con la richiesta di firmare lettere di dimissioni in bianco all’atto dell’assunzione”. Nei confronti della donna potrebbe scattare anche una denuncia in Procura per il reato di caporalato.

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