ROMA – “Donna Coop” oscurata da Facebook: aveva criticato spot con Luciana Littizzetto. “Donna Coop”, il profilo che su Facebook era dedicato alle lotte delle lavoratrici della Coop, è stato bloccato dallo stesso Facebook in quanto “Nome non confacente ai criteri”. Insomma, le lavoratrici della Coop si vedono ora bloccato il profilo Facebook dedicato a loro. A riferirlo è il sito web che sindacati multicategoriali di Trento. Ma andiamo con ordine.
“Donna Coop” era un profilo creato dalle lavoratrici della Coop per protestare contro il famoso spot con Luciana Littizzetto testimonial, negli anni passati, dei supermercati delle cooperative. Era qualche anno fa, e la denuncia portò a galla, con grande risalto mediatico, la realtà dei lavoratori e delle lavoratrici. Con il tempo, “Donna Coop” era divenuta una pagina che veicolava informazioni tra le lavoratrici del settore, un profilo che aveva accresciuto la sua “autorevolezza” con il tempo. Quell’avatar è stato usato da tante cassiere e lavoratrici della Coop, che si sono alternate al PC e ha permesso poi la creazione del gruppo facebook “L’insostenibile solitudine della cassiera”, nato da un post e divenuto luogo di scambio di chi vive la solitudine di un centro commerciale. Facebook in questo caso ha applicato il rigido regolamento e lo ha oscurato non riscontrando l’esistenza reale di una persona dietro la pagina. Francesco Iacovone, dell’Esecutivo Nazionale USB Lavoro Privato, ha dichiarato:
“Quell’account ora è bloccato e forse lo resterà. Caro Facebook, caro Mark Zuckerberg, dietro quell’avatar si nascondeva chi non ha diritto di parola e di critica, chi deve lavorare per quattro soldi ed in silenzio, pena il licenziamento. Perché si sa che se un lavoratore parla viene licenziato. A te, caro ragazzo americano che hai fatto una fortuna, dedico la lettera scritta da Donna Coop, da tante Donna Coop che da oggi, grazie alla tua Policy, hanno una voce in meno per gridare il loro disagio”.
“Donna Coop” è nato a seguito di una lettera scritta da alcune cassiere del supermercato determinate a far conoscere una realtà ben diversa dall’ambiente “accattivante e simpatico” descritto negli spot interpretati dalla Littizzetto. Ecco la lettera che le lavoratrici della Coop avevano inviato a suo tempo alla comica di “Che Tempo Che Fa”. Dalla lettera era poi nata la pagina ora oscurata.
Cara Luciana,
lo sai cosa si nasconde dietro il sorriso di una cassiera che ti chiede di quante buste hai bisogno? Una busta paga che non arriva a 700 euro mensili dopo aver lavorato sei giorni su sette comprese tutte le domeniche del mese. Le nostre famiglie fanno una grande fatica a tirare avanti e in questi tempi di crisi noi ci siamo abituate ad accontentarci anche di questi pochi soldi che portiamo a casa. Abbiamo un’alternativa secondo te?Nei tuoi spot spiritosi descrivi la Coop come un mondo accattivante e un ambiente simpatico dove noi, quelle che la mandano avanti, non ci siamo mai. Sembra tutto così attrattivo e sereno che parlarti della nostra sofferenza quotidiana rischia di sporcare quella bella fotografia che tu racconti tutti i giorni.Ma in questa storia noi ci siamo, eccome se ci siamo, e non siamo contente. Si guadagna poco e si lavora tanto. Ma non finisce qui. Noi donne siamo la grande maggioranza di chi lavora in Coop, siamo circa l’80%. Prova a chiedere quante sono le dirigenti donna dell’azienda e capirai qual è la nostra condizione.A comandare sono tutti uomini e non vige certo lo spirito cooperativo. Ti facciamo un esempio: per andare in bagno bisogna chiedere il permesso e siccome il personale è sempre poco possiamo anche aspettare ore prima di poter andare.Il lavoro precario è una condizione molto diffusa alla Coop e può capitare di essere mandate a casa anche dopo 10 anni di attività più o meno ininterrotta. Viviamo in condizioni di quotidiana ricattabilità, sempre con la paura di perdere il posto e perciò sempre in condizioni di dover accettare tutte le decisioni che continuamente vengono prese sulla nostra pelle.Prendi il caso dei turni: te li possono cambiare anche all’ultimo momento con una semplice telefonata e tu devi inghiottire. E chi se ne frega se la famiglia va a rotoli, gli affetti passano all’ultimo posto e i figli non riesci più a gestirli.Denunciare, protestare o anche solo discutere decisioni che ti riguardano non è affatto facile nel nostro ambiente. Ci è capitato di essere costrette a subire in silenzio finanche le molestie da parte dei capi dell’altro sesso per salvare il posto o non veder peggiorare la nostra situazione.Tutte queste cose tu probabilmente non le sai, come non le sanno le migliaia di clienti dei negozi Coop in tutta Italia. Non te le hanno fatte vedere né te le hanno raccontate. Ed anche a noi ci impediscono di parlarne con il ricatto che se colpiamo l’immagine della Coop rompiamo il rapporto di fiducia che ci lega per contratto e possiamo essere licenziate.Ma noi non vogliamo colpire il marchio e l’immagine della Coop, vogliamo solo uscire dall’invisibilità e ricordare a te e a tutti che ci siamo anche noi
Noi siamo la Coop, e questo non è uno spot. Siamo donne lavoratrici e madri che facciamo la Coop tutti i giorni. Siamo sorridenti alla cassa ma anche terribilmente incazzate.
Abbiamo paura ma sappiamo che mettendoci insieme possiamo essere più forti e per questo ci siamo organizzate. La Coop è il nostro posto di lavoro, non può essere la nostra prigione.
Crediamo nella libertà e nella dignità delle persone. Cara Luciana ci auguriamo che queste parole ti raggiungano e ti facciano pensare.
Ci piacerebbe incontrarti e proporti un altro spot in difesa delle donne e per la dignità del lavoro.
https://www.ladyblitz.it/attualita/donna-coop-oscurata-da-facebook-criticava-spot-con-luciana-littizzetto-1589199/Con simpatia, un gruppo di lavoratrici Coop”.
Nota personale: potevo, per ricordare chi ci invita ad accogliere, ma che non mi risulta si faccia in quattro per altre situazioni per giunta pregresse, che mentre il post riportato sopra è del 2015, il caso Coop nasce pressapoco a fine 2012, e riporto questo incipit di Dagospia
“CARA LITTIZZETTO, LA COOP NON SEI TU” - LETTERA AL CURARO DELLE LAVORATRICI DEL SINDACATO USB ALLA TESTIMONIAL MILIONARIA (1,8 MLN € DICHIARATI NEL 2005): “LA COOP SIAMO NOI, DONNE LAVORATRICI E MADRI, SORRIDENTI ALLA CASSA, MA ANCHE TERRIBILMENTE INCAZZATE” - “SIAMO L’80% MA GUADAGNIAMO 700 EURO AL MESE E A COMANDARE SONO SOLO UOMINI, VIVIAMO NEL RICATTO DI PERDERE IL POSTO” - REPLICA COOP: “NON È VERO, I SALARI SONO PIÙ ALTI”…
Il punto ,a mio parere, è che mentre alcuni possono sfotticchiare e fare battute , ad altri non è permesso, non c'è né possibilità di critica né è concessa la forza e il diritto di poter richiamare l'attenzione o che le proprie necessità e i problemi vengano inseriti in agenda (per esempio in un ministero, nel consiglio dei ministri piuttosto che in quello regionale o comunale): in poche parole gli italiani non hanno diritto di vedere i propri problemi e difficoltà inseriti all'ordine del giorno, mentre per i migranti avviene il contrario. Ed è questo che non va bene e che fa in modo che noi italiani veniamo dimenticati: non è che , per esempio, i problemi delle aziende del centro Sardegna vengono valutati e avviati a risoluzione dopo che i migranti vengono sistemati. Neanche per sogno le difficoltà del porto canale di Cagliari saranno discusse dopo che i nostri amici migranti avranno trovato sistemazione: col fischio! Pensate che le tasse verranno abbassate per davvero per le pmi, magari per le srls o che ci sarà la possibilità di assumere e pagare stipendi bassi che verranno compensati da risorse statali o che ci sarà una moratoria sui crediti? O che gli npl verranno acquistati dallo Stato? Neanche per idea. E io mi devo sorbire le prediche delle Littizzetto o Murgia o di Saviano o del Papa? Perché loro non si sorbiscono le mie o quelle di Blondet o di Fusaro o di Malvezzi?
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