Magari a parole si è d'accordo, ma poi all'atto pratico in un modo o nell'altro ci si defila: penso a chi, come vedevo ieri nella trasmissione "La Gabbia" a La7, prende sui 200mila euro l'anno.
Può costui pensare di perdere tutto quel malloppo, in cambio di una società dove il lavoro così come lo abbiamo conosciuto viene meno in quanto verrebbe, per lo più, automatizzato?
Se, come scrivevo nel post sui "mestieri che scompaiono" o che sono destinati a scomparire, c'è il mio, c'è in previsione anche una riduzione, se non un azzeramento, del numero di lavoratori in numerosi campi specifici.
Se per prima cosa possono venire in mente i bancari, gli assicuratori, e in genere gli intermediari, poi potrebbe essere, perché no, il turno dei giudici: potrebbero ,come ho già scritto in passato, essere sostituiti, almeno nelle cause più semplici, da elaboratori elettronici.
Inserendo alcuni dati essenziali, sui cui si può discutere, si potrebbe perfino arrivare a fare lo stesso con gli avvocati: diciamo che il principio è lo stesso con cui si calcolano le rate, con cui appunto si crea un profilo.
Logicamente, siccome nessuno è scemo nè vuole esserlo nè ,tanto meno, diventarlo, lo sa anche un bambino che dipende da quali campi vengono compilati, dalle voci che vengono inserite, e dalle numerose, quasi infinite, variabili prevedibili.
Poi, personalmente, pur non amando le categorie di cui sopra, compresa la mia, sono sempre contrario a che le persone perdano il lavoro, o che le loro professioni vengano sminuite o che si venga sostituiti da macchine.
Lo capisco quando si tratta di integrare ciò che già fa il lavoratore, se si svolge il solito lavoro pericoloso: e i casi sono tanti e i rimedi altrettanti ma non sempre adottati.
Sembra che si provveda solo per cambiamenti radicali: il netturbino che accompagna , in piedi sulle predelle posteriori del camion caricarifiuti, viene sostituito da cassonetti speciali e mezzi ad hoc, dimostrando come si può fare a meno di una o due persone per veicolo.
Per contro ci sarà meno controllo, il guidatore del camion dovrà parlare da solo o al cellulare, socializzerà poco, i cassonetti dovranno essere idonei al nuovo camion che dovrà sostituire il vecchio: costi elevati ma, i cassonetti verranno riciclati e i camion rivenduti, magari come i bus cittadini finiranno in qualche paese del quarto mondo, mentre i lavoratori in esubero dovranno trovarsi un nuovo lavoro, anche loro nel quarto mondo.
Finita questa breve storia, gli ostacoli che chi perde il lavoro, chi si è preparato e ha investito (male, col senno di poi) il proprio tempo e sbagliato scegliendo i propri studi, chi ha intrapreso un mestiere che col tempo si è rivelato inutile e obsoleto, sono di varia natura.
Intanto occorre sapere e prendere proprio atto che nessuno, di coloro che viaggia sugli 80 mila euro l'anno, ha voglia di rinunciare al proprio lavoro , guadagno, o ai privilegi conseguiti.
Penso sopratutto a funzionari statali, militari o delle forze dell'ordine, nonchè ai giudici, ma pure a diversi dirigenti o pezzi grossi di aziende private non passerebbe nemmeno nell'anticamera del cervello di ridiscutere la società così come è organizzata oggi.
Ciò significherebbe dover fare a meno dell'auto di servizio, del cellulare o pc, delle vacanze per se e per i propri familiari in strutture riservate, abbonamenti vari a teatro, cinema, mezzi pubblici eccetera, oltre, sopratutto a pensioni di importo adeguato e non certo 400 o 500euro.
E' logico che questo tema, e quelli ad esso collegati o collegabili, giammai vengono presentati o discussi nei talk show: o forse quello che più gli è vicino è, l'ormai vecchio "lavorare meno, lavorare tutti", che tuttavia non elimina stipendi annui di oltre 600mila euro come percepiva il buon capo della polizia, l'ormai defunto, Manganelli, senza nulla togliere alle sue capacità professionali, ben inteso, ma solo la sproporzione è palese, manifesta.
Se poi passiamo ai privati le cose non cambiano, anche se è il sottobosco, quello fatto di nomi sconosciuti ai più, che dovrebbe preoccupare: un esercito fatto di persone che se invece di 200 mila guadagnassero 120 mila, non credo morirebbero di fame o che gli sarebbe difficile andare in ristorante o a giocare a tennis, nè pagare la colf.
Allora le ragioni sono quelle che invogliano costoro a tesaurizzare, a investire nel mattone o più semplicemente a speculare: quindi l'elevato surplus è necessario per avere ancora di più.
Per chiarire il mio pensiero ricordo ancora come, a inizio anni 80 c'erano già i primi stabilimenti robotizzati, e anche il settore mobili e arredamento non ne era alieno: fu allora che, come ho già ricordato, un noto direttore commerciale mi disse che se uno avesse voluto avrebbe potuto fare quasi tutto da solo e con un numero molto ridotto di operai (l'azienda per cui lavorava ne aveva oltre 600).
Certo che se avesse immaginato, a metà anni 80, le potenzialità degli elaboratori elettronici e dei computer in generale, avrebbe affermato che l'uomo ,così come lo conosciamo può finalmente dedicarsi a fare altro: che è un po' l'idea dell'elite dominante che, conscia del fatto di poter far lavorare le macchine al posto delle persone, capisce che questa moltitudine è superflua e invadente, e non serve a niente o, peggio, è di impiccio.
Ora la domanda che chi non fa parte dei gruppi di potere è se è il caso di darsi da fare per stare a galla, e migliorare la qualità della propria vita; o se invece è bene lavorare per vivere e dedicare il tempo libero invece che a se stessi e ai propri cari, buttarsi anima e corpo per cercare di cambiare la società, magari con mezzi anche poco leciti e ortodossi.
C'è anche la possibilità di cambiare nazione, cambiare la propria vita andando a lavorare e vivere all'estero, lontano da un mondo schifoso come quello italiano, dove se hai avuto un protesto non puoi avere credito, dove se sei in ritardo con una rata non sei più credibile, dove se hai idee buone te le ruba chi ha i soldi per realizzarle.
Ecco perché c'è chi vuole cambiare e c'è chi ,invece, sta bene così.
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