È in atto una campagna anticristiana per sradicare ciò che resta del senso religioso
di Francesco Lamendola - 29/01/2014
«Ateo di servizio»: così si autodefinisce Michel Onfray - classe 1959,
docente universitario e punta di diamante del movimento filosofico
dell’estrema sinistra francese; materialista, edonista, libertario,
anticlericale e violentemente anticristiano – a motivo della frequenza
con cui compare in televisione ed è ospite gradito nei salotti buoni
della cultura transalpina, anche per il suo eloquio fluente e per la
facondia espressiva.
Questo normanno poco più che cinquantenne, che ha avuto una infanzia
difficile ed è stato allevato dai salesiani, verso i quali ha
introiettato un odio quasi patologico, viene oggi considerato uno degli
esponenti più significativi del movimento neo-pagano e anti-cristiano
militante, per la durezza dei suoi attacchi contro tutte le religioni e,
in modo particolare, contro la religione cattolica e per la sua
instancabile predicazione a favore di una morale libera e liberata,
specialmente in campo sessuale, identificando le religioni con la
repressione sessuale e con l’odio per la vita.
Nel suo bagaglio intellettuale si trovano, ammassati più o meno alla
rinfusa, Nietzsche e i filosofi cinici, la Scuola di Francoforte e la
psicanalisi; grande ammiratore di Freud, a un certo punto, nel 2010, lo
ha rifiutato con estrema violenza, lanciando contro di lui le accuse più
infamanti, anche sul piano personale (come le tendenze incestuose o
l’avidità di denaro), suscitando un vespaio negli ambienti della
“gauche” e attirandosi la reazione furibonda di Bernard-Henry Lévy, cosa
che ha contribuito ad alimentare ulteriormente la sua visibilità
mediatica e la sua popolarità.
D’altra parte, non si può dire che vi sia molta sostanza nel pensiero
filosofico di questo “filosofo” francese, che si limita a rimasticare
cose vecchie e stravecchie e che non si perita di adottare gli argomenti
anti-cristiani più vieti e screditati, a cominciare dalla messa in
dubbio dell’esistenza storica di Cristo, sino alla accusa al
cristianesimo di essere “contro l’intelligenza” e dimenticando
tranquillamente il debito che la cultura e il pensiero occidentali hanno
nei confronti della religione cristiana e, più specificamente, della
Chiesa cattolica.
È quasi incredibile che un intellettuale, professore universitario,
autore di libri e articoli e ospite frequente dei migliori salotti
televisivi, ignori senza batter ciglio l’immenso, fondamentale
contributo che il cristianesimo ha dato al pensiero europeo, all’arte,
alla scienza, all’etica; che insegua ancora il mito di una antichità
felice e gioiosa perché pagana, di contro a un Medioevo lugubre e
oppressivo perché cristiano; che ignori l’abbrutimento collettivo a cui
era giunta l’umanità nel mondo greco-romano, simboleggiato da quei
sanguinosi inni alla necrofilia che erano gli spettacoli dei gladiatori,
nei quali folle ebbre di sadismo, formate da uomini, donne e ragazzi,
si beavano della strage di migliaia di esseri umani, trucidati nelle
maniere più ingegnose, dati in pasto alla belve feroci, crocifissi,
bruciati vivi; che taccia del fatto che a salvare l’eredità culturale
classica sia stato proprio il cristianesimo; che a promuovere la
cultura, l’arte e la scienza, almeno fino al XVII secolo, sia stata
soprattutto la Chiesa cattolica, quando le monarchie nazionali
brillavano per la loro assenza o cercavano di asservire gli
intellettuali.
La sua nostalgia per una classicità felice e piena di gioia vitale è un
mito puerile e anti-storico, ancora più rozzo e ingenuo del mito del
buon selvaggio caro ai seguaci di Rousseau; i suoi attacchi alla
storicità di Gesù e la sua idea di un cristianesimo “mitico”, creato a
posteriori dagli apostoli, è un residuato di certo Illuminismo e di
certo Positivismo ateo, oggi totalmente smentito dalla ricerca storica,
archeologica, filologica, papirologica; il suo vitalismo “dionisiaco” di
matrice nietzschiana farebbe semplicemente sorridere, se non fosse
inammissibile riproporlo con tale candore, come se si trattasse
dell’ultimo grido della speculazione contemporanea, mentre già negli
ultimi decenni dell’Ottocento c’era chi ne aveva colto tutte le aporie,
le insufficienze anche di tipo meramente filologico, le contraddizioni
insanabili.
Eppure un tale neo-paganesimo e un tale anti-cristianesimo piacciono e
sono corteggiati dalla cultura oggi dominante, la quale, senza sporcarsi
troppo le mani, è ben felice che qualcuno si prenda la briga di
condurre un simile attacco frontale contro quel che resta del sentimento
religioso. Operazione di dubbia utilità e di ancor più dubbia
intelligenza, del resto: basterebbe, a quei signori, aspettare che i
semi del consumismo e del materialismo edonista, oggi largamente
veicolati dalla pubblicità e penetrati negli stili di vita di milioni di
persone, portino a maturazione la loro opera dissolvitrice, come di
fatto sta avvenendo. Sono l’edonismo spicciolo e il materialismo pratico
che stanno colpendo al cuore lo spirito cristiano, non dei “pamphlet”
pseudo-filosofici, oltretutto pochissimo originali, come quelli di un
Michel Onfray. Però dei personaggi come Onfray sono pur sempre utili;
diciamo che sono, per i poteri occulti che oggi governano il mondo, gli
utili idioti di cui c’è bisogno proprio per consentire ad essi di
rimanere nell’ombra, come desiderano e come è nei loro piani, e per dare
al cittadino medio la sensazione – illusoria – che il processo di
scristianizzazione sia del tutto spontaneo e naturale, sia il risultato
di una logica insita nelle cose e non anche, e forse soprattutto, il
prodotto di un disegno intenzionale e ben preciso, studiato nei minimi
dettagli e perseguito con assoluta spregiudicatezza fin dai temi in cui è
sorta la Massoneria insieme ad altre società segrete di “illuminati”.
Ecco perché non bisognerebbe concedere eccessiva importanza a personaggi
come Michel Onfray, Piergiorgio Odifreddi, Richard Dawkins, Daniel
Dennett e Christopher Hitchens, con il loro antiquato bagaglio di
marxismo, psicanalisi freudiana ed evoluzionismo darwiniano: figure, in
fondo, folcloristiche e tutto sommato pochissimo interessanti:
accettarli come interlocutori in un serio dibattito culturale significa
conferire loro una dignità intellettuale che non possiedono e alimentare
l’arroganza, il narcisismo e la spavalda faciloneria che costituisco il
loro abito mentale. Essi, semmai, rappresentano dei buoni esempi di
quel che si intende per supponenza dello scientismo; degli esempi in
negativo di tutto ciò che non è autentico spirito scientifico, né
autentico senso storico, perché della scienza e della storia essi vedono
sono quel che fa loro comodo vedere, e negano o travisano con la
massima impudenza tutto il resto. Sono pertanto dei faziosi, dei
partigiani, dei militanti di un’ideologia totalitaria che si cela dietro
una serie di formule, facili e accattivanti, di sapore libertario e di
largo smercio presso un pubblico che non va troppo per il sottile sul
piano intellettuale.
Secondo Piergiorgio Odifreddi, per esempio, il cristiano è «un cretino»
per definizione; come si fa a dialogare con un personaggio così, il
quale – evidentemente - si inscrive da se stesso nel numero delle
persone intelligenti, dato che si vanta del suo disprezzo verso la
stupidità? Come Onfray, egli ritiene che il cristianesimo sia
soprattutto odio per l’intelligenza; e come spiegare a un personaggio
così in malafede che Sant’Agostino, San Tommaso d’Aquino, Dante
Alighieri non erano precisamente dei cretini, e che con l’unghia del
dito mignolo di chiunque fra essi si sarebbero potuti fabbricare dieci
milioni di Onfray o di Odifreddi?
Così riassume la questione Giuseppe De Rosa (su «La civiltà cattolica», n. 3832, 2010, pp. 385-89):
«Tuttavia il mancato riconoscimento delle “radici cristiane”
dell’Europa è, tutto sommato, un fatto secondario. È assai più grave
il fenomeno del “nuovo anticristianesimo”. Esso ha trovato la sua
espressione più compiuta in Francia con la pubblicazione – che ha avuto
un notevole successo – del “Trattato di ateologia” di Michel Onfray (tr.
it. Fazi, Roma, 2005). La Francia vanta esempi illustri di scrittori
anticristiani, come F. Voltaire, D. Diderot, A. Comte, A. Gide; tuttavia
questo “trattato di ateologia” contiene un attacco al cristianesimo che
difficilmente può essere superato in ampiezza e violenza, concettuale e
verbale. M. Onfray vuole fondare una “ateologia”, cioè una “fisica
della metafisica”, dunque “una reale teoria dell’immanenza, una
ontologia materialista” (p. 24). In realtà Dio non è morto né è
moribondo, contrariamente a quanto pensavano Nietzsche e Heine. Non
basta quindi che si parli di ateismo, ma è necessario un ateismo “ateo”.
Anzitutto è necessario “decostruire i tre monoteismi” ebraico,
cristiano, musulmano, mostrando come nel fondo sono la stessa cosa. Qual
è questo fondo? È l’odio dell’intelligenza, alla quale i monoteisti
preferiscono l‘obbedienza e la sottomissione; odio alla vita,
accompagnato da un’indefettibile passione tanatofila; odio per questo
mondo, incessantemente svalorizzato in confronto al’aldilà, unica
riserva possibile di senso, di verità, di certezza, di beatitudine; odio
del corpo, corruttibile, disprezzato in ogni più piccolo dettaglio,
mentre l’anima eterna, immortale e divina, è rivestita di tutte le
qualità e di tutte le virtù; odio per le donne e infine, per il sesso
libero e liberato” (p. 65). In particolare M. Onfray si sofferma sulla
“decostruzione del cristianesimo” e sulla necessità di “creare in
Occidente le condizioni di una vera morale post-cristiana in cui il
corpo cessi di essere una punizione, la terra una valle di lacrime, la
vita una catastrofe, il piacere un peccato, le donne una maledizione,
l’intelligenza una presunzione, la voluttà una dannazione” (p. 67). Ad
ogni modo, quello che qualifica il cristianesimo sarebbe la pulsione di
morte, con la quale esso ha incancrenito “l’intero pianeta”. A questo
punto M. Onfray parla della “costruzione del cristianesimo”. Egli
anzitutto afferma che “l’esistenza di Gesù non è assolutamente accertata
sul piano storico”, ma è un’esistenza concettuale” (p. 113). Autore di
Gesù è Marco. Insieme con gli altri evangelisti, egli ha creato un mito,
accreditando involontariamente una “finzione di realtà”. Così, il
cristianesimo è “un tessuto di contraddizioni” (p. 122); le lettere di
san Paolo sono i “deliri di un isterico” e da lui deriva il “radicalismo
anti-edonista del cristianesimo “ (p. 126). Egli è affetto “da
impotenza sessuale o da problemi di libido” (p. 129). La sua incapacità
di avvicinare le donne lo spinge a disprezzarle e a odiarle. L’ultima
parte del “trattato di ateologia” presenta il cristianesimo “al servizio
della pulsione di morte” e, fra l’altro, parla, non tenendo conto della
seria ricerca storica, che mostra l’infondatezza di questi luoghi
comuni, di “Adolfo Hitler che piace al Vaticano” e del “Vaticano che
piace a Hitler”, affermando che “il matrimonio d’amore tra la Chiesa
cattolica e il nazismo è indubbio” (p. 168). In conclusione il
cristianesimo sarebbe stato la causa dell’infelicità dell’uomo: perciò,
se si vuole che l’umanità sia felice, è necessario distruggere il
cristianesimo e tornare all’epoca che lo ha preceduto, che fu un mondo
felice e gaio, ricco di saggezza e di gioia di vivere. […] Parlando di
quest’opera di M. Onfray, il prof. R. Rémond osserva che la sua
riflessione può essere definita “neo-pagana”, per il rimpianto verso
l’antichità pagana che sembra ispirarla. […] Per quanto riguarda
l’Italia, un’opera che si avvicina a quella di M. Onfray è un volume di
Piergiorgio Odifreddi (“Perché non possiamo essere cristiani - e meno
che mai cattolici)”, Milano, Longanesi, 207). Ma il tono di questo
volume è offensivo: i cristiani sono definiti “cretini”; “il
cristianesimo è indegno della razionalità e dell’intelligenza del’uomo” e
il suo successo si spiega col fatto che “metà della popolazione
mondiale ha un’intelligenza inferiore alla media” (p. 10); la Bibbia è
una serie interminabile di sciocchezze, e Gesù, se è veramente esistito,
“assomiglia più a un ciarlatano o a un imbroglione che a un guru o a un
santone” (p. 111).»
Sfogliando i libri di Onfray e di Odifreddi (se si possiede abbastanza
stomaco da arrivare sino in fondo), un sospetto finisce per insinuarsi
nella mente del lettore: che costoro, in fondo, non siano poi tanto
sicuri di vincere la battaglia che stanno combattendo con tanto furore e
con tanto livore, con un tale spreco di sarcasmo a buon mercato e di
zelo iconoclasta. Se lo fossero, non avrebbero bisogno di accalorarsi
tanto: aspetterebbero che l’edonismo e l’infantilismo consumista portino
a compimento la loro opera di distruzione dei valori morali di origine
cristiana. Però, evidentemente, non lo sono; anche se ostentano
spregiudicatezza e spavalderia, l’eccesso dei loro attacchi, il loro
indulgere sopra le righe attestano che, in realtà, un dubbio li
tormenta. Il dubbio è questo: la società laicista e secolarizzata sta
trionfando ovunque, la cultura religiosa e la morale cristiana arretrano
visibilmente o sono indebolite e lentamente consumate dai compromessi,
dalla rassegnata timidezza, dalla pusillanimità colpevole di moltissimi
“credenti”. Eppure, la forza dell’idea cristiana rimane intatta. Ed è
una forza talmente grande, che se anche un miliardo di cristiani si
dissolvessero come nebbia al sole e solo pochissimi individui
conservassero il loro tesoro, da quei pochissimi potrebbe sempre
rinascere ciò che è stato distrutto, come l’araba Fenice rinasce
eternamente dalle proprie ceneri. Ed è questo che fa paura a tutti gli
Onfray e gli Odifreddi del mondo, oggi come ieri.
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