Un sant’uomo ebbe un giorno da conversare con il Divino e gli chiese: – “Signore, mi piacerebbe sapere come sono il Paradiso e l’Inferno”. Il Divino condusse il sant’uomo verso due porte.
Ne aprì una e gli permise di guardare all’interno. C’era una
grandissima tavola rotonda. Al centro della tavola si trovava un
grandissimo recipiente contenente cibo dal profumo delizioso. Il
sant’uomo sentì l’acquolina in bocca. Le persone sedute attorno al
tavolo erano magre, dall’aspetto livido e malato. Avevano tutti l’aria affamata.
Avevano dei cucchiai dai manici lunghissimi, attaccati alle loro
braccia. Tutti potevano raggiungere il piatto di cibo e raccoglierne un
po’, ma poiché il manico del cucchiaio era più lungo del loro braccio
non potevano accostare il cibo alla bocca. Il sant’uomo tremò alla vista
della loro miseria e delle loro sofferenze. Dio disse: “Hai appena visto l’Inferno”.
Dio e l’uomo si diressero verso la seconda porta. Dio l’aprì. La scena
che l’uomo vide era identica alla precedente. C’era la grande tavola
rotonda, il recipiente che gli fece venire l’acquolina. Le persone
intorno alla tavola avevano anch’esse i cucchiai dai lunghi manici.
Questa volta, però, erano ben nutrite, felici e conversavano tra di loro
sorridendo. Il sant’uomo disse a Dio: “Non capisco!”.
– “È semplice,” – rispose Dio, – “essi hanno imparato
che il manico del cucchiaio troppo lungo, non consente di nutrire sé
stessi….ma permette di nutrire il proprio vicino. Perciò hanno imparato a nutrirsi gli uni con gli altri! Quelli dell’altra tavola, invece, non pensano che a loro stessi…
I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fintanto che non vengono trasformati in azioni
Gandhi non era certo uno stinco di santo, ma gli si deve il fatto di
aver perfettamente messo in pratica quest’ultima massima. La parabola
esprime bene la realtà ovvero il fatto che ognuno pensi a se stesso
nonostante abbia gli strumenti per far vivere bene gli altri e riceverne
a sua volta beneficio. Quello di cui tace è il motivo per cui gli
individui all’Inferno si comportino in tale maniera, che è l’elemento
più importante. La psicologia da tempo insegna che svolgere azioni senza
credere a ciò che le supporta razionalmente spesso porta a risultati
indesiderati nella pratica e a svariati problemi psicologici duri poi a
estirpare.
Nelle persone che hanno poco senso religioso (che non ha nulla a che
fare con le Chiese e le Istituzioni dette religiose) questo tipo di
racconti o comunque argomenti di convincimento caratteriale tramite
miti, leggende e, soprattutto, simboli, non fa presa. L’unica via per
far comprendere che il senso della fratellanza (non massonica) è uno dei
pochi elementi che possa portare l’umanità ad uno stato di benessere
generale è far maturare nella stessa psicologia delle persone i motivi
che giustificano tale modo di pensare. È proprio la mancanza della buona
etica che porta alla mancanza del senso della collettività. È un
processo che deve avvenire dentro noi stessi ed è soprattutto grazie
alle nostre azioni che l’idea è allargata e diffusa. Questo è
il motivo per cui quella frase è stata collocata alla fine delle
parabola: se vogliamo che tutti comincino a porgere il proprio cucchiaio
agli altri è necessario che osservino farlo a noi stessi. Ed è anche
bene che gli stessi osservino che il nostro atteggiamento porti ad un
vero benessere, il quale , talvolta, manca , tra gli altri svariati
motivi, perché le azioni intraprese non sono quelle giuste, nonostante
possano essere mascherate da parole d’effetto come altruismo, solidarietà, beneficenza. La
visione del paradiso è quasi sempre oscurata ai nostri occhi, cosicché
non riusciamo a capire se le azioni compiute portino effettivamente ad
un bene oppure no.
Per evitare ciò innanzitutto bisogna evitare la superficialità e,
specialmente, le scie di pensiero a cui ci accodiamo perché sembrano
apparentemente giuste ma di cui non indaghiamo il resto. In secondo luogo dobbiamo studiare la nostra mente, indagare nel proprio Io e cercare quantomeno uno stato di assoluta neutralità nei confronti e del mondo fisico e dell’universo filosofico-intellettuale,
da cui poi costruire una corretta forma mentis che ci guiderà nel
migliore dei modi nella scelta del nostro Destino e di cui le emozioni e
le sensazioni ora aperte alla nostra critica più pura possano darci
un’indicazione se ci troviamo o meno sulla retta via. In ogni caso è
solo l’azione che ci darà il giudizio finale sul buon aspetto del nostro
Cammino.
Ruggero Di Giovanna
visto su stampalibera.com e copiato e ripostato quì
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