giovedì 15 marzo 2012

Il senso della collettività e dell'azione

Un sant’uomo ebbe un giorno da conversare con il Divino e gli chiese: – “Signore, mi piacerebbe sapere come sono il Paradiso e l’Inferno”. Il Divino condusse il sant’uomo verso due porte. Ne aprì una e gli permise di guardare all’interno. C’era una grandissima tavola rotonda. Al centro della tavola si trovava un grandissimo recipiente contenente cibo dal profumo delizioso. Il sant’uomo sentì l’acquolina in bocca. Le persone sedute attorno al tavolo erano magre, dall’aspetto livido e malato. Avevano tutti l’aria affamata. Avevano dei cucchiai dai manici lunghissimi, attaccati alle loro braccia. Tutti potevano raggiungere il piatto di cibo e raccoglierne un po’, ma poiché il manico del cucchiaio era più lungo del loro braccio non potevano accostare il cibo alla bocca. Il sant’uomo tremò alla vista della loro miseria e delle loro sofferenze. Dio disse: “Hai appena visto l’Inferno”. Dio e l’uomo si diressero verso la seconda porta. Dio l’aprì. La scena che l’uomo vide era identica alla precedente. C’era la grande tavola rotonda, il recipiente che gli fece venire l’acquolina. Le persone intorno alla tavola avevano anch’esse i cucchiai dai lunghi manici. Questa volta, però, erano ben nutrite, felici e conversavano tra di loro sorridendo. Il sant’uomo disse a Dio: “Non capisco!”.
– “È semplice,” – rispose Dio, – “essi hanno imparato che il manico del cucchiaio troppo lungo, non consente di nutrire sé stessi….ma permette di nutrire il proprio vicino. Perciò hanno imparato a nutrirsi gli uni con gli altri! Quelli dell’altra tavola, invece, non pensano che a loro stessi…

I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fintanto che non vengono trasformati in azioni
Gandhi non era certo uno stinco di santo, ma gli si deve il fatto di aver perfettamente messo in pratica quest’ultima massima. La parabola esprime bene la realtà ovvero il fatto che ognuno pensi a se stesso nonostante abbia gli strumenti per far vivere bene gli altri e riceverne a sua volta beneficio. Quello di cui tace è il motivo per cui gli individui all’Inferno si comportino in tale maniera, che è l’elemento più importante. La psicologia da tempo insegna che svolgere azioni senza credere a ciò che le supporta razionalmente spesso porta a risultati indesiderati nella pratica e a svariati problemi psicologici duri poi a estirpare.
Nelle persone che hanno poco senso religioso (che non ha nulla a che fare con le Chiese e le Istituzioni dette religiose) questo tipo di racconti o comunque argomenti di convincimento caratteriale tramite miti, leggende e, soprattutto, simboli, non fa presa. L’unica via per far comprendere che il senso della fratellanza (non massonica) è uno dei pochi elementi che possa portare l’umanità ad uno stato di benessere generale è far maturare nella stessa psicologia delle persone i motivi che giustificano tale modo di pensare. È proprio la mancanza della buona etica che porta alla mancanza del senso della collettività. È un processo che deve avvenire dentro noi stessi ed è soprattutto grazie alle nostre azioni che l’idea è allargata e diffusa. Questo è il motivo per cui quella frase è stata collocata alla fine delle parabola: se vogliamo che tutti comincino a porgere il proprio cucchiaio agli altri è necessario che osservino farlo a noi stessi. Ed è anche bene che gli stessi osservino che il nostro atteggiamento porti ad un vero benessere, il quale , talvolta, manca , tra gli altri svariati motivi, perché le azioni intraprese non sono quelle giuste, nonostante possano essere mascherate da parole d’effetto come altruismo, solidarietà, beneficenza. La visione del paradiso è quasi sempre oscurata ai nostri occhi, cosicché non riusciamo a capire se le azioni compiute portino effettivamente ad un bene oppure no.
Per evitare ciò innanzitutto bisogna evitare la superficialità e, specialmente, le scie di pensiero a cui ci accodiamo perché sembrano apparentemente giuste ma di cui non indaghiamo il resto. In secondo luogo dobbiamo studiare la nostra mente, indagare nel proprio Io e cercare quantomeno uno stato di assoluta neutralità nei confronti e del mondo fisico e dell’universo filosofico-intellettuale, da cui poi costruire una corretta forma mentis che ci guiderà nel migliore dei modi nella scelta del nostro Destino e di cui le emozioni e le sensazioni ora aperte alla nostra critica più pura possano darci un’indicazione se ci troviamo o meno sulla retta via. In ogni caso è solo l’azione che ci darà il giudizio finale sul buon aspetto del nostro Cammino.
Ruggero Di Giovanna
visto su stampalibera.com e copiato e ripostato quì

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