La via della Seta, d’accordo. La Cina è vicina, sì, lo abbiamo capito. Ma prima di entusiasmarsi ai limiti della felicità politica suggeriamo al Governo gialloverde, Salvini-Di Maio-Conte di rammentarsi del trattamento cinese a Dolce & Gabbana.
Non due ultimi arrivati ma un top brand della moda e del gusto italiano nel mondo. Convinti
che il motto latino, repetita iuvant, abbia una sua pedagogia insostituibile ricordiamo a Di Maio (soprattutto) ma anche a Salvini (seppur meno entusiasta della via cinese) il trattamento ricevuto da Dolce & Gabbana. Tutto comincia da uno spot, con tre video promozionali che mostrano una modella asiatica che cerca di mangiare un enorme cannolo siciliano, un piatto di spaghetti e una pizza con le bacchette mentre in sottofondo passa una voce maschile che ironizza. Che male c’è? Quante volte l’Italia è stata presa in giro per ‘o sole, ‘o mare, spaghetti, pizza e mandolino. Farlo con un miliardo e passa di cinesi, invece, non si può.
Visti i video degli spot sono partite in Cina le prime accuse di razzismo e di sessismo nei confronti del brand italiano. Le star cinesi più famose hanno cominciato a criticare la campagna di D&G mentre il boicottaggio sugli acquisti diventava realtà. Il tutto per uno spot ironico venuto male. Ma che di certo tutto voleva essere tranne che offensivo. È finita con Dolce & Gabbana che chiedevano scusa ai cinesi e con l’Italia, come Paese e nazione che non diceva una parola sulla vicenda in difesa di un marchio (italiano) famoso nel mondo. Oggi, non di moda ma di politica e di interessi degli italiani si parla e da D&G siamo arrivati a D&S, a Di Maio e Salvini.
Bene, sappiano che con i cinesi non si scherza. Si possono fare patti con loro, aprire accordi commerciali e intese, purché non si perdano di vista due aspetti fondamentali: il primo, evitare che i cinesi vengano a comandare in Italia, non sarebbe un accordo commerciale ma una resa. Certo, loro hanno i numeri, crescita, soldi ma proprio per questo bisogna essere accorti non dimenticando mai che si tratta di un Paese comunista, dove le libertà individuali devono ancora essere conquistate. Secondo: aprire alla Cina, nel momento storico preciso in cui gli Stati Uniti del Presidente Donald Trump sono al braccio di ferro con Pechino richiederebbe una maggiore accortezza politica. L’Italia è un Paese Atlantico, alleato degli Usa, un Paese che sta nella Ue (per quanto si possa criticare l’Europa) e di questo chiunque governi nell’interesse degli italiani dovrebbe tenere conto.
Perché le nostre scelte politiche verso la Cina non debbano andare a finire come gli spot di Dolce&Gabbana, con i due grandi stilisti contriti nel chiedere scusa alla Cina: “In questi giorni abbiamo pensato moltissimo e con grande dispiacere a quello che è successo”. E ancora: “Le nostre famiglie ci hanno insegnato il rispetto per le altre culture e per questo vogliamo chiedervi scusa se abbiamo commesso errori nell’interpretare la vostra cultura”. “Siamo sempre stati molti innamorati della Cina, amiamo la vostra cultura e certamente abbiamo ancora molto da imparare. Per questo ci scusiamo se abbiamo sbagliato nel nostro modo di esprimerci. Faremo tesoro di questa esperienza. E non succederà mai più, anzi: proveremo a fare di meglio”.
Ecco, un Governo – diversamente da due stilisti seppur di fama – non deve mai chiedere scusa. Perché se nella vita “glande scienza è soplattutto la pazienza”, in politica no. Conta il coraggio.
Massimiliano Lenzi, Il Tempo 13.3.19
https://scenarieconomici.it/la-cina-e-vicina-ma-pure-dolcegabbana-di-massimiliano-lenzi/
La via della Seta, d’accordo. La Cina è vicina, sì, lo abbiamo capito. Ma prima di entusiasmarsi ai limiti della felicità politica suggeriamo al Governo gialloverde, Salvini-Di Maio-Conte di rammentarsi del trattamento cinese a Dolce & Gabbana.
Non due ultimi arrivati ma un top brand della moda e del gusto italiano nel mondo. Convinti
che il motto latino, repetita iuvant, abbia una sua pedagogia insostituibile ricordiamo a Di Maio (soprattutto) ma anche a Salvini (seppur meno entusiasta della via cinese) il trattamento ricevuto da Dolce & Gabbana. Tutto comincia da uno spot, con tre video promozionali che mostrano una modella asiatica che cerca di mangiare un enorme cannolo siciliano, un piatto di spaghetti e una pizza con le bacchette mentre in sottofondo passa una voce maschile che ironizza. Che male c’è? Quante volte l’Italia è stata presa in giro per ‘o sole, ‘o mare, spaghetti, pizza e mandolino. Farlo con un miliardo e passa di cinesi, invece, non si può.
Visti i video degli spot sono partite in Cina le prime accuse di razzismo e di sessismo nei confronti del brand italiano. Le star cinesi più famose hanno cominciato a criticare la campagna di D&G mentre il boicottaggio sugli acquisti diventava realtà. Il tutto per uno spot ironico venuto male. Ma che di certo tutto voleva essere tranne che offensivo. È finita con Dolce & Gabbana che chiedevano scusa ai cinesi e con l’Italia, come Paese e nazione che non diceva una parola sulla vicenda in difesa di un marchio (italiano) famoso nel mondo. Oggi, non di moda ma di politica e di interessi degli italiani si parla e da D&G siamo arrivati a D&S, a Di Maio e Salvini.
Bene, sappiano che con i cinesi non si scherza. Si possono fare patti con loro, aprire accordi commerciali e intese, purché non si perdano di vista due aspetti fondamentali: il primo, evitare che i cinesi vengano a comandare in Italia, non sarebbe un accordo commerciale ma una resa. Certo, loro hanno i numeri, crescita, soldi ma proprio per questo bisogna essere accorti non dimenticando mai che si tratta di un Paese comunista, dove le libertà individuali devono ancora essere conquistate. Secondo: aprire alla Cina, nel momento storico preciso in cui gli Stati Uniti del Presidente Donald Trump sono al braccio di ferro con Pechino richiederebbe una maggiore accortezza politica. L’Italia è un Paese Atlantico, alleato degli Usa, un Paese che sta nella Ue (per quanto si possa criticare l’Europa) e di questo chiunque governi nell’interesse degli italiani dovrebbe tenere conto.
Perché le nostre scelte politiche verso la Cina non debbano andare a finire come gli spot di Dolce&Gabbana, con i due grandi stilisti contriti nel chiedere scusa alla Cina: “In questi giorni abbiamo pensato moltissimo e con grande dispiacere a quello che è successo”. E ancora: “Le nostre famiglie ci hanno insegnato il rispetto per le altre culture e per questo vogliamo chiedervi scusa se abbiamo commesso errori nell’interpretare la vostra cultura”. “Siamo sempre stati molti innamorati della Cina, amiamo la vostra cultura e certamente abbiamo ancora molto da imparare. Per questo ci scusiamo se abbiamo sbagliato nel nostro modo di esprimerci. Faremo tesoro di questa esperienza. E non succederà mai più, anzi: proveremo a fare di meglio”.
Ecco, un Governo – diversamente da due stilisti seppur di fama – non deve mai chiedere scusa. Perché se nella vita “glande scienza è soplattutto la pazienza”, in politica no. Conta il coraggio.
Massimiliano Lenzi, Il Tempo 13.3.19
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