L’Unione Europea, approvando il salvataggio delle banche cipriote, aveva preteso un prelievo forzoso (rapina) sui conti correnti dei cittadini di Cipro.
Come noto, il prelievo sarebbe dovuto essere del 6.75% sulle somme
inferiori ai 100 mila euro, e di quasi il 10% su quelle superiori a tale
giacenza. Secondo le notizie che si apprendono, in quella sede, il FMI
avrebbe chiesto addirittura una tassa del 40%, ma con franchigie più
elevate.
Tali misure sarebbero dovute essere approvare dal Parlamento
cipriota, ma la libertà ha prevalso sull’oligarchia dei banchieri e
sulla tirannia europeista. Il Parlamento cipriota ha respinto al
mittente la proposta della tassa rapina, riaffermando la sovranità del
popolo che, troppo spesso, in questa Europa, sembra sfuggire ai suoi
gerarchi. Cipro ha avuto il coraggio di dissentire, e ha deciso che il suo popolo non debba essere vittima di un esproprio di quel genere per pagare il conto alleBanche tedesche esposte su quelle cipriote,
guarda caso, per lo stesso importo del gettito preventivato di 5, 8
miliardi di euro. In un quadro del genere, in attesa di capire come
evolverà la situazione cipriota, cerchiamo di comprendere cosa potrebbe
accadere in Italia se dovessero esse introdotte misure di contrasto
all’utilizzo del denaro contante.
Ciò che sta accadendo a Cipro ci insegna una cosa molto semplice, ossia che il
tabù dell’inviolabilità e del rispetto dei risparmi e dei sacrifici
di una vita, almeno nel contesto dell’Europa meridionale, è stato
violato, è stato abbattuto, definitivamente. A nulla possono
valere eventuali rassicurazioni, smentite, o peggio, passi indietro. Le
autorità europee si sono dimostrate del tutto inaffidabili.
L’insegnamento che ci deriva dal caso Cipro, è che chi ha dei risparmi
depositati presso qualsiasi banca dei Paesi in difficoltà, potrebbe
rischiare di perderli, almeno in parte. Sarebbe perfino ingenuo pensare
che l’esproprio potrebbe riguardare solo i conti correnti, poiché ogni genere di attività potrebbe essere colpita,
più o meno pesantemente, anche se con differenti livelli di
difficoltà. Difficoltà certamente ovviabili, se si intende ottenere un
determinato risultato, che poi sarebbe quello di rendere solvibili
banche e Stati.
La linea di demarcazione tra debito e credito, di colpo, sembra essere divenuta più sottile, pallida, quasi inesistente.
E’ chiaro che al debito di un soggetto, corrisponde il credito di
un’altro di un altro soggetto. E per rendere solvibile il debitore, non
c’è nulla di più agevole che compensare posizioni a debito con quelle a
credito. Ed il gioco è fatto: il debitore è stato reso solvibile e il
creditore è stato espropriato. Bella l’economia di mercato, vero?
Peccato che questo valga solo per le banche e per gli Stati; non per i
cittadini comuni che poi sarebbero quelli a cui l’esproprio è rivolto.
Nel contesto Italiano esiste una vulgata popolare, capeggiata da
Bersani, secondo la quale, in nome della lotta all’evasione fiscale, si dovrebbe abbassare la soglia all’utilizzo del denaro contante, oppure eliminarlo del tutto.
Questo, è addirittura riproposto in uno degli otto punti che
dovrebbero essere quelli ispiratori l’azione del prossimo governo a
guida Bersani (?). Tant’è che tra i provvedimenti da adottare, si legge:
“Misure per la tracciabilità e la fedeltà fiscale”. Tradotto
significa: abbassamento della soglia di utilizzo del denaro contante (o completa eliminazione).
Già in diversi articoli abbiamo trattato l’argomento e qui ci limitiamo
solo ad esporre alcune considerazioni. Bersani pretende che il denaro
contante sia depositato in banca. Ciò significa che chi ha uno
stipendio, ad esempio, dovrà riceverlo obbligatoriamente in banca. Così
come ogni sostanza contante, di cui si dispone, dovrà essere depositata
in banca, e da lì spesa attraverso la moneta elettronica.
Di colpo, grazie ad un atto normativo, il cittadino verrebbe privato, oltre che di questa forma di libertà, anche dell’unica forma di dissenso a sua disposizione nei confronti del sistema bancario.
Per contro, le banche verrebbero graziate in quello che per loro
costituisce il vero e proprio incubo: la corsa agli sportelli. A quel
punto, essendo il denaro smaterializzato e sostituito con un algoritmo
astratto e intangibile, ne deriva che se non esiste moneta contante da
scambiare e da prelevare, viene meno anche il pericolo che la popolazione possa chiedere la restituzione di ciò che non esiste. E’ evidente, e le banche festeggiano.
Il sistema bancario deterrebbe in deposito la maggior parte della ricchezza del paese.
Deterrebbe in custodia i vostri investimenti in titoli, azioni,
obbligazioni, i preziosi custoditi in cassette di sicurezza, e ora anche
il denaro che, obbligatoriamente, deve essere depositato sul conto
corrente. Siccome le pretese impositive dello Stato si fondano su
imponibili di cui lo Stato stesso ne dovrebbe conoscere le dimensioni e
la collocazione, se ne deriva che lo Stato non potrebbe tassare ciò che
non conosce, come ad esempio il denaro contante che voi custodite a
casa, almeno fino a questo momento. Il pericolo è proprio quello di
essere obbligati, tramite un provvedimento di legge, a privarsi
dell’utilizzo del contante, per rendere la macchina coercitiva del fisco ancora più efficiente, funzionale, perfetta e micidiale.
Tra poche settimane, le banche italiane dovranno trasmettere all’anagrafe tributaria tutte le movimentazioni dei nostri conti correnti.
Lo stato, con un semplice click, potrà conoscere in tempo reale ogni
vostra ricchezza: sia la sua collocazione, che la sua dimensione
complessiva. Ricchezza incrementata, ovviamente, dai depositi di denaro
contante che, oltre a far aumentare la base imponibile da colpire con
un’eventuale imposizione patrimoniale, offre allo Stato la garanzia del
buon esito della sua pretesa tributaria. Quindi, in questo caso, avrebbe
a sua completa disposizione ogni forma di ricchezza, e potrebbe
tassare, confiscare ed espropriare, ogni importo a suo piacimento,
desiderio e necessità, sia per salvare chi tale ricchezza la detiene in
deposito (le banche), sia per salvare se stesso e i privilegi del
manipolo di gerarchi da un eventuale bancarotta.
Anzi, questo pericolo è quantomai reale e percepibile al punto che lo stesso Bersani non nasconde affatto il desiderio di applicare un’imposta patrimoniale.
Volete un esempio su cosa potrebbe fare lo stato con il vostro patrimonio? Bene, basta prendere ad esempio Cipro. La cosa più semplice da fare è proprio quella di aggredire il deposito sui conti correnti.
Sono sostanze disponibili e quindi per definizione idonee ad essere
immediatamente trasferite, dal conto corrente alle casse dello stato. E
poi se lo Stato è fortunato e a voi vi dice male, sul conto corrente
potrebbe anche trovare un saldo particolarmente elevato derivante dal
mutuo che la vostra banca, magari, vi ha accreditato qualche giorno
prima per comprare la vostra casa o finanziare la vostra attività.
Quindi un “extragettito” per lo Stato, una maggiore rapina per voi, su
dei patrimoni a debito che dovrete rimborsare alla banca.
La cosa vi sorprende? Nel 1992, con la patrimoniale di Amato, è
accaduto proprio questo. Aziende e famiglie di sono viste confiscare
ricchezza su delle somme derivanti da un finanziamento concesso dalla
banca e temporaneamente depositato sul conto corrente bancario. Vi
sembra giusto?
Volete un’altro esempio? Eccovi serviti. Bersani, ad
esempio, come dicevamo, non nasconde affatto l’idea che sarebbe
favorevole ad un’imposta patrimoniale sui grandi patrimoni, intendendo
per tali, quelli oltre 1.5 milioni di euro. A parte il fatto che egli
non fornisce chiarimenti su cosa debba intendersi per patrimonio, ossia
se si dovranno considerare beni immobili, mobili, investimenti, aziende
ecc., come già dicevamo in un precedente articolo, il sospetto è che,
quando si accorgeranno che il gettito derivante da un’imposizione
patrimoniale a quei livelli sarà molto ridotto, probabilmente,abbasseranno di molto il livello di patrimonio dal quale far scattare l’imposizione al fine di aumentare la base imponibile.
Solo per citare un esempio, qualora dovesse essere tassato il
patrimonio immobiliare, non è detto che il contribuente abbia
disponibili gli importi per adempiere all’obbligazione tributaria. Ecco
quindi che il fisco potrebbe aggredire il conto corrente dove si
detengono, per obbligo normativo, anche le risorse indispensabili per il sostentamento dei propri congiunti, lasciando a pancia vuota tutta la famiglia.
Ma la carrellata di casi e gli aspetti inquietanti di una simile
coercizione della libertà individuale è ancora lunga, fitta, se non
interminabile. Si potrebbe andare avanti per ore, ma non cambierebbe
affatto il risultato.
La banca, concludendo, diverrebbe una gigantesca camera di
compensazione, ossia soggetto giuridico al servizio (più di quanto lo
sia oggi) dello Stato per espropriare ricchezza: ossia il presente e il
futuro di liberi ed onesti cittadini.
http://www.rischiocalcolato.it/2013/03/fondamentale-ora-lo-capite-perche-bersani-vuole-abolire-il-contante.html
Nessun commento:
Posta un commento