di Tommaso Scandroglio13-03-2013
Nei giorni scorsi è arrivata nelle scuole materne ed elementari milanesi
una mail di invito a uno spettacolo per bambini dai 3 agli 8 anni dal
titolo “Piccolo Uovo”, che si terrà allo storico teatro Litta. La
locandina dello spettacolo così recita: “Una bambina è arrabbiata con la
sua famiglia. Si chiude in camera sua come dentro al guscio di un
piccolo uovo e da lì non vuole uscire. Ma si annoia. Allora gioca con il
suo amico immaginario, gioca con le ombre, gioca a viaggiare alla
scoperta di tante famiglie diverse, fino a scoprire qual è quella giusta
per lei. Ci sono tanti tipi di famiglie… e qual’è la migliore in cui
nascere? Quella felice, di qualunque tipo sia”. Ma quali sarebbero
queste variegate tipologie di famiglie? “Famiglie come quelle di molti
dei piccoli spettatori, famiglie allargate, famiglie con un genitore
solo, famiglie con figli adottati, ma anche famiglie con due mamme o due
papà. Famiglie diverse, ma diversamente felici. Perché la felicità non è
a senso unico”. E dunque per i piccoli “ci vogliono nuove fiabe per le
nuove famiglie”.
Lo spettacolo è un collage di cinque libri differenti tra cui
soprattutto l’omonimo testo di Francesca Pardi, lesbica dichiarata con
quattro figli, “Piccolo Uovo”, edito dalla casa editrice Stampatello la
quale è fiera di essere “una casa editrice nata per dar voce alle nuove
realtà delle famiglie omosessuali”.
L’assessore alle famiglie (il plurale non è un refuso) Pierfrancesco
Majorino ha invitato tutte le scuole materne ed elementari di Milano ad
adottare questo libro per bambini, illustrato da Altan papà di Pimpa, e
ha spronato padri e madri a leggere questa fiaba ai loro figli dove si
racconta, tra le altre cose, come due pinguini saltimbanchi maschi o due
leonesse possono essere genitori perfetti. La “famiglia” gay formato
infanzia è bella che servita.
L’autrice del libro ha tenuto a precisare: “Piccolo Uovo prima nel
guscio conosce le famiglie diverse e vede che sono tutte belle e quindi
alla fine riesce a uscire dal guscio. Il messaggio per i bambini è che
non si sa dove finirà il piccolo, ma non ha importanza perché non c’è
una forma preferibile”. Più chiaro di così si muore. Accanto alla
famiglia formata da papà e mamma, ve ne sono altre: quelle
monogenitoriali, quelle dove mamma è separata e sta con più “fidanzati” e
quelle formate da coppie omosessuali. Tutte candidate sulla carta a
regalare felicità ai bambini.
Le due repliche meneghine hanno visto la partecipazione di più di 300
bambini, senza contare i 230 piccoli spettatori che hanno assistito allo
spettacolo andato in scena a Casalpusterlengo il 19 febbraio scorso.
L’operazione è di particolare gravità perché i bambini mancano di filtro
critico e sono indifesi agli attacchi del male: se gli adulti dipingono
come buona una scelta, esempio la “famiglia” omosessuale, il bambino
accetterà acriticamente questa scelta perchè ha ricevuto il crisma di
infallibilità da parte di genitori ed insegnanti. L’unico suo filtro,
dalle maglie larghissime, si chiama fiducia, che è incondizionata verso
il mondo dei “grandi”. L’ideologia gay lo ha compreso bene e seguendo il
motto “prima li prendi prima li indottrini” ecco che ha trovato la
strada dello spettacolo colorato e buffo per indorare la pillola
velenosa.
Nel libro la bambina sperimenta l’incontro con tanti tipi di “famiglie”
per poi decidere in quale stare. Ma appare evidente che è impossibile
che questo accada perché il bambino è incapace di valutare da sé le
differenze tra le varie convivenze. Non si tratta di un racconto
fiabesco e quindi fantastico, ma di un inganno, di una menzogna utopica.
Gilbert Chesterton una volta scrisse: “Le fiabe non insegnano ai bambini
che i draghi esistono, loro lo sanno già che esistono. Le fiabe
insegnano ai bambini che i draghi si possono sconfiggere”. La fiaba è
metafora della realtà per i piccoli, così come il mito per gli adulti.
La fiaba non mente sulla realtà, anzi va a pescare in essa il succo più
vero, ne estrae la sua essenza, che non a caso si chiama “morale della
storia”, cioè un insegnamento valido per sempre anche quando si
diventerà grandi. Ad esempio che i draghi – i problemi della vita – si
possono sconfiggere.
E così la sterminata teoria di racconti in cui un Principe Azzurro – e
l’azzurro rimanda subito al ruolo maschile – supera mille difficoltà per
la sua amata ha insegnato a infinite generazioni di piccoli uomini la
bellezza della virilità e le virtù annesse a questo ruolo e di rimando
il fascino di essere una principessa e quindi l’esaltazione del
“femminile”. Seppur piccolissimo il bambino già si vede “da grande” e
già è pronto per identificarsi nell’uomo o nella donna adulta di domani e
non vede l’ora di farlo. “Piccolo Uovo” disillude queste attese
naturali dell’infanzia e li dirotta verso altri lidi menzogneri.
Inoltre le fiabe più riuscite sono quelle dove il piccolo lettore subito
individua il cattivo e il buono e riesce senza difficoltà a distinguere
le azioni malvagie da quelle meritorie. Non ci sono ambiguità, non ci
sono viaggi tra famiglie diverse ma tutte uguali per scoprire quale è
quella della propria taglia. Un racconto di questa specie crea
confusione nella testa dei bambini perché loro, e giustamente, vedono il
mondo nella sacre categorie del “giusto” e dello “sbagliato”. I bambini
sono piccoli fondamentalisti a cui non piacciono mezze misure,
pluralità di visioni, famiglie indifferenziate, sfumature arcobaleno, ma
preferiscono le tinte forti e decise (avete mai sentito un bambino
chiedere una matita “terra di Siena bruciata”?), amano dare un nome alle
cose, delimitarle con contorni precisi perché così riescono a
comprenderle, a capirle, a farle proprie.
Ci sentiamo quindi più sicuri a lasciare i pargoli tra le raggrinzite
mani dell’imperitura strega cattiva – tanto cattiva quanto a noi nota –
piuttosto che affidarli alle cure dei due succitati e ignoti pinguini
saltimbanchi.
Tratto da La nuova Bussola Quotidiana
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-uno-spettacolo-per-educare-i-bambini-alla-cultura-gay-6009.htm
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