IL RACCONTO
«Perseguitata da Equitalia»
La contribuente: «Il Fisco vuole far cassa».
di Paola Alagia
Negli ultimi mesi c'è stata un'escalation di attacchi a Equitalia.
Un accertamento erariale sul suo conto, scoperto per caso, e un'estenuante battaglia ingaggiata contro l’Agenzia delle Entrate per dimostrare di non essere un evasore fiscale. Un’odissea iniziata nel 2010 con «l’incrollabile certezza che la verità sarebbe venuta a galla» e che a distanza di oltre due anni «si è trasformata in un’altra ormai solida convinzione: la malafede nei confronti del contribuente da parte del Fisco, intenzionato solo a fare cassa».
IN TRIBUNALE CONTRO LO STATO. È la testimonianza di Agata Caterina Menza, dipendente pubblica di un’agenzia congressuale milanese che a Lettera43.it racconta la sua «allucinante» esperienza con gli esattori di Stato, finita pure in tribunale.
«Anche qui, per il momento, senza risultati», si sfoga la donna, «perché il giudice ha respinto il ricorso presentato dai miei legali. Senza prendersi la briga di studiare le carte e motivare la mia presunta evasione».
DEBITO DA 510 MILA EURO. Dopo la sentenza in primo grado di febbraio, quindi, Menza, con i suoi 1.900 euro di stipendio mensile, ora rischia di perdere la casa dove vive con figlio per pagare 510 mila euro all’erario, come scrive sul suo blog che si chiama, non a caso, Soprusofiscale.
La donna, però, non si dà per vinta: «Ricorrerò in appello, ma soprattutto voglio che tutti conoscano la verità», dice categorica, «e se fino a ora ho taciuto è soltanto perché ero fermamente convinta che la ragione avrebbe prevalso».
PERSECUZIONE DA PARTE DEL FISCO. I debiti, questa volta non c’entrano. «Non ne ho mai contratti in vita mia», precisa Menza, «ma, a maggior ragione, la mia è una storia assurda perché è una vera e propria persecuzione. Senza possibilità di difesa di fronte alle verità precostituite dell’Agenzia delle Entrate».
Fare luce su 300 mila euro transitati dal conto corrente
La homepage del blog Soprusofiscale in cui Agata Caterina Menza racconta la sua storia.
Il caso in questione ruota tutto attorno a un accertamento del Fisco su alcune somme in entrata e in uscita dal suo conto (per un totale di 300 mila euro), notificato a novembre del 2009. Una verifica che la donna ha scoperto per puro caso solo ad aprile del 2010 («Non ho mai ricevuto alcuna raccomandata con l’avviso») e fuori tempo massimo per opporsi.
Ad allertarla, infatti, è stata una telefonata dell’Agenzia delle Entrate che l’aveva contattata già in passato per un’indagine sulla casa di proprietà in cui vive, non corrispondente alla sua posizione reddituale. In quell’occasione, però, per Menza era stato facile dimostrare come l’abitazione fosse stata acquistata dal marito, dal quale oggi è separata, e semplicemente intestata a lei.
SOLDI PER LA RISTRUTTURAZIONE. Non è andata così, almeno fino a questo momento, invece, sull’altro fronte, quello dei 300 mila euro in transito sul suo conto tra marzo e dicembre del 2004 (cioè nel periodo successivo all’acquisto della casa), «dietro i quali, secondo la tesi del Fisco poteva nascondersi un’attività occulta», sottolinea. E non, al contrario, come sostiene Menza una «storia talmente lapalissiana che pure un bambino di 10 anni avrebbe compreso»: «I soldi in entrata tramite assegni circolari li aveva emessi il mio ex marito», spiega la contribuente, «per consentirmi di pagare le spese di ristrutturazione della casa. Fine della storia».
PRESENTATI TUTTI I DOCUMENTI. Le ragioni della signora, tuttavia, sono passate in secondo piano: «Ho fatto tutto quello che mi è stato chiesto dai due funzionari della sede milanese di via Abetone con i quali mi sono interfacciata e ho presentato i documenti, dal primo all’ultimo, perché loro potessero sottoporli all’attenzione di chi aveva emesso l’avviso di accertamento».
RECUPERATI I DATI DALLA BANCA. L’elenco delle incombenze e della carte fornite da Menza è lunghissimo. Dalle fatture alle matrici degli assegni circolari: «Solo reperire la copia dei titoli di pagamento dopo cinque anni direttamente dalla banca è stata un’impresa».
Ma non è stato tutto: c'è anche il «via vai al Comune e i permessi dal lavoro»: «Nella mia documentazione mancava soltanto la dichiarazione che gli assegni circolari, senza firma di traenza, fossero di mio marito. Un fatto, però, facilmente deducibile confrontandoli con abi e cab dei titoli con cui il mio ex consorte aveva pagato la casa».
Seguiti tutti i consigli dei funzionari del Fisco
Per ora Menza è a quota tre istanze di autotutela puntando sulla notifica errata dell’atto e una quarta sta per essere prodotta dai suoi legali. Tutte presentate seguendo il consiglio dei due funzionari di via Abetone: «Per entrambi, alla fine, la mia situazione era finalmente apparsa in tutta la sua chiarezza», racconta la testimone, «ma dalle loro parole ho anche compreso che a quel punto, pur accertata l’assenza di evasione, la responsabile che aveva emesso l’avviso di accertamento difficilmente avrebbe fatto marcia indietro».
SISTEMA MIOPE CONTRO TUTTI. È a questo punto che il racconto di Menza si fa più accalorato: «Mi chiedo come sia possibile una simile cecità di fronte all’evidenza di una marea di documenti. L’unica cosa che mi sento di dire adesso è che quello dell’Agenzia dell’Entrate sia un meccanismo che si muove da solo, programmato per portare soldi in cassa. Incurante di scovare i veri evasori e che se frega se ha di fronte cittadini onesti ai quali arreca un danno irrimediabile».
TROPPE SPESE DA SOSTENERE. In questi due anni di lotta senza tregua, Menza ha accumulato tanta rabbia e «una gastrite di proporzioni cosmiche». Oltre alle spese economiche sostenute e ancora da sostenere: «Solo le fotocopie degli assegni sono costate 170 euro. Ma questa è una minuzia rispetto ai permessi lavorativi sprecati e alle spese legali che pagherò alla fine del procedimento civile».
GIUSTA LA CACCIA AGLI EVASORI. La voce che, però, pesa di più nel suo bilancio è la forte delusione «di fronte ai meccanismi del Fisco che stritolano»: «Ora», afferma, «comincia a maturare una certa rassegnazione all’idea di perdere questa casa che fa gola alle Entrate. E fa anche male pensare che se avessi realmente commesso un reato e subito dopo venduto il mio immobile a quest’ora sarei di certo stata meno appetibile per lo Stato».
Sui principi, però, non molla: «Andrò avanti con questa battaglia. I responsabili dovranno spiegare in tribunale le loro ragioni. Ritengo doverosi i controlli e urgente la caccia agli evasori», conclude Menza, «ma è anche arrivato il momento di fare chiarezza sulle modalità con cui opera l’Agenzia delle Entrate».
http://www.lettera43.it/economia/personal/perseguitata-da-equitalia_4367550064.htm
Mercoledì, 09 Maggio 2012
«Perseguitata da Equitalia»
La contribuente: «Il Fisco vuole far cassa».
di Paola Alagia
Negli ultimi mesi c'è stata un'escalation di attacchi a Equitalia.
Un accertamento erariale sul suo conto, scoperto per caso, e un'estenuante battaglia ingaggiata contro l’Agenzia delle Entrate per dimostrare di non essere un evasore fiscale. Un’odissea iniziata nel 2010 con «l’incrollabile certezza che la verità sarebbe venuta a galla» e che a distanza di oltre due anni «si è trasformata in un’altra ormai solida convinzione: la malafede nei confronti del contribuente da parte del Fisco, intenzionato solo a fare cassa».
IN TRIBUNALE CONTRO LO STATO. È la testimonianza di Agata Caterina Menza, dipendente pubblica di un’agenzia congressuale milanese che a Lettera43.it racconta la sua «allucinante» esperienza con gli esattori di Stato, finita pure in tribunale.
«Anche qui, per il momento, senza risultati», si sfoga la donna, «perché il giudice ha respinto il ricorso presentato dai miei legali. Senza prendersi la briga di studiare le carte e motivare la mia presunta evasione».
DEBITO DA 510 MILA EURO. Dopo la sentenza in primo grado di febbraio, quindi, Menza, con i suoi 1.900 euro di stipendio mensile, ora rischia di perdere la casa dove vive con figlio per pagare 510 mila euro all’erario, come scrive sul suo blog che si chiama, non a caso, Soprusofiscale.
La donna, però, non si dà per vinta: «Ricorrerò in appello, ma soprattutto voglio che tutti conoscano la verità», dice categorica, «e se fino a ora ho taciuto è soltanto perché ero fermamente convinta che la ragione avrebbe prevalso».
PERSECUZIONE DA PARTE DEL FISCO. I debiti, questa volta non c’entrano. «Non ne ho mai contratti in vita mia», precisa Menza, «ma, a maggior ragione, la mia è una storia assurda perché è una vera e propria persecuzione. Senza possibilità di difesa di fronte alle verità precostituite dell’Agenzia delle Entrate».
Fare luce su 300 mila euro transitati dal conto corrente
La homepage del blog Soprusofiscale in cui Agata Caterina Menza racconta la sua storia.
Il caso in questione ruota tutto attorno a un accertamento del Fisco su alcune somme in entrata e in uscita dal suo conto (per un totale di 300 mila euro), notificato a novembre del 2009. Una verifica che la donna ha scoperto per puro caso solo ad aprile del 2010 («Non ho mai ricevuto alcuna raccomandata con l’avviso») e fuori tempo massimo per opporsi.
Ad allertarla, infatti, è stata una telefonata dell’Agenzia delle Entrate che l’aveva contattata già in passato per un’indagine sulla casa di proprietà in cui vive, non corrispondente alla sua posizione reddituale. In quell’occasione, però, per Menza era stato facile dimostrare come l’abitazione fosse stata acquistata dal marito, dal quale oggi è separata, e semplicemente intestata a lei.
SOLDI PER LA RISTRUTTURAZIONE. Non è andata così, almeno fino a questo momento, invece, sull’altro fronte, quello dei 300 mila euro in transito sul suo conto tra marzo e dicembre del 2004 (cioè nel periodo successivo all’acquisto della casa), «dietro i quali, secondo la tesi del Fisco poteva nascondersi un’attività occulta», sottolinea. E non, al contrario, come sostiene Menza una «storia talmente lapalissiana che pure un bambino di 10 anni avrebbe compreso»: «I soldi in entrata tramite assegni circolari li aveva emessi il mio ex marito», spiega la contribuente, «per consentirmi di pagare le spese di ristrutturazione della casa. Fine della storia».
PRESENTATI TUTTI I DOCUMENTI. Le ragioni della signora, tuttavia, sono passate in secondo piano: «Ho fatto tutto quello che mi è stato chiesto dai due funzionari della sede milanese di via Abetone con i quali mi sono interfacciata e ho presentato i documenti, dal primo all’ultimo, perché loro potessero sottoporli all’attenzione di chi aveva emesso l’avviso di accertamento».
RECUPERATI I DATI DALLA BANCA. L’elenco delle incombenze e della carte fornite da Menza è lunghissimo. Dalle fatture alle matrici degli assegni circolari: «Solo reperire la copia dei titoli di pagamento dopo cinque anni direttamente dalla banca è stata un’impresa».
Ma non è stato tutto: c'è anche il «via vai al Comune e i permessi dal lavoro»: «Nella mia documentazione mancava soltanto la dichiarazione che gli assegni circolari, senza firma di traenza, fossero di mio marito. Un fatto, però, facilmente deducibile confrontandoli con abi e cab dei titoli con cui il mio ex consorte aveva pagato la casa».
Seguiti tutti i consigli dei funzionari del Fisco
Per ora Menza è a quota tre istanze di autotutela puntando sulla notifica errata dell’atto e una quarta sta per essere prodotta dai suoi legali. Tutte presentate seguendo il consiglio dei due funzionari di via Abetone: «Per entrambi, alla fine, la mia situazione era finalmente apparsa in tutta la sua chiarezza», racconta la testimone, «ma dalle loro parole ho anche compreso che a quel punto, pur accertata l’assenza di evasione, la responsabile che aveva emesso l’avviso di accertamento difficilmente avrebbe fatto marcia indietro».
SISTEMA MIOPE CONTRO TUTTI. È a questo punto che il racconto di Menza si fa più accalorato: «Mi chiedo come sia possibile una simile cecità di fronte all’evidenza di una marea di documenti. L’unica cosa che mi sento di dire adesso è che quello dell’Agenzia dell’Entrate sia un meccanismo che si muove da solo, programmato per portare soldi in cassa. Incurante di scovare i veri evasori e che se frega se ha di fronte cittadini onesti ai quali arreca un danno irrimediabile».
TROPPE SPESE DA SOSTENERE. In questi due anni di lotta senza tregua, Menza ha accumulato tanta rabbia e «una gastrite di proporzioni cosmiche». Oltre alle spese economiche sostenute e ancora da sostenere: «Solo le fotocopie degli assegni sono costate 170 euro. Ma questa è una minuzia rispetto ai permessi lavorativi sprecati e alle spese legali che pagherò alla fine del procedimento civile».
GIUSTA LA CACCIA AGLI EVASORI. La voce che, però, pesa di più nel suo bilancio è la forte delusione «di fronte ai meccanismi del Fisco che stritolano»: «Ora», afferma, «comincia a maturare una certa rassegnazione all’idea di perdere questa casa che fa gola alle Entrate. E fa anche male pensare che se avessi realmente commesso un reato e subito dopo venduto il mio immobile a quest’ora sarei di certo stata meno appetibile per lo Stato».
Sui principi, però, non molla: «Andrò avanti con questa battaglia. I responsabili dovranno spiegare in tribunale le loro ragioni. Ritengo doverosi i controlli e urgente la caccia agli evasori», conclude Menza, «ma è anche arrivato il momento di fare chiarezza sulle modalità con cui opera l’Agenzia delle Entrate».
http://www.lettera43.it/economia/personal/perseguitata-da-equitalia_4367550064.htm
Mercoledì, 09 Maggio 2012
visto su comedonchisciotte.org e copiato e postato su questo blog.
Come sempre c'è gentaglia in giro.
Nessun commento:
Posta un commento