Giustizia. 27,200 errori giudiziari con ingiuste detenzioni. Adesso, basta.
Giuseppe Sandro Mela.
2019-01-28.
La giustizia è uno dei grandi malati di questa povera Italia.
Sembrerebbe quasi che assommi in sé tutte le incongruenze e tutte le contraddizioni di questo paese.
Di questi giorni la notizia che un poveraccio è rimasto 22 anni in carcere con la condanna per omicidio volontario mentre invece era innocente.
Nessuno si scandalizzerebbe se questo fosse un caso isolato: al contrario, si direbbe quasi che le condanne degli innocenti siano la norma.
«In Italia oltre mille casi all’anno di innocenti, finiti in carcere che vengono risarciti, ma in realtà sono molti di più»
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«Sulla base degli ultimi dati, che vanno dal ’92 alla fine dell’anno scorso, i casi sono oltre 27mila e 200»
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«lo Stato ha speso fino a oggi oltre 700 milioni di euro, pari a circa “28-30 milioni di euro in media ogni anno»
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«Quando si parla di innocenti in carcere bisogna distinguere tra ingiuste detenzioni ed errori giudiziari»
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«L’errore giudiziario è quello di Giuseppe Gulotta, che è stato condannato con sentenza definitiva, ma alla fine con un processo di revisione è stato assolto»
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«La stragrande maggioranza di casi in Italia è fatta da ingiuste detenzioni»
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«Si tratta di persone che finiscono in custodia cautelare, in carcere o agli arresti domiciliari, e poi, invece, risultano innocenti perché archiviati o assolti»
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Ci si rende conto di quanto il problema sia complesso e di non facile soluzione. In questa sede si vorrebbero mettere in luce solo alcuni aspetti a nostro sommesso avviso di particolare importanza.
– È la costituzione stessa che stabilisce la giustizia italiana come un organo autoreferenziale. Per entrare nella magistratura serve vincere un concorso in cui i commissari sono magistrati; si fa quindi il cursus honorum e saranno i magistrati stessi ad eleggersi gli organi di governo. Il Cittadino Elettore è tagliato fuori da ogni possibile influenza sul sistema giudiziario, che di fatto si configura come uno stato nello stato. Questa è un’anomalia tutta italiana: in molti paesi i magistrati sono elettivi, con periodi in carica variabili come durata. In molto altri paesi i magistrati sono nominati dalle strutture politiche. Al contrario di quasi tutti i paesi occidentali, l’autorità politica non ha in Italia il potere di rimuovere i giudici.
– I giudici applicano, ovvero dovrebbero, i dettami dei codici e delle leggi. Codici e susseguenti leggi sono la causa efficiente della farraginosità procedurale delle indagini e dei processi, la cui durata temporale è una funzione che tende all’infinito. Senza procedere allo snellimento procedurale ogni qualsivoglia altra iniziativa è semplicemente destinata al fallimento. I processi di lunga durata sono di per sé stessi fonti di iniquità.
– Un capitolo dolente è l’uso della detenzione preventiva. Se questa opzione sia in alcuni casi mandatoria, si constata come nella norma sia stata arbitrariamente imposta. Non solo: la lunghezza dei tempi di indagine la rende un equivalente di sentenza a pena detentiva senza che il tribunale si sia pronunciato. A dirla apertamente, è invalso l’suo prima di arrestare e quindi di cercare le prove che convalidino l’arresto, rovesciando quindi la sequenza che dovrebbe essere secondo giustizia. L’arresto sulla base di soli sospetti suona tanto da regime dittatoriale.
– Infine la responsabilità civile dei giudici. Anche con un minimo sospetto del tutto infondato un chirurgo è obbligato alle dimissioni, sempre che non sia licenziato, e se avesse sbagliato, dovrebbe pagare in prima persona. Resta impossibile capire come mai i giudici dovrebbero essere al di sopra del bene e del male: intoccabili. La netta percezione è che l’Anm ed il Consiglio Superiore sia solo organi deputati alla conservazione del potere.
– Ma la somma iniquità della giustizia in Italia risiede nell’aver abolito il segreto giudiziario. Se è corretto che i giudici indaghino qualsiasi persona senza guardare in faccia a nulla, sarebbe altrettanto vero che tali indagini dovrebbero diventare di pubblico dominio solo ad accuse provate ed a chiamata in giudizio. In caso contrario, le denuncie sono fatte non tanto per reprimere dei reati, quando piuttosto per poter fare un battage mediatico, mettere in batteria delle macchine del fango che distruggono reputazioni di galantuomini.
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Ricordiamoci sempre che Lavoisier, lo scopritore inter alias della legge di conservazione della massa, fu decapitato dai giacobini per aver ordinato all’osteria una frittata. «È bastato un momento per tagliare quella testa, e forse non basterà un secolo per generarne un’altra pari alla sua»
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Si è perfettamente consci della difficoltà di impostare e risolvere codesti problemi.
Nel contempo si è chiaramente coscienti che senza risolverli il paese non potrà mai funzionare in modo degno di una democrazia.
“In Italia oltre mille casi all’anno di innocenti, finiti in carcere che vengono risarciti, ma in realtà sono molti di più”. A denunciarlo, parlando con l’Adnkronos sono Valentino Maimone e Benedetto Lattanzi, fondatori del sito ‘errorigiudiziari.com‘, il primo e più grande archivio online con tutti i casi. “Sulla base degli ultimi dati, che vanno dal ’92 alla fine dell’anno scorso, i casi sono oltre 27mila e 200”. Per i risarcimenti lo “Stato ha speso fino a oggi oltre 700 milioni di euro”, pari a circa “28-30 milioni di euro in media ogni anno”.
“Negli ultimi anni, i fondi stanziati per questa voce di bilancio sono stati sempre di meno – spiegano -. Anche per questo è invalsa la prassi di una maggiore severità nella valutazione delle domande di risarcimento. Questo significa che del totale delle domande presentate, solo la metà viene accolta. Quindi la media di mille è probabilmente bassa, sono in realtà almeno il doppio”.
Quando si parla di innocenti in carcere bisogna distinguere tra ingiuste detenzioni ed errori giudiziari. “L’errore giudiziario è quello di Giuseppe Gulotta, che è stato condannato con sentenza definitiva, ma alla fine con un processo di revisione è stato assolto”.
La stragrande maggioranza di casi in Italia è fatta da ingiuste detenzioni. “Si tratta di persone che finiscono in custodia cautelare, in carcere o agli arresti domiciliari, e poi, invece, risultano innocenti perché archiviati o assolti”.
Tra le principali cause troviamo lo scambio di persona. “Si accusa uno al posto di un altro sulla base del riconoscimento da parte delle presunte vittime – fanno notare Maimone e Lattanzi -. L’esempio classico è quello della rapina in banca con il testimone oculare che sbaglia a individuare il responsabile nel riconoscimento fotografico”.
Sul banco degli ‘imputati’, denunciano, anche “le cosiddette scienze forensi”. “Le immagini delle telecamere di sorveglianza sono riconoscimenti antropometrici. Abbiamo decine di casi nel nostro archivio di persone che vengono apparentemente riconosciute dai fotogrammi, e poi si scopre che l’arrestato quel giorno era a 25 km di distanza”. Per quanto riguarda tutto il Sud Italia, aggiungono, “c’è la questione dei collaboratori di giustizia e dei pentiti”. “Per regolamenti di conti tra loro, tra famiglie, spesso accusano qualcuno che in realtà è innocente. Prima che si riesca a dimostrarlo, il malcapitato si fa anni di carcere”.
21 anni dietro le sbarre, il caso di Angelo Massaro
Un caso per tutti, quello di Angelo Massaro. “E’ stato 21 anni in carcere da innocente – spiegano dal sito ‘errorigiudiziari.com’ – per le intercettazioni telefoniche”. Il motivo? “Chi ascoltava la telefonata in dialetto tarantino alla moglie ha sentito ‘muert’, invece, di ‘muers’. Capiscono quindi che abbia detto alla sua signora: ‘guarda ho il morto dietro in macchina. Ma la cosa grave è che nessuno, in seguito, ha verificato, ha incrociato indizi e prove, approfondito, ragionato anche solo in base al buon senso”. “Chi ascoltava ha sentito male, distrattamente, velocemente, chissà come. Ma dal suo errore è scaturito un dramma per un uomo” concludono, sottolineando come “non sarebbe stato difficile dimostrare l’innocenza di Massaro, se solo si fosse indagato con precisione, scrupolo, professionalità”.
Oltre 66 milioni di euro per aver scontato anni di carcere da innocente. E’ il risarcimento, chiesto da Giuseppe Gulotta, vittima di un errore giudiziario per l’omicidio di due giovani carabinieri della caserma di Alcamo Marina del 26 gennaio del 1976. Arrestato e condannato all’ergastolo, quando aveva 18 anni, venne assolto dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria, dopo una lunga serie di processi e 22 anni passati dietro le sbarre. “I giudici stabilirono che la confessione venne estorta e gli venne riconosciuto un risarcimento di sei milioni e mezzo di euro” dice all’Adnkronos l’avvocato Baldassare Lauria, spiegando che il ragionamento della Corte è che “possono liquidare soltanto l’indennizzo per i giorni che Gulotta ha espiato in maniera indebita”.
“A ben vedere il giudice se gli portano un verbale falso sbaglia ma non è colpa sua. Compie un errore solo perché altri hanno fatto qualcosa che non dovevano”. “Per quanto riguarda l’atto illecito, compiuto dai carabinieri, sosteneva la Corte di Reggio – spiega il legale -, non può essere la magistratura: il loro errore è legato a condotte illecite di altri”.
C’è, poi, un secondo pilastro che è l’azione risarcitoria. “L’Italia nel 1984 firmò la convenzione di New York per la prevenzione della tortura in cui si impegnava a codificare il reato e, quindi, a predisporre una serie di strumenti per prevenirla. Ma è stato codificato soltanto nel 2016, cioè, a una distanza siderale rispetto all’84 – denuncia l’avvocato -. Nelle more è intervenuta anche la Corte europea dei diritti dell’uomo in merito ai fatti di Genova, condannando l’Italia per non aver previsto strumenti di prevenzione e il reato di tortura”.
L’azione ha, quindi, due destinatari. Da un lato, conclude l’avvocato, “l’Arma e dall’altro la Presidenza del Consiglio dei Ministri in quanto rappresentante dello Stato che ha omesso di adempiere agli ordini internazionali”.
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