Da diverso tempo si assiste ad una formidabile pressione politica, mediatica e culturale affinché in Italia venga concesso il diritto di sposarsi tra persone dello stesso sesso.
Siamo consapevoli che non tutte le persone con tendenze omosessuali rivendicano questo diritto; siamo anche consapevoli che le persone con tendenze omosessuali desiderano, come gli altri, sperimentare una vera relazione d’amore. Tuttavia siamo contrari alla introduzione nell’ordinamento giuridico italiano del cosiddetto matrimonio gay.
I fatti:
1. in Italia e in tutto il mondo occidentale il matrimonio è in crisi. A quanto pare, pochi vogliono sposarsi, e anche chi è sposato spesso ci ripensa. Eppure i gay sembrano non desiderare altro che il matrimonio.
2. I registri delle coppie di fatto sono desolatamente vuoti; evidentemente ai gay non interessa così tanto formalizzare il loro rapporto.
3. Le coppie omosessuali mancano delle due caratteristiche fondamentali del matrimonio: stabilità ed esclusività. Quindi un “matrimonio gay” non è possibile.
4. I diritti che, secondo i gay, vengono negati alle coppie omosessuali insieme al matrimonio sono già disponibili o possono esserlo grazie al diritto privato.
Perché, dunque, se non sono giustificabili, c'è tutta questa pressione a favore dei matrimoni gay?
1. Con l’approvazione dei matrimoni gay, i militanti omosessualisti vogliono mutare il comune sentire sull’omosessualità: se anche i gay possono sposarsi non c’è differenza tra omosessualità ed eterosessualità, a parte l'oggetto sessuale.
2. Non solo i gay, ma la finanza mondiale è totalmente schierata a favore dei matrimoni gay.
3. Dunque l’intera faccenda è una imponente campagna di manipolazione dell’opinione pubblica, un enorme tentativo di “cambiamento di paradigma” con lo scopo di indebolire i legami sociali e creare una massa di individui soli e vulnerabili.
Quali saranno le conseguenze dei matrimoni gay?
1. Nonostante l’ironia dei gay e dei loro potenti sostenitori, il matrimonio gay ha effetti negativi sulla famiglia.
2. La crisi della famiglia ha conseguenze negative sull’intera società: indebolendosi la famiglia viene meno l’ambiente ideale per la crescita e lo sviluppo dei bambini, il futuro della società; viene a mancare il principale ammortizzatore sociale; i vincoli sociali svaniscono rendendo la società una
massa di individui.
3. Il matrimonio gay avrà come conseguenza la diffusione dell’omogenitorialità, che priva i bambini della necessaria complementarietà genitoriale data dal fatto di avere una mamma ed un papà.
Difendiamo la famiglia! Tuteliamo la società! Proteggiamo i bambini!
No al matrimonio gay
No al matrimonio gay
I fatti
In Italia e in tutto il mondo occidentale il matrimonio è in crisi. A quanto pare, pochi vogliono sposarsi, e anche chi è sposato spesso ci ripensa. Eppure i gay sembrano non desiderare altro che il matrimonio.
Dal rapporto Separazioni e divorzi in Italia anno 2012 (1):
Nel 2010 le separazioni sono state
88.191 e i divorzi 54.160. Rispetto al 1995 le separazioni sono
aumentate di oltre il 68% e i divorzi sono praticamente raddoppiati.
Tali incrementi, osservati in un contesto in cui i matrimoni
diminuiscono, sono imputabili ad un effettivo aumento della propensione
alla rottura dell’unione coniugale.
In Europa i matrimoni sono in caduta vertiginosa (2): tra il 1980 ed il 2006 ci sono stati 737.752 matrimoni in meno. Gli europei si sposano poco e sempre più tardi. La media è di 31 anni per l’uomo e 29 per la donna.
Uno ogni tre bambini nasce fuori del matrimonio. Dei 5.209.942 nati nel 2006, 1.766.733 sono nati fuori dal matrimonio (33,9%).
Ci sono più di un milione di divorzi all’anno, con una cadenza di un divorzio ogni trenta secondi.
Dal 1996 al 2006 i divorzi sono stati circa 10,1 milioni, ed hanno coinvolto circa 15 milioni di
bambini.
Belgio, Lussemburgo e Spagna i paesi con il maggior numero in percentuale di divorzi. Per ogni
due matrimoni c’è un divorzio.
I fatti
I registri delle coppie di fatto sono desolatamente vuoti; evidentemente ai gay non interessa così tanto formalizzare il loro rapporto.
Lo dimostra un’inchiesta condotta da Assuntina Morresi e pubblicata su Il Foglio del 3 agosto 2005. Morresi ha verificato quante coppie omosessuali si sono iscritte ai registri delle coppie di fatto, nati per aggirare la mancanza di una legge che autorizzi i matrimoni omosessuali (3):
Quei registri non sono stati, almeno
finora, un successo. Il Giornale dell’Umbria, che del tema si è occupato
il 25 luglio, segnalava che sono solo cinque le coppie iscritte nel
comune di Perugia, due delle quali omosessuali. Nei registri dei comuni
di Gubbio, Spello e Cannara non è iscritto nessuno, mentre a Terni,
l’altro dei cinque comuni umbri dotati del registro, i dati non sono
disponibili. Nessun iscritto a Desio e a Voghera, mentre a Pisa, primo
comune italiano a istituire il registro nel 1998, nell’agosto 2004 si
contavano solo venti coppie iscritte. Il doppio rispetto a quelle del
2000, anno in cui solo una fra quelle registrate era omosessuale.
Insomma, un conto è descrivere Pisa come l’oasi degli omosessuali
d’Italia (lo fa Panorama nell’ultimo numero), un conto è misurare il
successo delle unioni civili, pochissimo praticate anche da chi potrebbe
farlo. A Firenze, alla nostra richiesta sul numero di coppie iscritte,
ci è stato risposto: poche. Alla fine dello scorso anno, risultavano
istituiti 28 registri in altrettanti comuni italiani, ma non è
disponibile un elenco pubblico dettagliato del numero delle adesioni. Ci
sono poi situazioni come quelle di Bologna, dove dal 1999 esiste
l’attestato di costituzione di famiglia affettiva. Da Repubblica
sappiamo che sono circa cento le coppie gay riconosciute in Italia dai
comuni del nostro paese con il registro delle unioni civili, mentre
Davide Santandrea, presidente della Nuova Gay Lesbica Nazionale, in un
comunicato stampa dello scorso 5 luglio lamenta il fatto che le
convivenze gay registrate negli elenchi comunali delle unioni civili non
raggiungono neanche il 10 per cento, e che i registri delle Unioni
civili tanto divulgati da Arcigay si sono manifestati un vero flop. In
conclusione, circa duemila persone (considerando etero e omosessuali) in
tutto.
Qualcuno potrebbe pensare che il fallimento dei registri delle unioni
civili sia l'effetto della cosiddetta “omofobia” (intesa come
atteggiamento negativo nei confronti dell'omosessualità) tipica di un
paese cattolico. Non è così. Nei paesi gay-friendly della penisola
scandinava i numeri sono altrettanto bassi: in Norvegia le unioni
omosessuali registrate sono lo 0,68 dei matrimoni naturali;; in Svezia
lo 0,55 (4).
I fatti
Le coppie omosessuali mancano delle due caratteristiche fondamentali del matrimonio: stabilità ed esclusività. Quindi un “matrimonio gay” non è possibile.
L'88% degli uomini e il 92% delle donne con tendenze omosessuali desidera un rapporto di coppia stabile, duraturo ed esclusivo (5).
La realtà, tuttavia, è ben diversa.
In Italia ha una relazione fissa una percentuale che va dal 39% (tra i 18 e i 24 anni) al 47% (tra i 35 e i 39 anni) degli uomini con tendenze omosessuali, ma la percentuale delle convivenze è molto più bassa: dal 7 % (tra i 18 e i 24 anni) al 19 % (tra i 35 e i 39 anni) rispetto a percentuali che nelle stesse fasce d'età vanno dal 2% al 90% nella popolazione italiana (percentuali alle quali va aggiunto un 2-3% di convivenze more uxorio) (6).
Oltre a questo, bisogna considerare che le «relazioni fisse» omosessuali non sono paragonabili a quelle «eterosessuali» né per durata né per esclusività.
Per le coppie omosessuali la parola durata non ha lo stesso significato che ha per le coppie eterosessuali: una coppia eterosessuale viene considerata “duratura” se dura almeno venticinque anni (7), ma una coppia omosessuale viene considerata duratura se dura almeno cinque anni.
Un terzo delle coppie omosessuali conviventi, infatti, dura meno di due anni; un terzo tra i due e i cinque anni e l’ultimo terzo più di cinque anni (8).
Lo stesso discorso vale per l’esclusività della coppia.
Secondo una ricerca, più della metà degli uomini con tendenze omosessuali in coppia da almeno un anno sostiene di aver avuto almeno un partner nel corso dell’anno; più di un terzo degli uomini dichiara di aver avuto almeno quattro partner nel corso dell’ultimo anno (9). Un’altra ricerca ha evidenziato come il 51% degli uomini con tendenze omosessuali ha avuto una relazione extra coppia (con punte del 66% per gli appartenenti alla borghesia e alla piccola borghesia) (10).
Inoltre, come si evince dalla stessa ricerca, il numero delle relazioni extra coppia cresce con l’aumentare della durata dell’unione, cosa che porta gli autori ad affermare che “[...] è probabile [...] che la stabilità dell’unione sia tanto maggiore quanto più la coppia è aperta”, ossia: stabilità e fedeltà, nelle coppie omosessuali, sono inversamente proporzionali (11).
Alla stessa conclusione sono arrivati due ricercatori statunitensi, McWhirter e Mattison, che hanno condotto un’indagine sulle coppie omosessuali negli Stati Uniti. Secondo i due autori
Solo sette coppie [sulle 156 del
campione] hanno una relazione sessuale totalmente esclusiva, e tutti
questi uomini sono stati insieme per meno di cinque anni. In altri
termini, tutte le coppie con una relazione che dura più di cinque anni
hanno fatto loro un accordo che prevede attività sessuali al di fuori
della relazione (12).
Secondo McWhirter e Mattison quando si parla di coppie omosessuali la parola fedeltà (come la parola durata) assume un significato diverso rispetto a quando ci si riferisce alle coppie eterosessuali. Lungi dal significare esclusività, essa [...] non è definita in termini di comportamento sessuale ma piuttosto dall’impegno emotivo reciproco (13).
Per farsi un'idea obiettiva sulla natura delle unioni omosessuali bisogna considerare anche il tasso di divorzi per le unioni omosessuali. I demografi Gunnar Andersson e Turid Noak hanno rilevato che le coppie omosessuali maschili in Svezia hanno un tasso di divorzi del 50% superiore a quello dei matrimoni eterosessuali; le coppie omosessuali femminili, nello stesso paese, hanno una percentuale di divorzio del 167% superiore alle coppie eterosessuali (14).
I fatti
I diritti che, secondo i gay, vengono negati alle coppie omosessuali insieme al matrimonio sono già disponibili o possono esserlo grazie al diritto privato.
È già possibile estendere al convivente tutti i diritti spettanti alle coppie sposate tramite tutele previste dalla legge e il diritto privato (15).
Perché
Con l'approvazione dei matrimoni gay, i militanti omosessualisti vogliono mutare il comune sentire sull'omosessualità: se anche i gay possono sposarsi non c'è differenza tra omosessualità ed eterosessualità, a parte l'oggetto sessuale.
Il nucleo dell'ideologia gay può essere riassunto nel modo seguente (16):
Specificamente, vogliamo che i “normali”
pensino che non abbiamo scelto l'omosessualità più di quanto loro
abbiano scelto la “normalità”; che è una condizione legittima e sana; e
che, quando veniamo trattati con rispetto e affetto, siamo felici e
psicologicamente stabili quanto loro.
Si tratta di una frase tratta da un libro importante, purtroppo non tradotto in italiano: After the ball. How America will conquer its fear & hatred of Gays in the 90's. Gli autori sono Marshall Kirk, ricercatore in neuropsichiatria, logico- matematico e poeta (17), e Hunter Madsen, esperto di tattiche di persuasione pubblica e social marketing (18).
Secondo gli autori, il movimento gay degli anni 1970 e 1980, ispirandosi al modello marxista (19), ha collezionato una serie di fallimenti che hanno reso la comunità gay ancor più isolata e malvista dal resto della popolazione.
Gli anni '90 del secolo scorso presentano tuttavia una nuova possibilità per rilanciare la rivoluzione omosessualista. Cosa rende questi anni particolarmente favorevoli a essa?
“Per quanto cinico possa sembrare,
L’AIDS ci dà una possibilità, benché piccola, di affermarci come una
minoranza vittimizzata che merita legittimamente l’attenzione e la
protezione dell’America” (20).
Kirk e Madsen intendono analizzare il fallimento e proporre strumenti concreti per sfruttare la nuova possibilità offerta dall’AIDS al movimento gay:
“Pensiamo a una strategia accurata e
potente quanto quella che i gay sono accusati dai loro nemici di
perseguire - o, se preferite, a un piano altrettanto manipolatorio
quanto quello sviluppato dai nostri stessi nemici. [...] I gay devono
lanciare una campagna sul larga scala che noi abbiamo chiamato Waging
Peace campaign - per raggiungere gli eterosessuali attraverso i media
commerciali. Stiamo parlando di propaganda” (21).
Il concetto di famiglia ha, nella strategia propagandistica di Kirk e Madsen, un ruolo fondamentale.
Gli attivisti omosessualisti non devono demonizzare l’istituzione familiare, come è avvenuto negli anni Settanta:
“La loro retorica antifamilista non ha
senso. La triste verità è che, nella vita reale, l'individualismo
assoluto produce solo isolamento assoluto e solitudine assoluta. [...]
nello stile di vita gay - se un simile caos può, nonostante tutto,
essere definito legittimamente stile di vita -, semplicemente non
funziona: non assolve le due funzioni per le quali tutti i contesti
sociali evolvono [...]. Le basi migliori per una relazione [...] è il
desiderio di ogni membro della coppia di donare all'altro [...] con
l'intenzione di aiutare il proprio amante a svilupparsi, crescere come
persona, diventare il meglio che può essere. [...] Ma molte delle (rare)
durevoli relazioni omosessuali che noi abbiamo conosciuto non erano
affatto così. Troppi gay creano una coppia non per amore, ma per
convenienza sessuale” (22).
Tutto questo crea una brutta immagine dell’omosessualità, ed allontana l’obiettivo dell'accettazione sociale.Per questo motivo, dicono gli autori, il nuovo obiettivo propagandistico degli attivisti omosessualisti è quello di indurre l’opinione pubblica a credere che i gay desiderano la vita familiare esattamente come gli eterosessuali:
“Noi non stiamo combattendo per sradicare la Famiglia: stiamo combattendo per il diritto a essere Famiglia” (23).
Questo obiettivo è stato accolto dalla principale associazione omosessualista italiana, l’Arcigay (24):
Si apre un pubblico dibattito sulle
unioni civili, che sempre più diventano la questione prioritaria
nell’agenda dell’Arcigay. E questo non accade perché migliaia di coppie
omo scalmanate diano l’assedio al quartier generale per poter coronare
il loro sogno d’amore. Anzi, il numero delle coppie disposte a
impegnarsi per avere il riconoscimento legale è addirittura trascurabile
[...]. Ma il punto vero è che le unioni civili sono un obiettivo
simbolico formidabile. Rappresentano infatti la legittimazione
dell’identità gay e lesbica attraverso una battaglia di libertà come
quelle sul divorzio o sull’aborto, che dispone di argomenti semplici e
convincenti: primo fra tutti la proclamazione di un modello normativo di
omosessualità risolto e rassicurante. Con la torta nel forno e le
tendine alle finestre, come l’ha definito una voce maligna. Il messaggio
è più o meno il seguente: i gay non sono individui soli, meschini e
nevrotici, ma persone splendide, affidabili ed equilibrate, tanto
responsabili da desiderare di mettere su famiglia. Con questo look
“affettivo” non esente da rischi di perbenismo si fa appello ai
sentimenti più profondi della nazione e si vede a portata di mano il
traguardo della normalità. [...] A questa porta si bussa con
discrezione, assicurando che non si vuole assolutamente il matrimonio
omosessuale: questa prospettiva fa inorridire gli stessi gay. E nemmeno
si rivendica la possibilità di adottare figli per le coppie omo, perché i
tempi non sono maturi. Ci si accontenterebbe di regolare la questione
dell’eredità, della pensione, dell’affitto, della reciproca assistenza
fra i partner.
Questo è dunque il motivo dei matrimoni omosessuali. Lo spiega, in modo esplicito e sintetico, Franco Grillini, presidente onorario dell'Arcigay, parlando di “matrimonio” gay (25):
CLAUDIO SABELLI FIORETTI: Ma perché volete sposarvi?
FRANCO GRILLINI: Intanto è una questione di principio. I cittadini omosessuali devono essere considerati alla stregua di qualunque altro cittadino e quindi devono avere gli stessi diritti. Gli eterosessuali hanno il diritto di sposarsi. Perché gli omosessuali no?
CFS: La questione di principio l'ho capita. Ma mi chiedo perché abbiate questo desiderio. Un desiderio che negli eterosessuali va scemando...
FG: L’esistenza di una legge che consenta alle persone omosessuali di accedere all’istituto del matrimonio o agli istituti equivalenti non implica l’obbligo di usarla. Basta che ci sia. Se poi uno vuole la usa, se non vuole non la usa. L’esistenza di un diritto non obbliga di avvalersi di questo diritto.
CFS: Come l'aborto.
FG: Bravissimo! È esattamente come l’aborto. Nessuno è obbligato ad abortire. Però deve esserci la libertà di farlo. Una legge ha solo il compito di garantire un diritto, ma è anche un fatto educativo. Se esiste una legge che consente agli omosessuali di sposarsi o di accedere a un istituto simile è ovvio che diventa un fatto culturale perché si riconosce nei fatti l’esistenza delle persone omosessuali e si garantisce dignità alle persone omosessuali, anche a quelle che non si sposano, anche a quelle che non utilizzano i Pacs o i Dico. Insomma, la battaglia è rilevante prima di tutto sul piano simbolico, dell’uguaglianza, dell’equità.
FRANCO GRILLINI: Intanto è una questione di principio. I cittadini omosessuali devono essere considerati alla stregua di qualunque altro cittadino e quindi devono avere gli stessi diritti. Gli eterosessuali hanno il diritto di sposarsi. Perché gli omosessuali no?
CFS: La questione di principio l'ho capita. Ma mi chiedo perché abbiate questo desiderio. Un desiderio che negli eterosessuali va scemando...
FG: L’esistenza di una legge che consenta alle persone omosessuali di accedere all’istituto del matrimonio o agli istituti equivalenti non implica l’obbligo di usarla. Basta che ci sia. Se poi uno vuole la usa, se non vuole non la usa. L’esistenza di un diritto non obbliga di avvalersi di questo diritto.
CFS: Come l'aborto.
FG: Bravissimo! È esattamente come l’aborto. Nessuno è obbligato ad abortire. Però deve esserci la libertà di farlo. Una legge ha solo il compito di garantire un diritto, ma è anche un fatto educativo. Se esiste una legge che consente agli omosessuali di sposarsi o di accedere a un istituto simile è ovvio che diventa un fatto culturale perché si riconosce nei fatti l’esistenza delle persone omosessuali e si garantisce dignità alle persone omosessuali, anche a quelle che non si sposano, anche a quelle che non utilizzano i Pacs o i Dico. Insomma, la battaglia è rilevante prima di tutto sul piano simbolico, dell’uguaglianza, dell’equità.
Perché
Non solo i gay, ma anche la finanza mondiale è totalmente schierata a favore dei matrimoni gay.
Jeff Bezos, il fondatore di Amazon, ha donato 2,5 milioni di dollari a favore del matrimonio omosessuale (26).
Nel 2008 la Apple fece una ingente donazione in difesa del matrimonio gay in California; Google ha donato 140.000 dollari per la stessa causa (27).
Nel febbraio dell’anno scorso Lloyd Blankfein, il numero uno della banca d’affari Goldman Sachs, è apparso in un video dell’associazione Human Rights dichiarando:
“Sono il presidente e AD di Goldman
Sachs - afferma - e sostengo da tempo l’uguaglianza nel matrimonio. Le
imprese Usa hanno imparato da tempo che l'uguaglianza è una buona cosa
per gli affari e che questa è la buona cosa da fare. Unitevi a me così
come la maggioranza degli americani che sono a favore dei matrimoni gay”
(e ovviamente il Corriere della Sera si è affrettato a divulgare queste
importanti dichiarazioni) (28).
Per quale motivo il presidente di Goldman Sachs, in piena crisi economica, sente l’impellente dovere di promuovere il matrimonio gay (e non altre cause umanitarie come, ad esempio, la tutela di anziani e disabili di fronte al diffondersi dell’eutanasia)?
Negli Stati Uniti l’associazione Human Rights Campaign pubblica ogni anno il Corporate Equality Index (CEI), una classifica delle principali aziende statunitensi più gay-friendly (29). Nel CEI sono elencate importanti aziende quali American Express, Deutsche Bank, Hewlett-Packard, Disney, Ford, Johnson & Johnson, Kraft, Levi Strauss & Co., Motorola, MTV.
Quale interesse perseguono queste aziende promuovendo i matrimoni gay?
Conseguenze
Nonostante l’ironia dei gay e dei loro potenti sostenitori, il matrimonio gay ha effetti negativi sulla famiglia.
Quando gli attivisti gay vogliono ridicolizzare i timori dei conservatori circa le conseguenze dell'introduzione del matrimonio omosessuale sulla famiglia tradizionale, citano soprattutto le ricerche di Darren Spedale, imprenditore ed avvocato fondatore della più importante associazione di imprenditori GLBTQ (30).
Spedale ha verificato il numero dei matrimoni in Danimarca (che ha legalizzato le unioni omosessuali nel 1989), Norvegia (1993) e Svezia (1994) e ha scoperto che in Danimarca, tra il 1990 e il 1996, i matrimoni naturali sono aumentati del 10% mentre il numero di divorzi tra persone di sesso diverso è diminuito del 12%. Sulla base di questi dati Spedale e Eskridge deducono che l’allarme dei conservatori per il matrimonio naturale è isterico e irresponsabile.
L’antropologo Stanley Kurtz ha verificato i dati di Spedale ed è giunto a conclusioni opposte (31).
Se è vero, ad esempio, che in Danimarca e nella penisola scandinava il numero di divorzi è diminuito negli anni ‘90, è anche vero che negli anni precedenti a quelli presi in considerazione da Spedale, il numero di matrimoni è crollato. E “non puoi divorziare se prima non si sei sposato”.
E che dire dell’aumento del 10% dei matrimoni danesi riscontrato da Spedale?
Innanzitutto che non è una tendenza: secondo Eurostat, nel 2001 il numero di matrimoni è tornato a scendere sia in Svezia che in Danimarca. Secondariamente, i dati sul matrimonio in paesi dove i numeri assoluti sono così bassi vanno maneggiati con molta cautela (la Svezia ha fatto registrare la percentuale più
bassa mai registrata nel 1997, guarda caso appena fuori dall'intervallo considerato da Spedale) (32).
Kurtz propone un'analisi ancora più approfondita della situazione in questi paesi. Ad esempio, segnala che in Norvegia c'è una tendenza molto radicata a sposarsi dopo la nascita del secondo figlio, o a risposare la stessa moglie o lo stesso marito dopo aver divorziato.
Introduce poi altri indicatori, ad esempio il “tasso di dissoluzione della famiglia” o le “nascite fuori dal matrimonio”.
Il “tasso di dissoluzione della famiglia” è diverso dalla percentuale dei divorzi: poiché il numero dei bambini nati al di fuori del matrimonio, nei paesi del nord Europa, è elevatissimo, la fragilità della famiglia non si può misurare con la percentuale di divorzi, bensì con la frequenza delle separazioni tra genitori (sposati o meno). Attualmente, in Scandinavia (come in tutto l'Occidente) le coppie di fatto si separano con una frequenza da due a tre volte superiore a quella delle coppie sposate.
Considerando poi le “nascite fuori dal matrimonio”, è evidente come i toni ottimisti di Spedale siano fuori luogo. Tra il 1990 e il 2000 i tassi di natalità fuori dal matrimonio sono saliti dal 39% al 50% in Norvegia, dal 47% al 55% in Svezia. In Norvegia il livello si è mantenuto più o meno stabile, attorno al 45-46%, ma anche per la tendenza a sposarsi in coincidenza della nascita del secondo figlio. In Danimarca circa il 60% dei primogeniti ha genitori non sposati.
Da questi dati emerge chiaramente come, contrariamente a quanto affermato da Spedale, non esiste un effetto tra introduzione del matrimonio omosessuale ed un rafforzamento della famiglia (naturale o omosessuale), bensì un declino inarrestabile dell’istituzione familiare. Esiste quindi una correlazione negativa tra introduzione del matrimonio gay e la salute dell’istituzione familiare. Una correlazione, tuttavia, non indica necessariamente una relazione causa-effetto. Il declino dell’istituzione familiare è causato dall’introduzione delle unioni omosessuali, oppure le due cose non sono direttamente collegate?
Secondo Kurtz, la crescente fragilità familiare in Danimarca e nella penisola scandinava ha diverse cause, la prima delle quali è il welfare state (e la conseguentemente elevata pressione fiscale) che rende ogni membro della famiglia (bambini inclusi) indipendente dagli altri a livello economico, ma dipendente dallo stato. La famiglia ha dunque perso sia il ruolo di “agenzia educativa” sia quello di
“ammortizzatore sociale”.
La seconda causa individuata da Kurtz è l’ideologia femminista (e di genere), molto diffusa in quei paesi, che preme perché il matrimonio sia sostituito dalla semplice coabitazione.
E i matrimoni gay?
Kurtz cita la demografa inglese Kathleen Kiernan la quale ha diviso il continente europeo in tre zone: i paesi nordici, nei quali si hanno i tassi più elevati di coabitazioni e di nascite fuori dal matrimonio;; un secondo gruppo intermedio, composto da Olanda, Belgio, Regno Unito e Germania; infine i paesi del sud dell’Europa (Spagna, Portogallo, Italia, Grecia e fino a poco fa Svizzera e Irlanda), nei quali si registra una forte resistenza alla coabitazione, alla dissoluzione familiare e alle nascite fuori dal matrimonio (33). Una ricerca del Max Plank Insitute del 2002 ha confermato questi dati, aggiungendo però che i tassi più bassi di dissoluzione familiare e di nascite fuori dal matrimonio si hanno in paesi cattolici (34). Ma questi dati sembrano anche essere connessi con l’introduzione delle unioni omosessuali. Quando, all’inizio degli anni Novanta, i paesi del nord Europa legalizzarono le unioni omosessuali, il tasso di nascite fuori dal matrimonio negli stessi paesi era già elevato; tuttavia, questo indicatore si è alzato anche nei paesi del gruppo intermedio in coincidenza della legalizzazione delle unioni omosessuali, mentre è rimasto basso nel terzo gruppo di paesi, caratterizzati da una forte presenza cattolica.
Kurtz analizza in modo particolare l’esempio della Norvegia che, rispetto a Svezia e Danimarca, ha una presenza religiosa più forte ed una opinione pubblica più conservatrice. In Norvegia il tasso di dissoluzione della famiglia e di nascite fuori dal matrimonio era sensibilmente più basso rispetto agli altri due paesi; ma dalla legalizzazione del matrimonio gay questi indicatori sono saliti conformandosi a quelli dell’intera area nord europea.
Questi dati permettono a Kurtz di concludere che la legalizzazione dei matrimoni gay è legata alla dissoluzione della famiglia, e ne è sia la causa che la conseguenza. Del resto, sintetizza il demografo, se la legge slega il concetto di matrimonio a quello di riproduzione per consentire i matrimoni gay, riducendolo a semplice legame tra due persone, perché questo non dovrebbe valere anche per le coppie eterosessuali? Abbiamo infatti visto come la nascita di un figlio è legata al matrimonio: diverse coppie, soprattutto in Norvegia, decidono di sposarsi con la nascita del secondo figlio. Se la legislazione, però, spezza anche questo seppur debole legame tra la genitorialità e il matrimonio, in che modo la famiglia dovrebbe beneficiarne? Infatti in Norvegia all’inizio degli anni ‘90 il 60% delle coppie conviventi aveva solo un figlio; nel 2001 il 56% di queste coppie aveva due o più bambini. La tendenza a sposarsi con la nascita del secondo figlio sta scomparendo: le coppie smettono di sposarsi, indipendentemente dal numero di figli che hanno (35).
Da questi dati appare evidente come la legalizzazione delle unioni omosessuali ha un effetto sulla famiglia tradizionale, e questo effetto è negativo.
Conseguenze
La crisi della famiglia ha conseguenze negative sull’intera società: indebolendosi la famiglia viene meno l’ambiente ideale per la crescita e lo sviluppo dei bambini, il futuro della società; viene a mancare il principale ammortizzatore sociale; i vincoli sociali svaniscono rendendo la società una massa di individui.
Qualche tempo fa Riccardo Cascioli ha intervistato Allan C. Carlson, statunitense esperto della famiglia, chiamato da Reagan nella Commissione per i bambini, direttore di riviste specialistiche e autore di diversi volumi sulla famiglia (36).
Professor Carlson, la questione della
legalizzazione delle unioni di fatto e delle unioni omosessuali è un
processo globale. Da dove nasce questa spinta?
Indubbiamente negli ultimi quaranta anni
è cresciuto enormemente un movimento internazionale che ha come scopo
quello di eliminare il matrimonio, base della famiglia. È un’alleanza
che ha messo insieme i sostenitori della rivoluzione sessuale, del
controllo delle nascite, del ‘divorzio facile’, della contraccezione e
così via. L’obiettivo è quello di indebolire se non distruggere il
rapporto tra matrimonio e procreazione. La legalizzazione delle unioni
omosessuali è soltanto una logica conseguenza di questo desiderio di
separare la procreazione dal matrimonio, che vuol dire avere figli e
crescerli.
Ma perché si vuole distruggere il matrimonio?
È il frutto dell’ideologia statalista
che affonda le radici nella Rivoluzione francese e di cui si è fatto
storicamente interprete il movimento socialista. Si vuole eliminare
tutto ciò che sta tra il governo e l’individuo, per questo la famiglia
fondata sul matrimonio – società autonoma e originale – è il nemico
numero uno. Il modo più semplice per eliminare il matrimonio è
allargarlo, assimilandovi altre forme di unione. Cancellando cioè il suo
essere unico e speciale.
Conseguenze
Il matrimonio gay avrà come conseguenza la diffusione dell’omogenitorialità, che priva i bambini della necessaria complementarietà genitoriale data dal fatto di avere una mamma ed un papà.
Mark Regnerus è professore associato di sociologia presso l’Università del Texas ad Austin. Nel luglio 2012 ha pubblicato una ricerca che dimostra come esistano significative differenze tra i figli cresciuti in coppie tradizionali e da genitori omosessuali (37). In particolare, essi sono più soggetti a pensieri suicidari, alla fragilità nelle relazioni, a disturbi psicologici e problemi sociali. Si tratta dello studio su questo argomento con il campione più grande in assoluto (2.988 persone tra i 18 e i 39 anni) e con un campione statisticamente rappresentativo della popolazione statunitense.
Come tutte le ricerche sociologiche e psicologiche, questa non è la ricerca perfetta. Il principale difetto di questa ricerca è che, invece di chiedere agli intervistati se erano stati cresciuti da una coppia gay, Regnerus ha chiesto se il padre o la madre avevano avuto almeno un rapporto omosessuale, a prescindere dalla sua durata e caratteristiche. E in caso affermativo li ha definiti “genitori gay”.
Al di là di questo errore, comunque, la ricerca di Regnerus è, tra quelle su questo argomento, la più seria e quella condotta con i più rigidi criteri scientifici (38).
Risorse
Luca di Tolve, Ero Gay, Piemme, 2011;
Chiara Aztori, Il binario indifferente. Uomo e donna o GLBTQ?, SugarCo, 2012;
Giancarlo Ricci, IL PADRE DOV’ERA. Le omosessualità nella psicanalisi, SugarCo, 2013;
Walt Heyer, Paper Genders. Il mito del cambiamento di sesso, SugarCo, 2013;
Joseph Nicolisi, Omosessualità maschile: un nuovo approccio, SugarCo, 2009;
Van Den Aardweg Gerard, Omosessualità & speranza, Ares, 2009;
Dawn Stefanowicz, Fuori dal buio: la mia vita con un padre gay, Ares, 2012.
Fonte > http://www.prolifenews.it/
1 - http://www.istat.it/it/archivio/66665, consultato il 5/2/2013
2 - http://www.fides.org/spa/documents/Informe_Evolucion_Familia_Europa_2008_def_esp.pdf, consultato il 5/2/2013
3 - http://www.salutefemminile.it/Template/detailArticoli.asp?IDFolder=176&IDOggetto=5788, consultato il 30/3/2011
4 - http://old.nationalreview.com/kurtz/kurtz200402050842.asp, consultato il 18/6/2011
5 - Cfr. MARZIO BARBAGLI, ASHER COLOMBO, Omosessuali moderni. Gay e lesbiche in Italia, Il Mulino, Bologna 2007, p. 204. Un’altra ricerca (CHIARA BERTONE, ALESSANDRO CASICCIA, CHIARA SARACENO, PAOLA TORRIONI, Diversi da chi? Gay, lesbiche, transessuali in un’area metropolitana, Guerini e associati, Milano 2003) riporta percentuali diverse: 71% degli uomini e 81% delle donne.
6 - Cfr. Ibidem. Secondo Chiara Bertone e altri (op. cit., p. 117) la percentuale degli uomini con tendenze omosessuali che ha una relazione “stabile” è del 50%, del 55% per le donne;; secondo questi autori, le convivenze omosessuali sono il 13% per le coppie maschili e del 21% per quelle femminili.
7 - http://www.istat.it/it/archivio/66665, consultato il 05/02/2013.
8 - Cfr. M. BARBAGLI, A. COLOMBO, Omosessuali moderni. Gay e lesbiche in Italia, op. cit., p. 205. Secondo Chiara Bertone e altri (op. cit., p. 121), le relazioni omosessuali durano in media 4,9 anni per le donne e 6,9 anni per gli uomini; la maggior parte delle relazioni stabili maschili terminano entro un anno (ibidem, p. 117).
9 - Ibidem, p. 128.
10 - Cfr. M. BARBAGLI, A. COLOMBO, Omosessuali moderni. Gay e lesbiche in Italia, op. cit., pp. 216 e 224 n. 7.
11 - Ibidem, p. 217.
12 - DAVID P. MCWHIRTER, ANDREW M. MATTISON, The male couple. How relationship develop, Reward Books, Englewood Cliffs (NJ) 1984, p. 252.
13 - Ibidem.
14 - http://www.uni-koeln.de/wiso-fak/fisoz/conference/papers/p_andersson.pdf, consultato il 18/6/2011.
15 - http://www.forumfamiglie.org/allegati/rassegna_8098.pdf, consultato il 5/2/2013
16 - MARSHALL KIRK, HUNTER MADSEN, After the ball. How America will conquer its fear & hatred of Gays in the 90’s, Plume, New York 1990, p. 379.
17 - Ibidem, p. 1.
18 - Ibidem.
19 - Cfr. il riferimento al marxismo del movimento gay italiano in GIANNI ROSSI BARILLI, Il movimento gay in Italia, Feltrinelli, Milano 1999; e in MARIO MIELI, Elementi di critica omosessuale, Feltrinelli, Milano 2002.
20 - M. KIRK, H. MADSEN, After the ball. How America will conquer its fear & hatred of Gays in the 90’s, op. cit., p. XXVII.
21 - Ibidem, p. 160.
22 - Ibidem, pp. 361, 363-634.
23 - Ibidem, p. 380.
24 - G. ROSSI BARILLI, Il movimento gay in Italia, op. cit., p. 212.
25 - CLAUDIO SABELLI FIORETTI intervista FRANCO GRILLINI, Gay. Molti modi per dire ti amo, Aliberti, Reggio Emilia 2007, pp. 11-12.
26 - http://thecaucus.blogs.nytimes.com/2012/07/27/amazons-founder-pledges-2-5-million-
in-support-of-same-sexmarriage/, consultato il 5/2/2013
27 - http://latimesblogs.latimes.com/technology/2008/10/apple-against-t.html, consultato il 5/2/2013
28 - http://dealbook.nytimes.com/2012/02/05/blankfein-to-speak-out-for-same-sex-marriage/, consultato il 5/2/2013.
29 - http://www.hrc.org/corporate-equality-index/, consultato il 5/2/2013
30 - WILLIAM N. ESKRIDGE JR., DARREN R. SPEDALE, Gay Marriage: for Better or for Worse?: What We've Learned from the Evidence, Oxford University Press, New York (NY) 2006.
31 - STANLEY KURTZ, The End of Marriage in Scandinavia. The "conservative case" for same-sex marriage collapses, in The weekly standard, 2 febbraio 2004, vol. 9, n. 20.
32 - Cfr. http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/eurostat/home, consultato il 18/6/2011.
33 - K. KIERNAN, H. LAND, J. LEWIS, Lone Motherhood in the Twentieth Century: from footnote to front page, Oxford University Press, Oxford 1998.
34 - Cfr. http://www.demogr.mpg.de/papers/working/wp-2003-004.pdf, consultato il 18/6/2011.
35 - http://old.nationalreview.com/kurtz/kurtz200402020917.asp, consultato il 18/6/2011
36 - http://www.donboscoland.it/articoli/articolo.php?id=3915, consultato il 5/2/2013
37 - MARK REGNERUS, How different are the adult children of parents who have same-sex relationships? Findings from the New Family Structures Study, in Social Science Research, vol. 41, n. 4, luglio 2012, pp. 752・770.
38 - LOREN MARKS, Same-sex parenting and children outcomes: A closer examination of the American psychological association brief on lesbian and gay parenting, in Sociale Science Research, vol. 41, n. 4, luglio 2012, pp. 735-751.
http://www.effedieffe.com/index.php?option=com_content&view=article&id=260292:perche-no-al-matrimonio-gay&catid=83:free&Itemid=100021
Nessun commento:
Posta un commento