mercoledì 31 ottobre 2018

Mi ha fatto piacere , ma anche dispiacere

Sapere da un video di Valerio Malvezzi che ci sono circa 800 o 1000 suicidi ogni anno, e che questi sono legati a ragioni economiche, mi ha fatto stare male. Ci sono già passato, e chi mi ha seguito dai tempi del blog su Leonardo, o mi ha sentito parlare nella redo room di Etleboro, sa che da oltre quattordici anni faccio presente che quando si fallisce, qui in Italia almeno, tutta la tua vita finisce. Mi fa piacere che si parli di questi temi, e che qualcuno ricordi ,come già ho fatto anch'io, che si ha timore del postino, se suonano alla porta, se squilla il telefono, se passa un'auto delle forze dell'ordine. Ricordo ancora di come ci si sveglia, in piena notte, di soprassalto, degli incubi, che si dorme agitati e di come si può parlare nel sonno o risvegliarsi quasi urlando: ci si scopre malati. Certo , si dirà, non è come scoprire di avere un tumore, si spera in ogni caso di guarire: il punto è che non si sa come, né chi ti può curare. C'è
un punto di partenza, c'è un qualcosa che sfugge , ed è che anche chi ci vuole e ci dà suggerimenti e consigli , quasi sempre dimentica: ed è che tu non hai soldi, non hai ,come si dice, disponibilità o se le hai sono ridotte. Per andare in terapia ci vogliono soldi, e andare in un centro di igiene mentale, perché tale è il nome, non è così facile: oltre al fatto che non è che vai e ti visitano o si dedicano a te come si vede nei film. In più essendo loro, come tutti, dei professionisti, ti mettono in lista, e ci possono volere anche mesi prima di essere visitati, e tu hai bisogno ora di aiuto. Il vecchio detto recita che gli amici bisogna capirli e aiutarli quando lo chiedono, quando ne hanno necessità, e non dopo un'ora o il giorno dopo o quando ci viene bene perché, quando magari ce ne ricordiamo, quando leggiamo distrattamente la sera un loro messaggio, ecco che può essere troppo tardi. Ricolleghiamo questo ai trafiletti che leggiamo nei giornali o nelle poche righe su google play edicola, scoprendo che qualcuno si è suicidato: pensiamoci, magari non ha trovato ascolto, non ha ricevuto aiuto nel momento in cui timidamente lo ha richiesto. O forse si vergognava, un po' come quando tu che sei fallito e gli altri che lo sanno cambiano marciapiede, evitano di incontrare il tuo sguardo (che tu già tieni basso per la vergogna che provi) perché temono che tu chieda soldi. Ora sapere che qualcuno fa in modo che non vengano dimenticate le vittime di economicidio , è un bene, mi fa piacere: testimoniare ,come ho fatto io col mio blog e come cerco di fare, non è servito a niente. Sì, scrivendo mi sarò sfogato, così come sono riuscito a non suicidarmi, ho subito un sacco di umiliazioni, sfratti coatti, ero e sono senza soldi e senza lavoro, sono oltre 14 anni che non verso contributi (e peccato perché ho oltre vent'anni di versamenti enasarco), non ho speranze. Le mie idee, anche quelle sul modo di lavorare nel settore arredamento per ufficio e per abitazione, o le hanno "prese" e messe in pratica altri (come quelle dei negozi che sono specializzati in un determinato settore, vedi riposo e relax) o sono direttamente superate e non più attuabili. Per farla breve, mi sento superato, oltre che inutile: non servo a nessuno (non voglio essere volgare, sennò avrei usato un'altra parola). Di persone come me, spero che ce ne siano poche: e che chi è finito fallito abbia trovato quello che io non sono riuscito a trovare, ovvero qualcuno che gli abbia permesso di ricominciare. Dicevo che il primo punto è il denaro. Ne serve poco per rimettersi in moto: occorre capire che non tutti i falliti o chi è in difficoltà economiche, e lo dico senza voler accusare nessuno, vivono al di sopra delle proprie possibilità o sono persone con le mani bucate. Se per voi avere un clio del 2000, a benzina e con impianto gpl (regalato da mio padre) sia un lusso, allora sì, è vero, sono stato uno che doveva vendersi l'auto per tagliare i costi: come già ricordato in altro post, una persona mi scrisse di vendere il cellulare (c'erano ancora i gsm quando me lo suggerì, era forse il 2006 se non erro). Le fedi le ho già vendute, e come sapete, proprio nel 2000 o 2001, mi svaligiarono la casa, catenine battesimali comprese. Quindi di che cosa mi posso ancora privare se non ho più niente? Ed ecco che la mentalità nascosta ma imperante viene fuori. E come, in che modo?Con la teoria, che di certo è valida per me e su di me, della selezione della specie: se le cose sono andate così, se sei stato dichiarato fallito, vuol dire che sei un incapace, non vali niente (anche qui non uso il turpiloquio come sarebbe d'obbligo). Ergo, è giusto che tu,che se messo di nuovo in moto faresti di sicuro dei danni, venga fermato, venga messo da parte. A fare altro, si direbbe, ma siccome non sei in grado di fare niente, aspetta e spera: vivrai di elemosine, finirai, se sei fortunato in un centro di accoglienza. E se Dio vuole forse avrai una pensione sociale. Il cartone, avendo venduto mobili e arredi, lo conosci bene: quello sarà il tuo letto il giorno in cui i tuoi genitori, dove ora sei ospite, saranno morti e sepolti. Questa è la verità: le cose stanno così. E' brutto doverlo ricordare. Ma tu non hai mai chiesto aiuto? Sì, non certo in modo diretto: non ho chiesto mandatemi dei soldi. Primo che non ho avuto il coraggio, poi perché avevo già subito l'onta, secondo me, di vedere i soldi delle provvigioni prima, e delle borse di studio di merito di mie figlie dopo, sequestrati dal curatore: preciso che dei soldi delle provvigioni, una parte, anche a suo dire, mi sarebbero dovuti arrivare, poco o molto che fosse; nel secondo caso, si scusò, dicendo che c'era stato un errore , e dopo sei mesi me li fece avere. Per questo motivo ho sempre avuto paura, e ne ho ancora adesso che il fallimento è stato chiuso perché non ci sono più beni in grado di soddisfare nessuno (i mobili in magazzino, l'auto, e tutto ciò che c'era di vendibile è stato venduto): ho avuto paura che se per caso mi fossero arrivati che so, 1000 euro, il curatore o chi per lui se ne sarebbe appropriato, me li avrebbe tolti. Avrei dovuto secondo lui, e me lo ha confermato quando sono andato a firmare i fogli per la chiusura del fallimento, lavorare in maniera anonima, cioè non figurare, e non avere conti correnti a mio nome.Non sa che non me li aprono neanche adesso, a distanza di anni dalla chiusura del fallimento. Ecco che avete saputo che cosa mi dispiace. Forse anch'io avrei dovuto piangere qui sul blog, magari sul primo blog che aveva numerosi lettori ed era pure citato sul web, ma non ho avuto il coraggio, e non certo per superbia o per orgoglio. 

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