lunedì 24 settembre 2018

Ridotte capacità mentali

Quante volte vi è capitato di sentirvi dire "ma quando imparerai , tu, a vivere"? Saper vivere è un'arte, ma distinguo sempre tra il trarre il massimo profitto da un'azione, e quindi dalla vita, e il capire o aver capito che cos'è la vita. E mentre nel primo caso, nonostante gli anni, forse potrei riuscire ancora a cavarmela, è il non aver capito che cosa ci sto a fare al mondo, con tutti gli annessi e connessi, che mi preoccupa. Quando poi le cose diventano serie, importanti, o si è chiamati a capire certe situazioni che la vita ci presenta, e quindi a dover dare risposte, ecco che lì casca l'asino: e in tanti, da me intervistati, non sanno che pesci prendere. Venendo a esempi concreti, nel mio caso, al 90% per grazia di Dio riprenderò a lavorare, inizialmente non nel mio campo, ma già il fatto di avere le giornate occupate e in qualcosa che non mi dispiace mi potrà appagare; ma ho il problema dei miei genitori. E il problema, come in parte vi avevo riferito, consiste in questo: mio padre e relativamente autonomo, sordità a parte, e avendo l'intestino assai ridotto, mangia e poco dopo deve andare in bagno; per il resto è tutto a posto, almeno per ora. Gli altri particolari sono dettagli, come la scarsa igiene, o il non saper cucinare e volerlo egualmente fare. Per lui e per me, la questione importante da affrontare ma sempre rinviata, è mia madre: diventata cieca, con demenza senile assai simile all'Alzheimer,
non ha per ora atteggiamenti violenti,usa il panno e ovviamente nel letto ha le traverse, e dulcis in fundo  "chiama ogni 5 minuti". Non è autonoma, mangia senza le posate con le mani o viene imboccata, usa il deambulatore: il fatto di doverla comunque assistere 24 ore su 24, è motivo di ansia, nervosismo,frustrazione . La sua giornata tipo si svolge più o meno così: verso le sei si sveglia e vuole andare in bagno, poi chiede il caffè , vuole mangiare qualcosa; da precisare che la cecità e la demenza le impediscono di sapere che ora è, e non si rende conto del tempo che passa. Dopo di che vuole sdraiarsi nel letto, che è senza sponde ma ho sistemato qualcosa per evitare che possa cadere, anche se mia madre è di "ridotte dimensioni", di statura non elevata. Il fatto che chieda di andare in bagno non deve far pensare che ami lavarsi, anzi è proprio il contrario. Nel frattempo mio padre, una volta che si accorge che "è tranquilla", cerca di tagliare la corda: per mille ragioni, alcune valide e altre solo comprensibili, ha necessità di uscire. Per tre giorni la settimana, viene una persona per 4 ore, al mattino, dalle 8 e mezza a mezzogiorno e mezza, mentre nei giorni pari, viene una OS per un'ora: sempre al mattino , in ogni caso. Il punto è che bisogna aprire la porta a queste persone e, se del caso, dare una mano o comunque ci deve sempre essere qualcuno: mio padre non è del tutto in condizioni di assolvere questo compito. Vuoi perché non ne ha voglia, e infatti si imbosca e si eclissa, e poi , quando appunto non ci sono né la ragazza né la OS, sclera e si incazza di brutto perché lei, mia madre, lo chiama e lo richiama, per un motivo o per un altro: non dimentichiamoci che le non ha la cognizione esatta del tempo che passa, e come capita spesso con gli anziani ti chiede o ripete la stessa cosa per due o tre volte, e magari si scusa pure se tu le fai presente che "te l'ho già detto" oppure "ma sei appena tornata dal bagno". A volte mia madre, come di sicuro succede anche ad altre persone, non sa cosa fare per cui, complice il fatto di non vedere, si stufa di "sentire" la tv e l'unico modo che ha di vivere, credo sia avere qualcuno con cui parlare : ritengo che poi si possa pure stufare, o almeno questo succede sopratutto con la OS, che non sopporta, dovuto al fatto che costei parla a voce alta e pure squillante, e nonostante questa ragazza venga per tre ore la settimana, quindi assai poco secondo me, perché le possa dare fastidio. Più o meno avete afferrato quale sia il problema o i problemi: mi chiedo se sia il caso che vada ,almeno mia madre, in un'istituto. Abitando nello stesso appartamento, cerco di fare quello che posso e anche di più: ma dopo 8 anni così, è difficile voler ancora andare avanti su questa strada. E non per il fatto di non essere retribuito perché avverto mio padre che mia madre lo chiama o perché spengo un fornello del gas o chiudo un rubinetto, o perché le porto dei dolci o rimango a parlare con lei: è vero che queste cose le faccio tutti i giorni, mentre qualche conoscente mi fa presente che anche lui compie gesti simili ma...una volta ogni dieci giorni e per..........................una o due ore. Ecco perché poi monta in me una sorta di rabbia perché non capisce, chi è al di fuori o appunto fa le stesse cose che faccio io ma le fa una tantum, che tutti i giorni, mattina e sera o notte, è tutta un'altra cosa e che anche in un'istituto "fanno i turni", hanno il giorno libero, godono dei giorni di ferie, e sono retribuiti. Io no. Mie sorelle se ne fregano, con la scusa che vivo in casa con i miei, per motivi che ho già spiegato ma che sintetizzo: fallito, ho perso la casa per colpa di un giudice (secondo me ovviamente), e sono da 14 anni che non lavoro o lavoricchio; miei sorelle e i miei non mi hanno aiutato economicamente, se non mio padre quando poi sono stato buttato fuori di casa dall'ufficiale giudiziario (seppure avessi figli minori: ma non essendo extracomunitario e non avendo occupato la casa, non godo degli stessi diritti e protezioni) con la presenza di carabinieri e ambulanza e assistenti sociali (che se ne sono fregati: per me case comunali o alloggi, non ce ne sono).    

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