domenica 3 giugno 2018
La regola del "ma , anche"
Regola che ovviamente non mi piace né mi trova d'accordo. Ho visto il programma , venerdì sera alla 21, a Canale fa 53 del Digitale: è stato interessante sentire parlare di fallimenti, di gente cui veniva presa la casa, sfrattati e bistrattati. Sarei anche voluto intervenire, ma debbo dire che, pur non essendo finiti i miei guai , non me la sono sentita. Dover ogni volta cercare di raccontare il tutto a partire dal principio, sintetizzando perché non c'è mai tempo, e sopratutto facendo di tutto per farsi capire, non è il massimo. Poi a mio parere ci sono anche delle inesattezze: non tanto nelle vicende personali, che solo chi le ha vissute può conoscere bene e nei dettagli, laddove io potrei solo fare ciò che viene fatto a me: dare un parere o esprimere un giudizio, come fanno e hanno fatto gli altri con me, non dandomi più né fiducia né offrirmi la seconda chance. Alcuni di loro , anch'essi falliti, alcuni imprenditori, non condannano chi delocalizza , chi espatria per cercare fortuna altrove: a suo tempo ,2004 ad esempio, ricordo, mi sono espresso contro le delocalizzazioni, contro chi scriveva "design made in Italy", e in modo particolare contro chi non ha più voluto quelli come me, e cioè gli agenti di commercio, chi ha utilizzato le nuove tecnologie per ridurre il personale, senza contare l'assenza di chi avrebbe dovuto e potuto intervenire per evitare i fallimenti stessi e non perdere le famose "competenze"(tecniche, di marketing, portafoglio clienti/entrature). Mi farebbe semmai piacere , non tanto che mi si desse ragione, quanto che si allargasse il discorso al modo che si ha di produrre e distribuire, e del perché è così. Aggiungo che non godo perché altri vivono ciò che ho vissuto io: mi dà un po' di fastidio che quando ho scritto e detto queste cose , nessuno se le è filato, se ne sono tutti sbattuti i coglioni. I migliori auguri all'imprenditore che dovrebbe dare una mano al governo. Del resto mi sembra di essere un fallito di serie C o D: non sono un vero imprenditore, men che meno artigiano, e se mi intendo di seghe e di un altro tipo, di un altro genere di seghe, comprese quelle mentali. Quindi faccio parte degli sfortunati, di quelli che se dovessero emigrare sarei a chiedere l'elemosina prima di venir preso a botte e rispedito a casa: non sono un artigiano, non so niente di elettricità, né so tirare su un muro , guidare un camion, cucinare o saldare o cose del genere. Non servo a un cazzo. Nelle varie trasmissioni tv, invece, tirano l'acqua verso costoro: chi sa pescare o arare i campi, impastare la pasta o il cemento, conosce le lingue, se anche è fallito, lui sì è una vittima. Quando invece è capitato a me, ecco che sono io che me la sono cercata e voluta. Abbiate pazienza, ma non ci sto.
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