mercoledì 25 settembre 2019

Vox Italia: Dio, patria e famiglia. Chi ha paura di Fusaro?

Lasciate ogni speranza, o voi ch’entrate: oscurati da Facebook già in partenza, tanto per cominciare. E se si prova a varcare la soglia del sito ufficiale, voxitalia.net, è Google a trasformarsi in Cerbero: sito pericoloso, potrebbero scipparvi la carta di credito e i dati sensibili. Aiuto! Non insperate mai veder lo cielo, specie se vi chiamate Vox Italia. Come mai tanta paura, per il neonato movimento ispirato e guidato dal giovane filosofo torinese Diego Fusaro? Basta fare un giretto sul web per farsene un’idea. Le reazioni vanno dalla minimizzazione all’irrisione, fino alla diffamazione. Cos’è Vox Italia? Un movimento, si legge, che nasce per
dar voce all’interesse nazionale. Slogan: “Pensare e agire altrimenti”, e muoversi “obstinate contra”, scrive Fusaro. «In direzione ostinata e contraria», avrebbe detto Fabrizio De Andrè, in un’Italia dove ancora esistevano menti come quella di Fabrizio De Andrè. «Il movimento – chiarisce Fusaro – unisce valori di destra e idee di sinistra». Più precisamente: «Valori dimenticati dalla destra e idee abbandonate dalla sinistra». Vox Italia si smarca dal «coro virtuoso del politicamente corretto», definito «superstruttura santificante i rapporti di forza del globalismo finanziario a beneficio degli apolidi signori del big business sradicato e sradicante».
Ecco, in una sola frase c’è tutto il lessico del fusarismo reale: superstruttura, santificazione, globalismo, apolidi, big business, sradicamento. Siamo lontani anni luce dalla Nutella di Salvini, dal “cambiare verso” di Renzi (coi suoi 80 euro) e dai proclami De Andrènano-peronisti dell’imbarazzante Di Maio che, dal balcone, sventolando la sua misera elargizione “di cittadinanza”, garriva: «Abbiamo sconfitto la povertà». La galassia garibaldina di Fusaro legge, studia, si documenta. E sono anni che analizza la rabbia di larghi strati di italiani. Sociologia economica: è andata in scena una stranissima lotta di classe a rovescio, scatenata dai super-ricchi contro il resto del mondo. Lo spiegò benissimo il compianto Luciano Gallino, docente dell’ateneo torinese, voce isolata – su “Repubblica”, nientemeno – nel coro sordomuto del mainstream. Il guaio, appunto, è che le voci-contro sono state accuratamente relegate in uno zoo ai margini, all’estrema periferia della città politica. Intellettuali dissidenti: Paolo Barnard docet. Se parli, il sistema ti elimina. Oppure sceglie qualcuno dai modi più “british” (come Fusaro, appunto) per poter dire: vedete, anche in televisione diamo voce all’antagonismo. Ma se poi un giorno il filosofo smette di fare solo il grillo parlante e fonda un partito?
«Il pensiero unico politicamente corretto ha valori di sinistra e idee di destra», spiega Fusaro sul sito di Vox Italia, chiarendo in modo esemplare il declino dell’ex sinistra che ha adottato la legge mercantilista del neoliberismo globalizzato. Fino agli anni Settanta, ricorda Barnard nel saggio “Il più grande crimine”, la sinistra sindacale era fortissima: ovvio che, per sbaragliarla, occorresse “comprare” i suoi leader, convincendoli a cambiare bandiera. Sarebbero stati gli unici a poter convincere il loro popolo, militanti ed elettori, a smettere di “fare la sinistra”, accettando le controriforme neoliberali: tagli al welfare, picconate sulla scuola e sulla sanità, amputazione dei sindacati, addio ai contratti di categoria e alle tutele storiche (articolo 18). E ancora: Stato minimo e turbo-privatizzazioni, criminalizzazione fobica del deficit, psicosi dell’inflazione. Risultati spettacolari: le strade italiane piene di buche fanno concorrenza a quelle del Ruanda, grazie al Patto di Stabilità che svuota le casse dei Comuni. Germania e Francia, come da copione, si sono comprate i marchi italiani d’eccellenza, dopo che il Pd ha votato i pieni poteri al governo Monti: la purga staliniana del Fiscal Compact, la rapina delle pensioni (legge Fornero) e lo stupro della Paolo BarnardCostituzione “più bella del mondo” con l’imposizione del pareggio di bilancio, cioè la morte civile per dannazione eterna, la condanna all’iper-tassazione perenne.
La vasta depressione introdotta dall’eclissi della sinistra (o a scelta, dal tradimento della sinistra perpetrato in tutto l’Occidente – Blair e Clinton, Schroeder, Mitterrand e poi Hollande, Prodi e D’Alema, fino a Renzi e Macron) ha trasformato in oceano il mare dell’astensionismo. Chi ha continuato a votare, in Italia, nel 2018 aveva scelto soprattutto Grillo. Il tempo di sedere nel Consiglio dei Ministri, e il Movimento 5 Stelle ha gettato la maschera. Fino all’estrema sfrontatezza di inchinarsi al Trattato di Aquisgrana, votando Ursula von der Leyen (il massimo rigore euro-tedesco) alla presidenza della Commissione Ue. Il voto-contro, nel frattempo ereditato da Salvini, è tornato all’opposizione in men che non si dica. E con tutte le magagne della Lega: il tradizionalismo familista e cattolico, il proibizionismo bigotto che demonizza la cannabis nel paese dove si spaccia la cocaina ai giardinetti, l’incapacità di discernere tra governo dell’immigrazione, lotta al traffico di esseri umani e doverosa assistenza ai derelitti. Oggi a Palazzo Chigi siede il signor Giuseppe Conte, scelto da Grillo, ma in realtà «emanazione diretta del potere vaticano che gestiva Andreotti», secondo Fausto Carotenuto, per decenni analista strategico dei servizi segreti italiani e Nato. E il bello è che Conte – vezzeggiato dai peggiori nemici dell’Italia – oltre che dai parlamentari 5 Stelle avvinghiati alla poltrona è sorretto dagli esodati delle ultime elezioni, i profughi del Pd ora sventrati dalla scissione renziana.
Alle europee ha votato solo un italiano su due. E dei votanti, uno su tre ha scelto Salvini. Ergo: la Lega è fuori gioco, e il governicchio “giallo-fucsia”, per dirla con Fusaro, è in mano a Bruxelles grazie ai prestanome nazionali del grande potere anti-italiano. Ce ne sarebbe abbastanza per ribaltare il tavolo. Per molto meno – l’esclusione di Rodotà dal toto-Quirinale e il niet di Mattarella contro Savona – il finto rivoluzionario Grillo (grandissimo attore) fu capace di evocare roboanti “marce su Roma”. Ora che tutti hanno capito di esser stati presi in giro dal Movimento 5 Stelle e dal suo patron genovese con annessa piattaforma Rousseau, si spalanca un vuoto cosmico in termini politici. Gli italiani (tranne i supporter incrollabili come Travaglio) guardano a Conte come a un tizio messo lì a congelare il bottino per conto terzi: non l’ha mai votato nessuno, il professore-avvocato, ma parla come se avesse stravinto le elezioni. Il sistema è alle corde: ormai inservibile Grillo come acchiappa-gonzi, si prova a riciclare disperatamente Renzi. Ci sarebbe un’unica verità da urlare, ma ovviamente nessuno si azzarda nemmeno a sussurrarla: e cioè che, con questa Ue non-democratica che fa da tappo, è semplicemente impossibile Diego Fusarosperare di rimettere in carreggiata il paese dei viadotti che crollano, del lavoro assente o precarizzato, dei cervelli in fuga, dei pensionati ricattati dalla paura della povertà fino alle fine dei loro giorni.
La parola-chiave sembrerebbe piuttosto semplice da pronunciare: democrazia. Sovranità del popolo votante, da Roma a Bruxelles. All’orizzonte, a parte Salvini e Meloni (col loro corredo storico non maneggevole per tutti) ora si affaccia il filosofo Fusaro. E di cosa sceglie di parlare? Del labirinto nel quale siamo finiti. «Il pensiero unico – afferma – si identifica valorialmente nel cosmopolitismo sans frontières, nel libertarismo post-identitario, nel progressismo senza limitazioni, nell’abbattimento di ogni autorità». Riecco la selva di “ismi” che contraddistingue la narrazione elitaria del fine intellettuale, con anche un tocco obbligatorio di francese. Avrebbe solidi argomenti, Fusaro. Ma perché si rifugia a sua volta nel suo impervio labirinto lessicale, per dire che il “pensiero unico” neoliberista è il nostro vero guaio? Infatti «si rispecchia idealmente nel competitivismo assoluto, nel sacro dogma della liberalizzazione del materiale e dell’immateriale, nella rimozione dei diritti sociali in nome della concorrenza planetaria al ribasso». Così ragiona – e pensa, e parla – l’allievo del “rossobruno” Costanzo Preve, teorico del “comunitarismo”, noto in realtà a pochissimi eletti nel paese di Crozza e Renzi, di Vaffa-Grillo e del Grande Fratello.
«Contro il pensiero unico – sostiene Fusaro, sempre sul sito di Vox Italia – occorre oggi avere idee di sinistra e valori di destra». E spiega: «Idee di sinistra: lavoro, diritti sociali, senso sociale della comunità». Non riesce a trattenersi, il filosofo: dopo il francese sfodera il latinorum (“bonum commune”) per indicare i beni comuni, da difendere mettendo mano alla «solidarietà antiutilitaristica», altro valore che definisce “di sinistra”. Poi c’è la controparte, che Fusaro intende come complementare. «Valori di destra: Stato nazionale patriottico come fortilizio contro la privatizzazione liberista, famiglia contro l’atomizzazione individualistica della società, lealtà e onore contro l’“impero dell’effimero” (Lipovetsky) e la superficialità consumistica liberal-libertaria». Lipovetsky? Fusaro si rivela il primo sponsor italiano di Wikipedia, cui costringe a ricorrere i suoi lettori. Letteralmente: “Gilles Lipovetsky (Millau, 24 settembre 1944) è un filosofo, scrittore e sociologo francese, Gilles Lipovetskyprofessore all’Università di Grenoble”. Un pensatore crossover, prima marxista e poi trans-capitalista: «Il bisogno del nuovo diventa più rapido nell’era di Internet e dei social media, che buttano giù le istituzioni tradizionali come la nazione e la famiglia».
Anche la “cultura” soccombe, secondo lui, in quanto le persone vanno ai musei più per turismo che per educazione, riassume sempre Wikipedia. «Il bisogno del nuovo stimola l’iperconsumismo, con le persone che cercano di tenersi in linea con le tendenze, e creando frustrazione presso i più poveri che non possono farlo». Archiviato per il momento l’imprescindibile Lipovetsky, solo evocato en passant, ai primi tre “valori di destra” (patria, famiglia e onore) Fusaro aggiunge il terzo (Dio), così tradotto: «Religione della trascendenza come opposizione ragionata al monoteismo idolatrico del mercato e all’ateismo nichilistico della forma merce». Voilà. «Poco importa se a destra diranno che siamo comunisti e a sinistra che siamo fascisti», si consola Fusaro: «È il prezzo da pagare per chi abbia il coraggio di procedere controcorrente, consapevole che il vecchio sta morendo e il nuovo fatica a nascere». In quanti seguiranno gli arabeschi linguistici del Fusaro-pensiero, il giorno che la sua nebulosa contestatrice riuscisse ad affacciarsi sul mercato elettorale? E cos’ha da temere, il collaudatissimo sistema Olof Palme con Fidel Castrodella sovragestione mainstream, da un intellettuale così onestamente alieno? Certo, in mezzo al campo di gioco (al netto della Lega) si nota l’assenza – spaventosa – di una robusta alternativa non-antisistema.
Al simbologo Gianfranco Carpeoro, saggista e massone progressista, Fusaro ricorda nientemeno che il “nazi-maoista” Franco Freda, il cui nome è legato all’eversione nera nei funesti anni di piombo. In realtà, Carpeoro “vota” per Olof Palme, il leader socialdemocratico svedese assassinato a Stoccolma nel 1986 alla vigilia della sua probabilissima elezione all’Onu, come segretario generale. Una carica allora prestigiosa: gli avrebbe dato ulteriore visibilità, permettendogli di ostacolare la nascita di questa Ue post-democratica, oligarchica, nemica dei popoli. La missione di Palme: tagliare le unghie al capitalismo, frenandone gli appetiti, e recuperare la funzione regolatrice dello Stato a protezione dei più deboli. Pari opportunità per tutti, uguale: fine del risentimento, dell’ostilità di classe, e abolizione del nemico. E’ sempre il potere, sostiene Carpeoro, a organizzare lo scontro investendo sulla paura e quindi sull’odio: il nemico di oggi fa comodo, ed è regolarmente sostituibile all’occorrenza col nemico di domani. Se ne esce solo in un modo: trovando il coraggio di un’ideologia su cui fondare un futuro credibile, abitabile dignitosamente da tutti. Dio, patria, famiglia e onore? Sembrano parole tratte dalle pagine più oscure del Novecento. Questo però non significa che Vox Italia non centri il punto, nella sua lucida analisi della crisi di oggi. E tanto per cambiare, non fanno bella figura i poteri che silenziano da subito il web della formazione di Fusaro.

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