Alla fine sappiamo dove si trova l’oro di Banca
d’Italia: metà a Roma, in via Nazionale, nella cosiddetta sagrestia, e
l’altra metà - ovvero 1.200 tonnellate - fra Stati Uniti, Svizzera e
Inghilterra. Di più non è stato precisato dai funzionari ai senatori 5
Stelle Molinari, Vacciano e Cioffi che, esercitando i poteri ispettivi
connessi alla carica, hanno ottenuto lunedì scorso di visitare
fisicamente i locali dove sono conservati i lingotti.
A dire il vero non hanno controllato il numero, né verificato il tenore
del metallo, ma pure dando per buono il dato, sarebbe ormai impossibile -
o meglio possibile solo in Italia - evitare che un procuratore della
Repubblica o Salvatore Nottola (Procuratore generale della Corte dei
Conti) aprano un’indagine. Aspettiamo.
Negli ultimi decenni l’Italia ha depositato almeno mille tonnellate
d’oro presso soggetti giuridici stranieri e, contemporaneamente, pagato
interessi stratosferici sul debito pubblico, in buona parte verso
soggetti esteri. Ma l’oro non è una commodity qualsiasi: ha valore
monetario e viene, appunto, considerato riserva. Qual è il contratto
sottostante al deposito? Quali sono gli accordi reali? Riferiscono (via
Facebook) i nostri senatori che il solerte funzionario di banca ha
precisato che una delle ragioni della scelta di tenere all’estero i
lingotti è “la vicinanza ai mercati”.
Ufficialmente si tratta di un Safe keeping deposit, cioè deposito
infruttifero. Ma non sono nate così le banche e le banconote? Il
mercante teneva presso di sé monete d’oro, a fronte di lettere di cambio
cartacee, con l’impegno a restituirle e nel frattempo ne era lui
l’utilizzatore. Se è un mero servizio, qual è il suo costo? O forse si
tratta di una garanzia, mai formalizzata a favore dei nostri creditori
internazionali?
E purtroppo, come ha ampiamente illustrato Bottarelli su queste pagine ( http://www.ilsussidiario.net/News/Economia-e-Finanza/2014/4/3/SPY-FINANZA-La-tagliola-dell-Ue-che-mette-in-svendita-l-Italia/488167/
) , non si tratta di ipotesi remota, ma di obblighi concreti scaturenti
da risoluzioni europee approvate negli ultimi anni. Se non riusciremo
(come quasi certamente accadrà) a portare al di sotto del 60% del Pil il
debito pubblico, saremo costretti a dare - basta lasciargliele tenere! -
le 1.200 tonnellate d’oro.
E, ingenuamente, i nostri senatori hanno chiesto anche: ma di chi è
l’oro di via Nazionale? E la risposta ottenuta - “di Banca d’Italia” -
si traduce ormai in quella più concreta “di Intesa SanPaolo, Unicredit,
Mps, Unipol, Allianz, Generali, ecc.” Perché con quella che è ormai
legge dello Stato, le quote di proprietà - prima teoricamente pubbliche -
sono state definitivamente iscritte nei bilanci di queste aziende
private.
E, così, mentre Grillo va in giro sui palcoscenici a raccontare dei 7
miliardi e mezzo (che in realtà sono un po’ meno) regalati alle banche, i
nostri tre piccoli eroi scoperchiano il vaso di “Pan d’oro” della
sagrestia. Il guadagno delle banche è molto semplicemente una lauta, ma
normale, commissione per il servizio di “portage”, prestato nello scippo
ai danni degli italiani di circa 80 miliardi (il valore attuale delle
2.500 tonnellate d’oro della Banca d’Italia).
P.S.: E non si tratta, caro Bottarelli, solo di miopia dei nostri
eletti: il disegno di mandare al Parlamento europeo inetti e incapaci è
di grande portata, attraversa tutte le forze politiche e mette in campo
le risorse più oscure. Non per nulla Casaleggio parla di macchina del
fango contro il Movimento e nel frattempo si propone l’espulsione del
senatore Molinari.
Gianfranco D'Atri
Fonte: www.ilsussidiario.net
Link: http://www.ilsussidiario.net/News/Economia-e-Finanza/2014/4/6/SPY-FINANZA-1-I-nuovi-misteri-sull-oro-italiano/488689/
6.04.2014
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=Forums&file=viewtopic&t=69566#top
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