domenica 28 settembre 2025

Succede in Marocco: La strage silenziosa di cani randagi in Marocco in vista dei Mondiali di Calcio del 2030 ( ma interessa poche persone )

 Una strage silenziosa si sta consumando in Marocco: migliaia di cani randagi sarebbero stati uccisi, avvelenati e bruciati, sotto l’occhio distratto della politica e delle istituzioni internazionali. Secondo le denunce delle associazioni animaliste marocchine e internazionali, in occasione del Campionato Mondiale di Calcio del 2030, che si terrà in vari Paesi (Spagna, Portogallo, Uruguay, Paraguay, Argentina e Marocco), il governo di Rabat starebbe perpetrando uno sterminio di cani con l’obiettivo di «abbellire» le città che ospiteranno la competizione calcistica. 

Attraverso una petizione, la People for the Ethical Treatment of Animals (PETA), associazione che si occupa attivamente di diritti per gli animali, ha accusato lo stato nordafricano di voler compiere un massacro in occasione dei mondiali e sterminare il «99% dei cani randagi (circa tre milioni) in tutto il paese»

Secondo le accuse, le autorità starebbero applicando metodi inumani per sbarazzarsi di questi animali; ad alcuni cani viene sparato indiscriminatamente in strada, sotto gli occhi delle persone presenti, altri sono bruciati vivi, mentre altri ancora vengono avvelenati attraverso l’uso di sostanze come la stricnina, altamente tossica e da tempo resa illegale in Europa. I cuccioli invece sarebbero separati dalle madri e chiusi in gabbie senza cibo né acqua e fatti morire di stenti.

A questa denuncia si sono aggiunte le testimonianze e il materiale foto e video diffuso dalla International Animal Coalition (IAWPC), che già da anni denuncia trattamenti aberranti applicati dal Marocco verso i cani randagi. La mattanza starebbe avvenendo nelle principali città del paese, generalmente interessate da un flusso turistico costante e in questo caso dai preparativi della competizione. 

Le autorità marocchine hanno negato i fatti e hanno affermato di agire secondo la legge; difatti nel 2025 il governo di Rabat ha approvato il disegno di legge 19-25 attraverso il quale si rinnova l’impegno nel contrastare il fenomeno del randagismo. Le misure prevedono sanzioni pecuniarie fino a 3000 dirham per coloro i quali vengono sorpresi a sostentare e prestare assistenza a cani in contesti pubblici. A questo si aggiunge l’obbligo di registrare i propri animali domestici su una piattaforma elettronica e fornire le documentazioni sanitarie. Alla base di queste nuove restrizioni ci sarebbe l’intento di arrestare la diffusione di malattie come la rabbia e diminuire l’insicurezza generale nelle strade.

Nonostante queste nuove misure, il governo nell’articolo 36 del medesimo disegno legge inasprisce le sanzioni e le pene detentive – fino a sei mesi di carcere – per chi tortura, uccide o ferisca intenzionalmente gli animali randagi.

Per monitorare e risolvere il problema del randagismo, il governo avrebbe dato vita ad una rete di rifugi e canili nei quali gli animali, dopo essere stati catturati, vengono diretti per essere sterilizzati, vaccinati e nutriti. Quest’ultima misura, perno sul quale si fonda la nuova legge, è stata utilizzata come risposta alle denunce ed in particolar modo alle accuse che affermano come le autorità catturino i cani per poi ucciderli in strutture definite “rifugi”.

Alla disumanità delle esecuzioni sommarie si aggiunge il pericolo dell’utilizzo di armi da fuoco in luoghi pubblici: la IAWPC afferma come siano state numerose le persone ferite da proiettili indirizzati agli animali e che molti bambini sono stati costretti al trauma di vedere i cani uccisi violentemente.

Le denunce mosse dalle associazioni animaliste hanno trovato inizialmente eco grazie ad un articolo della CNN, che è riuscito ad attirare l’attenzione del Parlamento Europeo. Attraverso un’interrogazione scritta diretta alla Commisione Europea presentata nel maggio del 2025 dall’eurodeputato del Partito Popolare Europeo (PPE) Fulvio Martusciello, si fa richiesta alla Commissione di valutare azioni a riguardo, facendo riferimento al partenariato strategico tra l’Unione e il Marocco e alla partecipazione di stati europei all’interno della competizione calcistica. Nonostante la richiesta, al momento l’interrogazione si è risolta con un nulla di fatto.

Se l’Europarlamento, seppur timidamente, ha dimostrato una parvenza di interesse in merito alla questione, il silenzio più assordante viene indubbiamente dalla FIFA.

Nonostante le accuse e le incursioni di attivisti durante lo svolgimento di alcune partite di calcio, il presidente della federazione calcistica Gianni Infantino ha deliberatamente preferito il silenzio. Difatti la FIFA non solo non ha risposto alle richieste di chiarimenti mosse dalle associazioni animaliste, ma continua a mostrare aperto sostegno al paese organizzatore, come dimostrato dai recenti viaggi di Infantino per presenziare alle inaugurazioni degli stadi di Rabat e Tanger. 

Non è la prima volta che la FIFA evita sfrontatamente di prendere posizione sulle accuse mosse da collettivi e associazioni nei confronti dei paesi organizzatori del mondiale di calcio. Già nel 2022 Infantino non si pronunciò sulle gravi violazioni dei diritti umani imposte dal Qatar sui lavoratori impiegati nella costruzione delle infrastrutture e degli stadi per la competizione. Anche in quest’occasione la federazione sembra non voler minimamente disturbare l’elefante nella stanza.

Il Marocco ancora una volta ha la possibilità di agire indisturbato sotto gli occhi di tutti: questo mondiale si celebrerà con la collaborazione delle istituzioni europee mentre il governo di Rabat impone un’apartheid sulla popolazione saharawi, mentre le carceri si riempiono di dissidenti accusati senza prove e mentre si verifica una mattanza di cani randagi motivata «dall’abbellimento delle città» pronte ad accogliere tifosi più o meno coscientemente ignari di tutto.

Armando Negro
fonte https://www.lindipendente.online/2025/09/27/la-strage-silenziosa-di-cani-randagi-in-marocco-in-vista-dei-mondiali-di-calcio-del-2030/

lunedì 22 settembre 2025

Da verificare : Colao: vi chiudiamo nella galera digitale

 Visto su https://www.maurizioblondet.it/colao-vi-chiudiamo-nella-galera-diigitale/ 

*ATTENZIONE ATTENZIONE ATTENZIONE*

*Il Ministro per l’Innovazione 3D e la Transizione Digitale Vittorio Colao ha dichiarato:*

“In UE stiamo elaborando una piattaforma per l’erogazione di tutti i benefici sociali, il nome è IDPay, dove avverrà tutto direttamente in digitale. GIÀ PER APRILE ci sarà l’avvio della «piattaforma dell’INTEROPERABILITÀ» dove alcune grandi pubbliche amministrazioni come l’AGENZIA DELLE ENTRATE, l’ANAGRAFE, il MINISTERO DELL’INTERNO e l’INPS AGGANCERANNO I PROPRI DATI.

In questa piattaforma sarà presente ANCHE il FASCICOLO SANITARIO di ogni cittadino, “al fine di avere anche sul piano sanitario la possibilità di teleconsulto, telemonitoraggio e gestione da remoto”. In caso di emergenza sanitaria, basterà attivare nella piattaforma nazionale IDPay il fatto che per essere in regola è necessario aver fatto il vaccino per quel determinato virus, *ed ogni cittadino che deciderà di non vaccinarsi , in automatico accenderà un “allarme” nei monitor dell’INPS in merito alla NON IDONEITÀ AL LAVORO*

e verrà segnalato automaticamente presso  *l’Agenzia delle Entrate che, agganciandosi all’irregolarità, potrà revocate sussidi o assistenza finché il cittadino non si metterà in regola con il piano vaccinale.*
*La stessa piattaforma, consentirà anche che un cittadino, entrando in un negozio, si registrerà automaticamente e questo, consentirà all’Agenzia delle Entrate di tracciare non solo le spese ️ di ogni singola persona in maniera esatta ma anche gli incassi reali di ogni commerciante.*

Tutto questo su una piattaforma in grado di incrociare dati rilevando ogni incongruenza ed ogni irregolarità cittadina o aziendale.
*La Sogei, azienda “ingaggiata” per strutturare e l’IDPay (già gestore della piattaforma Green Pass, richiederà il numero del conto corrente di ogni cittadino.*

Fonte :
https://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2022/03/02/colao-in-arrivo-piattaforma-idpay-per-benefici-sociali_95c4223d-9106-4c1e-8fb7-a7f18ba768b1.html sta succedendo

È una trappola criminale per tenerci sotto controllo, violare la nostra privacy, violare la nostra libertà, controllare i nostri movimenti bancari, imporci le loro volontà e schiavizzarci come vuole il World economic forum!!! Stanno mettendo in atto questa piattaforma criminale per sottometterci così come hanno già fatto in Cina dove sono tutti controllati e se provano a protestare per qualcosa o non fanno ciò che gli viene ordinato dal governo, gli bloccano il conto e gli impediscono di usufruire di tutti i servizi pubblici. Non si potrà nemmeno comprare un biglietto aereo per scappare…. Non scaricate la app… Non aderite… Non inserite i vostri dati se non volete essere controllati e manipolati a 360 gradi!!! La nostra libertà dipende da noi… se gli daremo i nostri dati saremo loro schiavi!!! Facciamo fallire questo esperimento liberticida!!!

Che dire? Prima di tutto verificare che cosa sta facendo questo tizio che è al governo. Lasciamo perdere, per il momento, i suoi trascorsi e veniamo al sodo. Chiediamo a chi abbiamo votato di indagare. Non siamo andati a votare? Chiediamo a "gente della controinformazione", non allineata: sempre che ci rispondano, visto che un mio commento su un noto sito, non è stato pubblicato, ma pare che io sia in buona compagnia. Ho saputo che non solo non pubblicano ma, se gli scrivi non ti cagano! Dopo aver avuto le info su questa app , vediamo come reagire.


giovedì 18 settembre 2025

Siamo alle solite Calimero: Cassazione, ecco che cosa rischia chi non mette il nome sul citofono

Può costare carissimo scegliere la privacy, eliminando il proprio nome dal citofono o dalla cassetta postale

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 24745/2025) ha stabilito che chi non rende riconoscibile la propria abitazione diventa, di fatto, “irreperibile” per l’amministrazione finanziaria. Con una conseguenza devastante: notifiche fiscali valide anche senza consegna diretta e la porta spalancata a ipoteche e pignoramenti.

Il caso che ha fatto scuola

La decisione nasce dal ricorso di una contribuente che si era vista iscrivere un’ipoteca per cartelle esattoriali mai ricevute. La donna sosteneva di non aver avuto alcuna comunicazione: aveva cambiato abitazione, ma lasciando la residenza anagrafica al vecchio indirizzo. Proprio lì, il messo notificatore si era recato due volte, senza trovare né il nome sul citofono né quello sulla cassetta postale. Risultato: la notifica è stata considerata valida, malgrado l’assenza della destinataria.

La mano dura degli ermellini

Per la Suprema Corte, non conta il certificato di residenza se gli accertamenti del notificatore dimostrano che il contribuente non è concretamente rintracciabile. Le risultanze anagrafiche, infatti, hanno solo un valore presuntivo e possono essere superate dai fatti. Una presa di posizione che rafforza il ruolo del pubblico ufficiale e riduce lo spazio di difesa per i cittadini.

Un monito per tutti

La sentenza rappresenta un campanello d’allarme: non basta essere registrati all’anagrafe, serve rendersi concretamente reperibili. Un dettaglio apparentemente banale come il nome sul citofono può fare la differenza tra ricevere una notifica fiscale e ritrovarsi con ipoteche o pignoramenti senza più possibilità di difesa. In pratica, un piccolo gesto di privacy può trasformarsi in una vera e propria trappola fiscale a orologeria.
https://notizie.tiscali.it

trovato su https://www.imolaoggi.it/2025/09/18/cassazione-ecco-che-cosa-rischia-chi-non-mette-il-nome-sul-citofono/

Che dire? Che siamo alle solite: si può e si deve essere vessati da uno stato che, volutamente, lascia indietro chi è in difficoltà, e che anzi lo affossa: del resto il business dei fallimenti (quando c'è polpa e grasso, ovviamente: andate a frugare anche voi, e poi traetene le conclusioni, andando indietro anche di 40 o 50 anni però), atti ingiuntivi o di precetto che a te o a me arrivano, chiassà perché e percome in giornata, o ufficiali giudiziari che ti dicono (a me lo hanno fatto) che mi possono recapitare consegnare un atto anche se mi trovano in strada o in spiaggia, o anche gente che diventa agente segreto (deviato) e che prende informazioni dai vicini e, di fatto , ti sputtana. Ma a loro importa fornirti, gratuitamente, una pec così da farti piovere atti, multe e ingiunzioni varie. Godono nel fare queste cose. Ho dei conoscenti tra gli strizzacervelli, e mi confermano che, effettivamente queste persone sono proprio così. 

Giusto per la cronaca, ecco cosa avviene in Austria:

In Austria, il Garante per la protezione dei dati personali ha stabilito che sui citofoni devono essere riportati solo numeri civici e non i nomi degli inquilini per motivi di privacy, quindi si utilizzano i numeri al posto dei nomi. 
Cosa prevede la normativa: 
  • Niente nomi, solo numeri: 
    Per rispettare la legge sulla privacy, le targhette sui citofoni devono riportare solo i numeri civici degli appartamenti.
  • Protezione dei dati personali: 
    L'obiettivo è tutelare la privacy degli inquilini, impedendo che il loro nome sia visibile pubblicamente.
Cosa non è consentito:
  • È vietato apporre il proprio nome sul citofono. 
  • Non è consentito apporre una targa con il proprio nome sul citofono se non si ha alcun rapporto con le persone che abitano nell'appartamento. 
Sanzioni: 
  • I condomini che non rispettano le indicazioni del garante della privacy possono essere sanzionati.

martedì 16 settembre 2025

Invece di sistemare ,come Dio comanda, il sistema sanitario nazionale ...

 Ecco che cosa pensa di fare il nostro governo:

Dopo Francia e Germania, anche l’Italia si muove per garantire la sicurezza degli ospedali in caso si verificasse un conflitto militare. Il governo Meloni sta studiando un piano che coinvolge Ministero della Salute, Difesa e Infrastrutture, che ha portato all’istituzione di un tavolo tecnico interministeriale che si è già riunito un paio di volte dall’estate e ha avviato le prime interlocuzioni per definire una strategia sulla resilienza in campo sanitario. Mentre cresce la tensione per il conflitto russo-ucraino e gli scenari geopolitici si fanno sempre più instabili, in Europa diversi Paesi si attrezzano a non voler più lasciare nulla al caso sul fronte della sanità in tempo di guerra: aggiornano i piani di crisi, definiscono protocolli congiunti tra enti civili e Difesa, individuano strutture e reparti alternativi da attivare in caso di emergenza per essere pronti a fronteggiare l’imprevedibile. Francia e Germania hanno già avviato misure concrete. A Parigi, una circolare del ministero della Salute ha chiesto alle agenzie sanitarie regionali di predisporre, in collaborazione con la Difesa, strutture straordinarie capaci di gestire un afflusso massiccio di feriti, civili e militari, in caso di escalation. Berlino, dal canto suo, lavora a un piano nazionale di difesa civile che mira a preparare gli ospedali all’eventualità di un conflitto su larga scala, con programmi di formazione specifici per il personale medico: dal trattamento di ferite da esplosione a traumi complessi e amputazioni, fino alla definizione di criteri rigorosi per garantire la continuità dell’assistenza anche in condizioni estreme.

L’Italia non è rimasta a guardare e con un apposito decreto di aprile scorso (che attua il Dlgs 134/2024 a sua volta in attuazione della direttiva europea 2022/2557) ha istituito un tavolo tecnico al ministero della Salute presso l’ufficio di gabinetto, un organismo con dieci componenti, con l’obiettivo di «definire una strategia sulla resilienza in campo sanitario che stabilisca ruoli e responsabilità dell’insieme degli organi, istituzioni ed enti coinvolti» nella predisposizione di piani e misure per la gestione di emergenze sanitarie su vasta scala. Il piano prevede anche scenari validi non solo di guerra “frontale”, ma anche in presenza di eventi CRBN (Chimici, radiologici, biologici e nucleari) oppure, in ipotesi di attivazione degli articoli 3 e 5 del Trattato Atlantico (cioè, l’impegno collettivo previsto per i Paesi membri della NATO). Fra le linee guida che emergono dalle discussioni c’è l’idea di rafforzare la collaborazione fra sanità civile e medica militare, definire catene di comando chiare in situazioni estreme, attivare esercitazioni congiunte e percorsi formativi che preparino il personale ad affrontare traumi di guerra, grandi evacuazioni, collegamenti con ospedali da campo o strutture esterne. Si discute anche di tre fasi operative: accoglienza dell’arrivo delle truppe (o del coinvolgimento militare), mobilità interna in caso di crisi, partecipazione in missioni all’estero con eventuale rientro per le cure. Rimangono ancora diverse questioni aperte. Non è chiaro quali ospedali saranno designati come poli di riferimento per la gestione del trauma da guerra su vasta scala, né come sarà  definito l’assetto di risorse, personale e reparti specializzati. Alcune strutture (ospedali come il Niguarda di Milano) che già operano in emergenze nazionali sono citate come possibili hub, ma serve trasparenza sugli standard che si chiederanno, su come verranno integrate le risorse militari con quelle civili, e su quanto rapido possa essere il passaggio da uno stato “regolare” a uno di emergenza. Difficoltà maggiori sono previste nella definizione delle responsabilità fra ministeri, regioni, Protezione civile, Difesa e altre agenzie, così come nella reperibilità di fondi straordinari e nell’adeguamento infrastrutturale (adeguamenti strutturali, sistemi antibomba, reparti CRBN, presidi mobili).

In un clima crescente di militarizzazione e di tensione prebellica, l’Italia, costretta a rincorrere gli esempi di Francia e Germania, si muove dentro un paradosso evidente: da anni si tagliano fondi, posti letto e personale alla sanità pubblica, mentre oggi si invoca la necessità di approntare ospedali da guerra, addestrare medici a traumi bellici e predisporre protocolli per scenari da conflitto mondiale. Invece di rafforzare davvero la sanità pubblica e di restituirle risorse, il governo preferisce seguire i diktat europei e atlantici, adattando la popolazione a un orizzonte di paura e rassegnazione. Il nostro Paese si trova ora di fronte a una sfida che è innanzitutto politica: far maturare nella popolazione la persuasione che, pur non essendo in guerra, il rischio esiste e la preparazione preventiva è un esercizio necessario. È l’ennesimo cortocircuito che rivela come il paradigma emergenziale sia ormai la chiave con cui si governa la società: ogni pretesto viene sfruttato per inoculare paura e per spingere i cittadini ad accettare misure eccezionali come se fossero inevitabili. Il rischio è che l’opinione pubblica venga trascinata in un clima di psicosi permanente: prima il Covid, ora la guerra. Lo schema si ripete identico, tra stati d’eccezione e narrazioni apocalittiche, fino a rendere l’emergenza una condizione permanente. Il vero pericolo, però, non è solo la guerra che incombe, ma la guerra psicologica che prepara i cittadini a viverla come destino ineluttabile.

Enrica Perucchietti

fonte https://www.lindipendente.online/2025/09/15/anche-litalia-lavora-a-un-piano-per-preparare-gli-ospedali-allo-stato-di-guerra/

Anche l’Italia lavora a un piano per preparare gli ospedali allo stato di guerra

Anche l’Italia lavora a un piano per preparare gli ospedali allo stato di guerra

Anche l’Italia lavora a un piano per preparare gli ospedali allo stato di guerra

Fogli di via e basta!

 Il questore di Sassari ha emesso fogli di via dalla citta di Olbia contro alcuni attivisti che, lo scorso 31 agosto, hanno fermato per alcune ore pullman carichi di turisti israeliani in vacanza in Sardegna. Il provvedimento è stato motivato dalla «pericolosità sociale» dei soggetti, nonostante la protesta si sia svolta pacificamente e senza scontri – tanto che, nel pieno del suo svolgimento, a nessun cittadino è stato contestato alcun illecito. L’azione non è stata l’unica di questo genere: durante il mese di agosto e di settembre, numerosi cittadini sardi si sono recati in presidio all’aeroporto di Olbia, per protestare contro lo sbarco di cittadini e militari israeliani che intendevano trascorrere le ferie estive sull’isola, «mentre in Palestina il loro governo compie un genocidio in diretta streaming».

I collettivi presenti, come A’ Foras, riferiscono che la mattina del 31 agosto decine di attivisti, studenti e lavoratori hanno «tenuto in “ostaggio”» per due ore i pullman che avrebbero dovuto portare i turisti in villeggiatura. Secondo quanto riferito dal collettivo, nel corso della manifestazione la polizia ha fermato e identificato due manifestanti che avevano tirato fuori una bandiera palestinese durante l’imbarco dei turisti in partenza. Le proteste si sono ripetute anche con i successivi arrivi di turisti israeliani, tanto che gli scali dei voli provenienti da Tel Aviv sono regolarmente protetti da forze dell’ordine in tenuta antisommossa e con diverse camionette. A’ Foras riporta che il 4 settembre, presso l’aeroporto di Olbia, la polizia ha identificato arbitrariamente cinque persone, di cui un bambino, solo perchè si trovavano a passeggiare fuori dall’aeroporto mentre avveniva lo scalo dei turisti israeliani. Le persone sono anche state «minacciate di denunce penali per manifestazioni non organizzate», nonostante nessun simbolo o bandiera fosse stato esposto. 

I presidi presso l’aeroporto non si sono mai interrotti. Di fatto, già a giugno i collettivi avevano segnalato che voli diretti tra Israele e la Sardegna erano in programma per tutta l’estate, con i turisti tutelati da un «protocollo di sicurezza rafforzata» che avrebbe permesso a militari israeliani in borghese di occuparsi della sicurezza dei propri concittadini in vacanza. D’altronde, proprio la Sardegna è stata scelta come luogo di incontro tra l’inviato speciale statunitense Steve Witkoff, il ministro israeliano Ron Dermer e il primo ministro del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman Al-Thani, i quali, lo scorso luglio, hanno discusso su un mega-yacht di lusso al largo della Costa Smeralda i dettagli della guerra genocidiaria di Israele a Gaza.

Il messaggio dei collettivi, a fronte di ciò, è chiaro: «il turismo sionista non è il benvenuto in Sardegna». Le azioni hanno avuto un tale risalto che c’è stata anche una interrogazione parlamentare per il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi alla Camera, il quale ha riferito della necessità di proteggere i turisti israeliani dai pericoli «dell’antisemitismo». Per Piantedosi, questi gruppi non rappresentano altro se non «comitive culturali» potenzialmente a rischio di «atti di intolleranza». «Non voglio pensare che si potesse pensare di lasciare questi individui alla mercé di possibili malintenzionati», ha riferito il ministro.

Dal canto loro, i collettivi mandano un messaggio ben preciso: «la nostra terra non può essere la villeggiatura di militari e riservisti di uno stato genocida che sgancia le bombe prodotte a Domusnovas su civili e bambini e si esercita al genocidio nei poligoni militari imposti alla nostra terra».

fonte https://www.lindipendente.online/2025/09/16/olbia-fogli-di-via-a-chi-protesta-contro-i-militari-israeliani-in-vacanza/

Come era stato già scritto, con le leggi che ci sono sarà sempre più difficile, se non impossibile, manifestare per o contro qualcosa o qualcuno. In ogni caso non è una cosa di oggi imporre divieti alle manifestazioni: senonché prima ,almeno le manifestazioni improvvisate erano, di fatto, concesse permesse. Adesso non più. Si può intervenire in tal senso, vietandole o bloccandole. Lasciamo comunque perdere il discorso su Israele & compagni: il punto è il divieto a manifestare e l'oppressione che ne consegue verso chi manifesta: come al tempo del covid, ricordo come indicai nel divieto a parlarne e porsi domande, all'impossibilità ,anche in quel caso, di manifestare dissenso, la conseguenza più nefasta dei dpcm e dei provvedimenti intrapresi da Conte . Ma nessuno o quasi mi ha seguito in quel ragionamento. Eccone le conseguenze. 

domenica 14 settembre 2025

Risultati? Zero. O quasi.

Se si discute, quando è possibile e ci viene permesso, di questioni riguardanti il commercio locale, il commercio tra le varie nazioni, o anche accordi o trattati bilaterali per far scontare le pene nelle carceri del paese di origine, ecco che come sempre non se ne cava un ragno dal buco. Si teorizza o forse si vaneggia che qualcosa di buono possa venirne fuori, invece tutto rimane com'è. Commercio locale ? Il problema sarebbe la carenza di parcheggi? Ecco che la prima idea di consiglieri comunali venduti alla GDO, è quella di nuovi parcheggi : ma a pagamento e da far gestire a società di amici degli amici. Certo che non gli viene in mente di trovare un cavillo o di far in modo che i centri commerciali, che facciano capo a Conad o Esselunga o a chi vogliono loro, siano aboliti e cancellati. No! Per loro tu sei libero di andare dove ti pare: soltanto che in città, sempre più desertificate, non troverai parcheggio e , a malincuore andrai a fare i tuoi acquisti in un centro commerciale. Poco importa se la città si svuoterà: i locali piccoli divengono negozi h24 con distributori di bevande, preservativi, e cibo spazzatura, salvo qualcuno che diverrà, sempre che convenga, un ufficio elettorale (sempre che ci facciano votare: se sua maestà decide di sì). Se poi si parla di commercio tra stati, noi siamo vincolati a rispettare le decisioni dei burocrati, non eletti, che dicono che questo da quel tale non puoi acquistarlo, questo non puoi venderlo a quello li, e via dicendo: in parole povere, non puoi comprare da chi vuoi né vendere a chi vuoi tu. Decidono altri, ma è per il nostro bene se diamo armi a Zelensky o gli prestiamo, si far per dire, soldi: il ministro che si occupa di scuole, sa bene che abbiamo i locali ben tenuti, che sono climatizzati, e che i soldi del pnrr li abbiamo spesi per migliore le strutture : vero? Col piffero! Erano solo per computer e attrezzature informatiche, non certo per libri o , appunto, per mantenere o mettere i locali in sicurezza. Idem come sopra per i comuni , che ci raccontano ancora, come se qualcuno gli credesse, che autovelox, t red e telelaser, servono per aumentare la sicurezza, ben sapendo che dissuasori, rifacimento del manto stradale, ripristino periodico della segnaletica, semaforo (quello sì) con il contasecondi sia per le auto che per i pedoni, sono cose più utili di un fottuto autovelox. Se poi un vigile urbano ti indicasse, quando glielo chiedi , dove parcheggiare, invece di chiudere tutti e due gli occhi quando vede le auto dei propri amici parcheggiate male o in divieto, o di evitare di andare a effettuare controlli in alcune zone della città,  le cose andrebbero meglio. L'elenco di temi che non portano mai a nessuna conclusione, è lungo: non parlo di no vax o di Schillaci, se non per dire che "se un argomento non è in agenda o all'ordine del giorno o non è nei programmi di governo", può essere trattato e affrontato come "emergenza" : far fare un numero esagerato di vaccini, o chiedersi o richiedersi se siano tutti necessari e indispensabili, è o non è lecito? E se risultasse , dopo aver sentito e fatto sentire tutte le campane, che è un tema importante e che non può aspettare, allora se ne deve discutere. O no?   

mercoledì 10 settembre 2025

Copiare dai "cugini francesi"?

 Beh, se riescono a eliminare , a mandare a casa, a togliersi dai piedi Macron e i suoi cortigiani, tanto di cappello! ma mi accontenterei di prendere spunto da iniziative dei francesi che possiamo importare, sviluppare e forse migliorare. Se non altro ci sarebbe da dire, al governo e a chi abbiamo votato: vogliamo che i sodi vengano spesi per lo stato sociale, per creare posti di lavoro, per "riprenderci" le aziende che sono state svendute e regalate, e non certo che si regalino soldi , merci e altro a chi , come gli ucraini o gli israeliani o gli statunitensi, non sono né italiani né fanno i nostri interessi. Logicamente c'è chi, italiano, essendo che so agricoltore, si preoccupa dei problemi agricoli, del commercio degli stessi, o chi, come insegnante scolastico, sa che un tedesco che svolge lo stesso lavoro suo, percepisce molti soldi in più, e in ogni caso il "nostro" vorrebbe essere considerato e rispettato, cosa che non accade e da tempo. Si potrebbe continuare, non senza ricordare gli oltre 29 adempimenti che un tale, che di certo ha sbattuto la testa, e che volesse aprire in Italia una gastronomia deve adottare: e solo per poi essere considerato ladro ed evasore fiscale. Di certo non viene aiutato nell'intraprendere quel lavoro, ma neppure altri .

martedì 2 settembre 2025

Sulla sparizione dei negozi nelle città 2

 Più che una seconda parte, un'approfondimento di alcuni aspetti che possono essermi sfuggiti o anche sconosciuti. Ed è facendo mente locale che , ad esempio, non ho preso in considerazione la nascita e la diffusione dei supermercati e dei discount: intendo per supermercati quelle attività di rivendita in locali di medie dimensioni e , ovviamente, con prodotti delle marche più noti e "che fanno pubblicità". Mentre i supermercati li ho visti affermarsi , almeno da noi in Sardegna, a fine anni 70 e inizio 80, i discount si sono iniziati a far conoscere a fine anni 90. Che cosa c'è da dire in merito: che entrambi hanno preso possesso di locali, presenti nelle città, e dai 300 mq in su : piano piano, poi, i discount sono diventati come i supermercati, nel senso che sono passati dal vendere prodotti sconosciuti, a prodotti di marca. E anche la qualità è di livello superiore a quella riscontrata quando "si dovevano far conoscere e scegliere". In questi ultimi decenni abbiamo visto nascere e sparire i negozi di informatica, le videoteche, e prima ancora le rosticcerie (alcune sono diventate gastronomie) sono sparite le lavanderie ma sono arrivate quelle a gettone, e non dimentichiamo i negozi di sigarette elettroniche. In alcuni locali, di solito di piccole dimensioni, sono apparsi e in alcuni casi sopravvivono i negozi h24 di bibite, snack , preservativi eccetera. Che dire? Che i bei locali , quelli occupati dai discount nobilitatisi col tempo, oggi sarebbe bello vederli occupati nuovamente da mobilieri, concessionari di auto o moto, abbigliamento e così via. Senza scordarci dei negozi di alimentari: possibile che il pane o i pesci e in alcuni casi la carne, non si possa acquistare di sera in un negozio tradizionale? Se mi verrà in mente altro , scriverò ancora. E come cantava Gaber 

Com'è bella la cittàCom'è grande la cittàCom'è viva la cittàCom'è allegra la città
Vieni, vieni in cittàChe stai a fare in campagna?Se tu vuoi farti una vitaDevi venire in città
Com'è bella la cittàCom'è grande la cittàCom'è viva la cittàCom'è allegra la città
Piena di strade e di negoziE di vetrine piene di luceCon tanta gente che lavoraCon tanta gente che produce
Con le réclames sempre più grandiCoi magazzini le scale mobiliCoi grattacieli sempre più altiE tante macchine sempre di più.
Com'è bella la cittàCom'è grande la cittàCom'è viva la cittàCom'è
Vieni, vieni in cittàChe stai a fare in campagnaSe tu vuoi farti una vitaDevi venire in città
Com'è bella la cittàCom'è grande la cittàCom'è viva la cittàCom'è allegra la città
Piena di strade e di negoziE di vetrine piene di luceCon tanta gente che lavoraCon tanta gente che produce
Con le réclames sempre più grandiCoi magazzini le scale mobiliCoi grattacieli sempre più altiE tante macchine sempre di più
Com'è bella la cittàCom'è grande la cittàCom'è viva la cittàCom'è allegra la città
Com'è bella la cittàComvè grande la cittàCom'è viva la cittàCom'è allegra la città
Piena di strade e di negoziE di vetrine piene di luceCon tanta gente che lavoraCon tanta gente che produce.
Con le réclames sempre più grandiCoi magazzini le scale mobiliCoi grattacieli sempre più altiE tante macchine sempre di piùSempre di più, sempre di più, sempre di più!