lunedì 30 dicembre 2019

LA SFIGA DEI SIGNORI DEL FANGO

Ci sono le chiacchiere a vanvera di quattro cialtroni e, poi, ci sono i fatti.
Anzi, i documenti. I verbali che prendono a schiaffi, sonori, quelli che affermavano che tutto era in regola.
Sono le 9 e 15 del 18 ottobre del 2019 quando i tecnici dell’Arpas si presentano in località San Pietro, a 158 metri dal centro abitato di Magomadas, in Planargia. La terra bagnata dalla Malvasia e dal mare.
In quel luogo, da mesi, esattamente da luglio 2019, c’è un via vai di camion lerci e puzzolenti che stanno rendendo impossibile la vita di migliaia di cittadini di quei comuni attaccati l’uno all’altro.
I cittadini bussano come possono alle porte del Comune sino a quando, passata la drammatica estate
fatta di miasmi e di fughe da b&b, irrompe l’Agenzia regionale per la protezione ambientale.
Un’Agenzia tutta sarda con pieni poteri in campo ambientale, istituita con una mia ordinanza, la n. 323, emanata come commissario governativo, il 30 settembre del 2002.
La Sardegna era in ritardo storico e con i pieni poteri ambientali decisi di porre fine a quella scandalosa mancanza.
17 anni dopo, il blitz.
L’ingresso è movimentato: probabilmente i signori del fango non si aspettavano la visita dei tecnici dell’Arpas e del corpo forestale di vigilanza ambientale.
I tecnici sanno quel cercano e la missione ha un obiettivo preciso: verificare l’ottemperanza delle prescrizioni relative all’autorizzazione n. 1283 del 24/10/2018 e delle delibere della giunta regionale.
La prima domanda è inchiodante: l’impianto sta funzionando regolarmente?
Il gestore, senza colpo ferire, risponde: l’impianto al momento del sopralluogo è nelle normali condizioni di esercizio.
Una risposta che viene registrata immediatamente dal verbalizzante.
Peccato che quell’affermazione costituisca di fatto un’ammissione gravissima considerato quello che da lì a poco avrebbero scoperto i funzionari.
Si parte dalla verifica della tenuta dei registri carico-scarico dei rifiuti e dei documenti di trasporto.
Non si perde tempo e scatta la prima fotocopia, quella dell’ultima pagina compilata del registro di carico scarico (ultima registrazione numero 936 del 08. 10. 2019 relativa al carico individuato dalla Fir n. 37799 dell’8/10/2019).
La registrazione dell’ultima pagina è fumante.
L’ultimo carico risulterebbe 10 giorni prima del blitz dei tecnici dell’Arpas nell’impianto.
Peccato che nel registro dell’umidità dei fanghi sia annotato a mano, in un foglietto a quadretti, la presenza in una vasca di un fango del 16 ottobre del 2019 con l’81% di umidità.
Se fosse il fango dell’ultimo carico significherebbe che l’essicazione è talmente lenta da rendere false tutte le altre affermazioni.
Ed è proprio in uno dei passaggi chiave, la verifica dell’umidità, che i tecnici dell’Arpas scrivono: non risulta evidenza dell’effettuazione della misurazione giornaliera in ogni vasca della percentuale di umidità.
Il gestore dichiara di effettuare campionamenti e le misure giornaliere su tutti carichi in arrivo, peccato che i risultati vengono annotati – è scritto nel verbale - a mano su un bloc-notes (in allegato numero due si acquisisce l’ultima pagina compilata).
Roba da gestione di una drogheria di paese, appuntusu de billettu!
Si passa, poi, al funzionamento delle vasche in esercizio.
I tecnici regionali registrano: è stato richiesto se e con quali modalità la ditta provveda alla misurazione della temperatura dei fanghi in fase di processo.
Il gestore dichiara di effettuarle saltuariamente anche ricorrendo ad un laboratorio esterno.
Peccato che manchino le sonde di misurazione automatica di temperatura e umidità in ogni vasca.
Dichiara, sempre il signore dei fanghi, che l’impianto sarebbe prossimo all’installazione. Ma non c’è traccia.
Lo scandalo non è ancora compiuto sino in fondo.
I tecnici visionano i sistemi di riscaldamento dei fanghi medianti mediante chillers.

La scoperta è disarmante: al momento del sopralluogo l’interruttore generale risultava spento e i chillers non risultavano in funzione.

La risposta è da comica: non abbiamo la corrente elettrica, motivo per cui si ricorre a due gruppi elettrogeni con funzionamento alternato.
Non si capisce il motivo dell’alternanza e tantomeno del blocco dell’uno per passare all’altro.
Si mette a verbale un fantomatico “motivo di sicurezza del passaggio da un gruppo all’altro”.
Chissà se i tecnici di Arpas c’hanno creduto! Certo che aver autorizzato a funzionare, per modo di dire, quell'impianto senza corrente elettrica è come aver autorizzato un cesso pubblico senza catenella!
A quel punto siamo alla verifica della procedura di accettazione di carico di fanghi in entrata.
E’ qui che la sfortuna assale i signori del fango fognario pugliese.
Con una sfiga esorbitante capita l’imponderabile: hanno perso tutti i documenti di quel carico.
L’Arpas arriva di sorpresa in cantiere e guarda caso l’unico camion che in quel preciso momento sta scaricando fango fognario dalla Puglia è senza documenti. Uno jettatore professionista ha maledetto quel carico, che finisce per essere figlio di nessuno, senza anagrafe e senza genesi!
Un fatto di una gravità inaudita, soprattutto perché mai e poi mai quel camion senza certificazione sarebbe dovuto entrare nell’impianto. Doveva essere rispedito al mittente, probabilmente non doveva nemmeno uscire dal porto, ma anche lì l'oculista avrebbe un gran da fare per restituire vista e messa a fuoco!
Il fatto è cruciale e le denunce di smarrimento costituiscono un capitolo a parte che sarà certamente oggetto di accertamenti di ben altra natura.
“Durante il sopralluogo - registrano nel verbale i funzionari - il gestore ha provveduto ad accettare un carico di fanghi di depurazione in arrivo dall’acquedotto pugliese. Nell’occasione ha proceduto alla pesata del mezzo in entrata e del mezzo voto in uscita determinando in 36.400 kg il peso del fango accettato. Nell’occasione il carico non risultava accompagnato dal FIR, risultato smarrito". Hanno una fotocopia della prima pagina di quel foglio anagrafico, allegato ad una denuncia di smarrimento fatta ai carabinieri addirittura a Uta, in data 17/10/2019. Il gestore, senza che nessuno glielo avesse chiesto, afferma essere la prima volta che si è verificato un simile evento.
E come non credergli! C’è anche una provvidenziale denuncia ai carabinieri di Uta a testimoniarlo!
Peccato che nel foglio allegato al verbale si parli di un carico partito dalla Puglia il 30 settembre. Un po' troppi 18 giorni per arrivare in Sardegna.
Elementi che dovranno essere chiariti, e non sarà facile!
Viene, poi, verificata l’area in cui vengono posizionati i materiali che hanno cessato la qualifica di rifiuti.
Scrivono i tecnici dell’Arpas: sono state visionate le modalità di deposito di materiali ed ammendanti prodotti dall’impianto e la relativa cartellonistica.
In particolare, scrivono i tecnici, si rileva l’assenza di cartellonistica indicante i codici CER di rifiuti inerti nelle aree di messa in riserva e una separazione non evidente tra i vari cumuli.
Nel verbale, poi, i tecnici dell’Agenzia della protezione ambientale, fanno esplicito richiamo all’obbligo di tenere presso la sede operativa i registi di tracciabilità dei fanghi con il numero del lotto, dei carichi di rifiuti il cui processo deve registrare date di inizio e fine.
La verifica è disarmante: il registro di tracciabilità è costituito da una sola pagina (ultimo lotto registrato: numero 14/ B / 2019 e tuttora in fase di riempimento. Non risulta riportato nel registro l’indicazione dei carichi di rifiuti il cui processo ha originato il lotto.
Come dire: non c’è certezza di come sia stato formato quel miscuglio.
Nel prosieguo del blitz si deve accertare il rispetto dei parametri e dei criteri previsti dal decreto legislativo 75/10 per l’ammendante compostato con fanghi.
Alla domanda il gestore dell’impianto dichiara di “non aver effettuato alcuna analisi" per la determinazione dei medesimi parametri nel fango essiccato prodotto dall’impianto prima di procedere alla sua miscelazione con terra.

Si arriva, infine, al capitolo centrale delle emissioni in atmosfera.

In questo caso la norma è stringente ed è riportata nel verbale: prima della messa in esercizio dovranno essere posti in opera tutti sistemi di abbattimento (scrubbing chimico fisico) delle emissioni provenienti dalla linea di essicazione dei fanghi.

I tecnici hanno, quindi, provveduto alla verifica degli impianti: uno scrubber non era in funzione al momento del sopralluogo.

Il gestore precisa che lo scrubber viene spento in occasione del cambio di generatore, operazione che normalmente avviene nell’arco di pochi minuti.

Anche in questo caso maledetta sfortuna, il cambio di generatore avviene proprio nel momento del blitz di Arpas.

Guarda caso lo scrubber viene rimesso in funzione alle 10:50: peccato che l’Arpas registri il numero di ore di funzionamento. Elemento chiave da rapportare con i fanghi trattati per capire il tipo di utilizzo fatto a tutela dell’aria.
Si passa all’esame della dispersione delle emissioni in atmosfera in base alle norme vigenti.
Scrivono ancora i tecnici dell’Arpas. L’esame del punto di emissione convogliata allo scrubber ha permesso di rilevare quanto segue:
non esiste una piattaforma di lavoro idonea i campionamenti;
il punto di campionamento non è accessibile in sicurezza;
Le dichiarazioni del gestore peggiorano la mia definizione di accampamento:
per il momento – scrive a verbale - il campionamento per gli autocontrolli viene effettuato utilizzando un trabattello e che ha già provveduto a ordinare una scalinata con barriere di sicurezza idonee allo scopo.
La sfortuna perseguita i signori del fango: sempre nel momento del verbale le vasche di essicazione risultavano coperte da coperture metalliche amovibili e con gli aspiratori non in funzione per i motivi sopra indicati dal gestore rimesso in funzione alle ore 10:50.
Un vero peccato, inseguiti dalla sfiga: arrivano i tecnici Arpas e proprio in quel momento gli aspiratori risultano spenti, non funzionanti!
Stiamo parlando di aspiratori, quelli che avrebbe dovuto limitare le emissioni in atmosfera.
Dunque, con comodo tanto i cittadini di Magomadas ci faranno l’abitudine. Si tratta semplicemente di educarli alla puzza!
Risulta ancor più disarmante la risposta relativamente alla linea di essicazione fanghi per il controllo analitico delle emissioni odorigene ( la puzza) all’uscita dell’impianto di trattamento aria.
Si tratta del tema nevralgico, ovvero i miasmi che colpiscono la popolazione di Magomadas.
Nonostante l’emergenza dichiarata i gestori affermano:

non sono state ancora realizzate le line di controllo analitico delle missioni in quanto i quattro mesi dall’entrata in funzione dell’impianto, luglio 2019, non sono ancora trascorsi alla data del sopralluogo.

Semplicemente scandaloso: nessuno ha controllato i miasmi e l’impianto è stato avviato senza nemmeno le centraline di controllo che dopo 4 mesi sono ancora inesistenti!
E poi c’è il tema dell’acqua. Il pericolo acqua, ovvero il rischio che i percolati e la sistemazione idraulica del terreno faccia uscire fuori dall’impianto acque putride.
Dal verbale dell’arpa si prende atto del sistema di trattamento acque di prima pioggia con una constatazione devastante: le vasche sono quasi tutte piene all’orlo e non esiste nessun impianto automatico di svuotamento.
Anzi, c’è di peggio, il gestore afferma: le dobbiamo svuotare manualmente.
E’ tutto drammaticamente scritto nel verbale:
nella linea 1: vasca 1: presenza di acqua; vasca 2: piena;
linea due: vasca 1: quasi piena, vasca 2: quasi piena;
la linea due è costituita da ulteriori tre vasche: tutte piene;
Sconcertanti le affermazioni del gestore che dichiara: lo svuotamento delle vasche viene effettuato manualmente e non esistono sensori di pioggia per un loro svuotamento in automatico!
Il sopralluogo finisce dieci ore dopo: alle 19:15 del 18/10/2019.
Non credo ci sia altro da aggiungere. Il verbale è fumante.
A coloro che hanno bestemmiato urlando che tutto era in regola ricordo che il circo Zanfretta da tempo ha chiuso i battenti.
La salute pubblica è questione seria, la sicurezza dei cittadini viene prima di qualsiasi altro interesse.
L’impianto di Magomadas è a 158 metri dalle case. La legge dice che doveva essere a 300 metri minino! Nemmeno un centimetro di meno.
Non resta che prenderne atto e agire di conseguenza, senza perdere altro tempo.
Non si gioca con la salute pubblica!
Mauro Pili

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