Unione Europea. Iva. Nel Regno Unito quella ridotta è al 5%. Noi, ovviamente ....
Giuseppe Sandro Mela.
2019-04-24.
L’Iva, imposta sul valore aggiunto, è un’imposta indiretta sui consumi. Il valore aggiunto rappresenta il contributo alla formazione del prodotto (reddito) nazionale di ciascun operatore economico. Il PIL altro non è che la somma dei valori aggiunti generati nell’economia in un dato periodo.
Con l’obbligo di rivalsa si impone a ogni soggetto economico di addebitare, attraverso la fattura, un’imposta proporzionale al corrispettivo nel momento in cui cede un bene o presta un servizio; con la detrazione si riconosce al medesimo la facoltà di versare all’erario soltanto la differenza fra quanto acquisito e quanto assolto a titolo IVA sugli acquisiti di beni o di servizi inerenti alla propria attività economica.
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Maggiore è l’Iva, maggiore è il costo dei beni e dei servizi.
Ma maggiore è il costo dei beni e dei servizi e maggiore è il costo della vita: tutto costa di più.
Si aprono quindi molti interessanti spunti.
Il primo inerisce la sostenibilità di un sistema economico ad alta tassazione nei confronti di altri stati che godano basse tassazioni. I prodotti dei primi costano di più di quelli dei secondi, ed alla fine finiscono fuori mercato. Ma quando un prodotto finisce fuori mercato si innesca una spirale malefica: meno vendite, meno fatturato, meno tasse pagate, aumento dei licenziamenti, e così via: si innesca una spirale recessiva.
Il secondo è solo apparentemente filosofico. Con imposte e tasse il Cittadino Contribuente trasferisce in modo coatto risorse allo stato, che quindi le amministra. Ma l’amministrazione ha un suo costo e, tutto sommato, una sua arbitrarietà. Un discorso che si imporrebbe dovrebbe essere quello del rapporto prestazioni costo. Porsi in altri termini delle domande del tipo: “il servizio sanitario pubblico rende al Cittadino in ragione di quanto da Lui percepisce?“.
I romani davano in gestione ai privati anche l’esercito, eppure con un simile sistema hanno conquistato il mondo allora conosciuto. E non solo lo hanno conquistato, ma la repubblica è durata 750 anni, ai quali sono seguiti quasi cinque secoli di impero. La sola durata dovrebbe dare da pensare.
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«L’Italia è tra i Paesi che applica le aliquote Iva tra le più alte del Continente»
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«E rischiano di aumentare ancora»
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«Per riportare i conti pubblici su un binario di sostenibilità ci sono solo due strade: o una manovra bis quest’anno oppure aumenti dell’Iva negli anni prossimi»
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«Dal primo gennaio del 2020, infatti, l’aliquota intermedia dell’Iva potrebbe passare dal 10% al 13%, quella ordinaria dall’attuale 22% al 25,2% nel 2020 (quando è previsto anche un aumento delle accise sui carburanti per 300 milioni) al 26,5% nel 2021. Significa che se non si evita l’aumento dell’Iva le maggiori tasse totalizzeranno 22,6 miliardi di euro.»
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«Come si vede, in linea generale, i Paesi dell’est hanno aliquote mediamente più basse di quelle applicate in occidente»
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Il buon Lenin soleva dire che la borghesia la si annienta con le tasse.
In Germania e Francia aliquote più basse delle nostre. A Londra quella ridotta è al 5%
L’Italia è tra i Paesi che applica le aliquote Iva tra le più alte del Continente. E rischiano di aumentare ancora. Il motivo è la recessione tecnica (due trimestri consecutivi di calo del Pil alla fine del 2018) che fa “saltare” tutte le previsioni di finanza pubblica contenute nella manovra economica approvata da Bruxelles.
Quando si applica l’Iva al 10%
Per riportare i conti pubblici su un binario di sostenibilità ci sono solo due strade: o una manovra bis quest’anno oppure aumenti dell’Iva negli anni prossimi, che ci farebbero salire ancora nel ranking europeo. Dal primo gennaio del 2020, infatti, l’aliquota intermedia dell’Iva potrebbe passare dal 10% al 13%, quella ordinaria dall’attuale 22% al 25,2% nel 2020 (quando è previsto anche un aumento delle accise sui carburanti per 300 milioni) al 26,5% nel 2021. Significa che se non si evita l’aumento dell’Iva le maggiori tasse totalizzeranno 22,6 miliardi di euro.
Le due aliquote di Iva in Europa
Il grafico interattivo sopra mostra il livello di Imposta sul valore aggiunto applicata attualmente da tutti i Paesi europei. Sono considerate sia l’aliquota standard che quella ridotta. Due le precisazioni da fare: la prima è che la Danimarca non ha un’aliquota Iva ridotta e, in secondo luogo, alcuni Paesi hanno tre aliquote, con la terza che è più bassa ancora di quella ridotta e che viene applicata su beni di primissima necessità. Nel grafico abbiamo preso in considerazione l’aliquota più alta.
Come si vede, in linea generale, i Paesi dell’est hanno aliquote mediamente più basse di quelle applicate in occidente. Ad esempio la Romania, Slovacchia, Lituania. Un caso a parte è rappresentato dalla Gran Bretagna che applica l’Iva ridotta più bassa del continente, appena il 5% con anche l’Iva standard a livello più che accettabile: 20%. Ma la Gran Bretagna è un modello anche per un altro motivo: Truenumbers ha spiegato in questo articolo come l’obiettivo della riduzione delle tasse sulle imprese sia una priorità condivisa da tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi anni. Basta guardare i risultati.
Quanto si paga di Iva in Europa
L’Iva italiana è modulata su tre aliquote: il 4% per i beni di prima necessità che è praticamente immodificabile dato che questa aliquota si applica sui beni di primissima necessità (in particolare alimentari), una al 10% (“ridotta”) e una al 22% (“standard”). Siamo nella media e questo potrebbe essere visto sotto due punti di vista. Il primo è che, se un governo volesse aumentare l’aliquota standard potrebbe sostenere che “ci allineiamo al resto dell’Europa”. Oppure potrebbe voler dire che c’è spazio per un taglio. Dipende dalle decisioni politiche. E, naturalmente, dall’andamento dell’economia.
In effetti aliquote Iva in Europa più basse delle nostre sono applicate, Gran Bretagna a parte, anche dalla Germania che le ha bassissime: ridotta al 7% e standard al 19%. Oppure dalla Francia che ha quella ridotta al 10%, come noi, ma la standard è al 20%, due punti in meno dell’Italia. La Spagna ha quella ridotta al 10% ma la standard è al 21%, un punto in meno di noi.
I dati si riferiscono al: 2018.
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