giovedì 3 ottobre 2024

ddl1660 ovvero lo stato di polizia voluto dal governo in carica

 Dalla criminalizzazione di ogni forma di dissenso che esca dai binari del rassegnato corteo autorizzato dalla Questura (sempre che questo sia concesso, considerato quanto sta accadendo in vista di quelli per la Palestina), a nuove garanzie di impunità per gli agenti di polizia. Il Ddl 1660, impropriamente ribattezzato come al solito “Decreto Sicurezza”, è in realtà in tutto e per tutto un “Decreto Repressione”. Al suo interno, una fattispecie di reato nuova pensata per colpire ogni movimento che preoccupa il governo: operai, ecologisti, movimenti contro le grandi opere, contro la speculazione energetica e per il diritto alla casa. Una norma giudicata pericolosa anche dall’Unione delle Camere Penali, che ha proclamato un inusuale “stato di agitazione” degli avvocati contro la legge che è già stata approvata alla Camera e aspetta di approdare al Senato per il voto definitivo. Per spiegare ai lettori i caratteri preoccupanti di una legge che, se approvata in via definitiva, andrà ad apporre un nuovo chiodo sul diritto alla manifestazione del dissenso, L’Indipendente ha intervistato Eugenio Losco, avvocato da tempo attivo nella difesa di cause relative a proteste e movimenti sociali.

Partiamo dall’inizio, perché il ddl 1660 dovrebbe preoccupare più dei precedenti decreti sicurezza?

È un disegno di legge caratterizzato dalla volontà evidente di reprimere qualsiasi forma di lotta e di conflitto sociale, andando a colpire i vari movimenti e le lotte sociali in maniera specifica e dettagliata. C’è una norma studiata per reprimere gli eco-ambientalisti, una contro i lavoratori della logistica, una contro Ultima Generazione, una contro il movimento per la casa, una contro chi si oppone alle grandi opere, una contro i detenuti che protestano nelle carceri, e una contro gli immigrati nei centri di detenzione. Si tratta di un decreto repressivo concepito in modo organico, che costituisce quindi un salto di qualità rispetto ai precedenti decreti sicurezza.

Il decreto nella sua organicità si spinge oltre: mentre da una parte criminalizza il dissenso, dall’altra aumenta le difese dei corpi di polizia che hanno il compito di reprimere le proteste, è così?

Assolutamente. La pena per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, storicamente contestato in maniera molto vaga, viene aumentata di un terzo se commessa nei confronti di un poliziotto, senza possibilità di applicare le attenuanti generiche. La pena poi subisce un aggravio in caso di manifestazioni che contestano le grandi opere, una fattispecie pensata apposta per reprimere i movimenti che si oppongono alla TAV e al Ponte sullo Stretto. È stato poi introdotto un reato specifico di lesioni nei confronti di appartenenti alle forze dell’ordine, con pene molto gravi. Se normalmente una condanna per lesioni lievi prevede una pena bassa, se le stesse lesioni vengono inflitte a poliziotti la condanna varia da 2 a 5 anni. Se sono lesioni gravi, da 4 a 8 anni, mentre per lesioni gravissime si può arrivare a 16 anni di reclusione. A chiudere il cerchio viene poi concesso agli agenti di polizia il diritto di portare armi anche fuori servizio.

Il ddl si occupa anche di carceri e CPR, luoghi dove quest’anno si sono susseguite proteste, rivolte e suicidi. Un problema che il governo pare voler risolvere reprimendo le proteste anziché ragionando su come affrontare un problema sociale…

È esattamente così. Uno dei nuovi reati che più colpisce è sicuramente quello previsto dagli articoli 26 e 27 di questo disegno di legge, ossia il reato di rivolta in carcere, nei centri di detenzione amministrativa, nei CPR e negli hotspot. Non c’era nessun bisogno di introdurre un reato specifico di rivolta, dato che le azioni di protesta di questo tipo sono già fortemente sanzionate. È una norma bandiera, pensata a fini propagandistici, ma ciò che preoccupa di più è che all’interno di questi articoli è stato introdotto anche il reato di resistenza passiva. Un detenuto che rifiuterà di obbedire a un ordine impartito dalle autorità sarà punito come se avesse messo in atto un’azione violenta nei confronti degli agenti. La protesta passiva diventa reato di resistenza. Questo è piuttosto preoccupante, perché introduce nel nostro ordinamento una figura di reato inedita.

Su questo c’è il rischio che si torni ai regolamenti carcerari dell’epoca fascista, che imponevano un carcere fondato sulla punizione e la totale sottomissione del detenuto?

Sì, l’orientamento di questo governo sembra voler superare l’ordinamento penitenziario attuale che, quando è stato introdotto nel 1975, era all’avanguardia. Questo decreto mi sembra un esempio chiaro di tale volontà.

In che modo il ddl 1660 va a colpire i movimenti sociali?
Come dicevo, il disegno di legge è organico e prova a reprimere tutte le più forti lotte sociali degli ultimi anni. Il nuovo reato di occupazione, che prevede da 2 a 7 anni di carcere per chi occupa una casa, andando a colpire anche chi coopera con l’occupazione, appare come una norma ad hoc per colpire i militanti dei movimenti per il diritto alla casa.

La forte penalizzazione del blocco stradale, punibile con il carcere anche se attuato in forma pacifica, colpisce in maniera chirurgica una delle pratiche maggiormente utilizzate dagli operai della logistica. Il ministro Piantedosi ha dichiarato espressamente che l’introduzione di questo reato serve a impedire che le proteste dei lavoratori della logistica possano disturbare la distribuzione delle merci. Si tratta quindi di una norma che ha il duplice effetto di reprimere chi protesta e proteggere gli interessi della controparte, rappresentata dagli imprenditori, garantendo che i loro affari non siano disturbati dai blocchi operai. La soluzione del ministro ai quasi 240 scioperi di cui parla non è quella di indagare sul perché questi scioperi vengano fatti in un settore come la logistica, dove esiste un grave problema nell’applicazione dei contratti, ma di reprimere il diritto di sciopero.

Nella stessa cornice si inserisce l’aumento della pena di un terzo previsto per chi si oppone alle grandi opere definite strategiche, che mira a colpire i movimenti in difesa del territorio, come quelli contro la TAV, il Ponte, il MUOS o la speculazione energetica. Viene inoltre aumentata la possibilità di applicare i DASPO agli attivisti, impedendo loro, ad esempio, di avvicinarsi a opere di interesse strategico come ferrovie e trasporti urbani, o di partecipare alle manifestazioni.

In definitiva, queste sono tutte misure studiate in maniera metodica per colpire ogni forma di opposizione organizzata allo stato attuale delle cose. Si cerca anche il controllo totale della piazza e delle forme di protesta.

C’è poi il “terrorismo della parola”, la nuova norma che sanziona i materiali informativi scritti. Cosa implica?

Si tratta dell’introduzione del reato di “detenzione di materiale con finalità di terrorismo”. È un’altra misura che dimostra il livello di repressione pervasivo nel disegno di legge. Sarà considerato reato il semplice possesso di materiale che illustri la preparazione di congegni, armi o che parli di tecniche di sabotaggio, indipendentemente dal fatto che il soggetto intenda effettivamente mettere in pratica azioni concrete. La reclusione prevista va dai due ai sei anni. Si assiste a una forte anticipazione della punizione, nel senso che si punisce una condotta che, in termini giuridici, si definisce come “pericolo astratto”, mentre finora era richiesta almeno una minima concretezza.

Sembra che la direzione sia quella di concepire la sicurezza esclusivamente in termini di proibizione e punizione, ignorando completamente l’aspetto della sicurezza sociale. In questo modo, si passa da uno stato di diritto teorico a uno stato di polizia sempre più repressivo.

C’è senza dubbio un passaggio deciso verso un maggior autoritarismo, verso una modifica “all’ungherese” del nostro sistema. Poi sul fatto che non si investa per quanto riguarda il sociale, eccetera, non è il primo governo, forse tutti i governi recenti hanno fatto così. È ovvio che la questione di sicurezza non si risolve con la repressione, ma intervenendo nel sociale dove ce n’è bisogno. Ma questo non lo fa nessuno, né a destra né a sinistra.

Possiamo leggere questo nuovo decreto come una continuazione dei precedenti decreti sicurezza, dal decreto Minniti/Orlando al Decreto Salvini e al Decreto Caivano?

Sì, c’è sicuramente una continuità, ma questo decreto ha un impatto maggiore rispetto ai precedenti. Ha molti aspetti che richiamano un’impostazione quasi di stampo fascista. Penso, ad esempio, alle leggi che colpiscono determinate categorie in modo quasi discriminatorio, come le norme contro i Rom, la nuova definizione del reato di accattonaggio con l’aumento delle pene, o la modifica dell’articolo 146, che introduce la possibilità di applicare il carcere anche alle donne incinte o con figli minori di un anno. Oppure la norma che impone l’obbligo del permesso di soggiorno per ottenere una carta SIM e quindi un cellulare, rivolta agli immigrati.

Molti stanno denunciando principi di incostituzionalità nel ddl 1660. Lei cosa ne pensa: contiene norme contrarie alla Costituzione italiana?

Sarà sicuramente una questione da approfondire, ma a mio avviso ci sono punti che sono in aperto contrasto con la Costituzione. Pensiamo, ad esempio, all’articolo 3, che sancisce il principio di uguaglianza formale di tutti i cittadini davanti alla legge: come si concilia questo con il diritto dei poliziotti non in servizio a girare armati o con le norme specifiche rivolte ad alcune categorie sociali o etniche? C’è anche un problema di proporzionalità delle pene in relazione a certi reati, che è un altro principio costituzionale. Sono tutte questioni che potranno essere sollevate, ma purtroppo richiederanno tempi lunghi. Nel nostro ordinamento non esiste la possibilità di ricorrere direttamente alla Corte Costituzionale. Sarà necessario che un giudice sollevi la questione all’interno di un procedimento penale. Ma ci vorranno anni, e nel frattempo tutto questo impianto legislativo entrerà in vigore.

[di Monica Cillerai]

fonte https://www.lindipendente.online/2024/10/02/ddl-1660-una-norma-da-stato-di-polizia-intervista-allavvocato-eugenio-losco/

...e adesso ci devono rispondere !

 di Fabio Conditi

Se fermassimo per strada un passante e gli chiedessimo chi crea la moneta che utilizziamo per le nostre esigenze quotidiane, molto probabilmente ci risponderebbe, sbagliando, che il denaro è creato dalla banca centrale.

Se poi, gli dovessimo chiedere sulla base di cosa la banca centrale crea il denaro, a quel punto il ventaglio di risposte diventerebbe interessante; si partirebbe dall’oro, un evergreen, dalle tasse che incassa lo Stato, dal lavoro e sudore della fronte del popolo e per qualcuno magari, vi sono schiere di nanetti sotto la BCE che scavano alla ricerca di pepite d’oro.

Ecco, provare a chiarire ad esempio, che il denaro che oggi utilizziamo è creato per il 90% dalle banche commerciali (Unicredit, Intesa, BPM, MPS…) attraverso i PRESTITI e che come controparte troviamo i contratti di ipoteca od altre garanzie, incontra una barriera mentale rigidissima.

E questo nonostante la conferma da parte delle stesse banche centrali, le quali scrivono nero su bianco che la creazione del denaro avviene attraverso i prestiti delle banche commerciali, come nel caso della Bank of England nel famoso Quarterly Bulletin del 2014 dal titolo “Money creation in the modern economy”: Nell’economia moderna, la maggior parte del denaro assume la forma di depositi bancari. Ma il modo in cui vengono creati questi depositi bancari è spesso frainteso: il modo principale è attraverso i prestiti delle banche commerciali. Ogni volta che una banca concede un prestito, crea simultaneamente un deposito corrispondente nel conto bancario del mutuatario, creando così nuovo denaro.

Capire chi crea la moneta, come la crea e dove finisce questa quantità di denaro, dovrebbe essere la priorità nei discorsi della politica, tra le persone e persino sui media nazionali,che invece ci riempiono la testa di questioni inutili e secondarie.

E invece no. Regna un silenzio assordante.

Noi tutti subiamo una indegna rappresentazione della realtà attraverso la somministrazione della menzogna o falsa verità, ripetuta tutti i giorni, più volte, fino allo sfinimento che batte e ribatte sempre sugli stessi FALSI dogmi:

1 – la moneta è un bene scarso,

2 – lo Stato è come una famiglia,

3 – il debito pubblico va restituito,

… e poi, abbiamo vissuto al di sopra delle nostra possibilità, siamo un popolo di evasori, il lavoro nero …

Bisogna informarsi invece, fare uno sforzo, cercare di capire la realtà, rimuovere i dogmi ed impedire che questo sistema criminale possa continuare ad operare senza freni.

Il prosperare di questo diabolico sistema di creazione della moneta ha prodotto in pochi decenni la più grande concentrazione di ricchezza nelle mani di pochissimi individui della storia.

E’ un sistema predatorio, funzionale al trasferimento di ricchezze nelle mani di pochissimi ed in grado di generare velocemente disuguaglianze senza precedenti, anche in paesi sviluppati: in UK, 6 multimiliardari posseggono la ricchezza equivalente dei 13 milioni di inglesi più poveri.

Non stiamo parlando, con tutto il rispetto, del Burundi o del Vietnam, ma del Regno Unito.

Secondo il rapporto OXFAM 2024, i cinque uomini più ricchi del mondo, Elon Musk, Bernard Arnault, Jeff Bezos, Larry Ellison e Warren Buffett. hanno più che raddoppiato le loro fortune da 405 miliardi di dollari a 869 miliardi di dollari dal 2020, mentre la ricchezza del 60% più povero, quasi 5 MILIARDI di persone è diminuita.

Utilizzando i dati di Wealth X, si scopre anche che l’1% più ricco del mondo possiede il 43% di tutti gli asset finanziari globali.

A voi sembra possibile continuare così???

Arrivare a comprendere che oggi, ora, la moneta può essere creata senza debito dagli stati sovrani (titolari della sovranità monetaria che non è MAI stata ceduta) ed essere spesa direttamente nell’economia reale per realizzare investimenti produttivi, ricerca, sanità, tutela dell’ambiente, istruzione, infrastrutture è il primo passo che ciascuno di noi deve impegnarsi a compiere per poter insieme realizzare un sistema ed un modello di società più giusto, in cui tutti possano vivere dignitosamente senza subire ricatti e minacce dal sistema finanziario globale.

E’ il momento di pretendere delle risposte.

Per questo motivo abbiamo richiesto formalmente alle Istituzioni del nostro Paese, attraverso una Istanza di accesso agli atti amministrativi, secondo la normativa vigente, di chiarire una volta per tutte alcuni interrogativi essenziali, dai cui discendono implicazioni sostanziali per il benessere del popolo e della nazione.

Abbiamo così chiesto al sig Ministro dell’Economia On. Giancarlo Giorgetti, al Presidente del Consiglio On. Giorgia Meloni, al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ai presidenti delle Commissioni Finanze e Bilancio di Camera e Senato, al Presidente della Camera dei Deputati, Lorenzo Fontana e del Senato, Ignazio La Russa, di rispondere e motivare punto per punto alle seguenti domande:

1 – di chi è la Sovranità Monetaria;

2 – perché lo Stato non conia maggiori quantitativi di monete metalliche, come invece fanno altri paesi europei;

3 – perché lo Stato non utilizza l’emissione di Biglietti di Stato aventi corso legale sul solo territorio nazionale;

4 – perché lo Stato non autorizza l’emissione di moneta elettronica da parte del Tesoro o di altri soggetti pubblici, secondo quanto disposto dall’art.114 bis del Testo Unico Bancario;

5 – perché lo Stato non si dota di un sistema di banche pubbliche in grado di soddisfare la domanda di credito per le piccole e medie aziende, che sono la spina dorsale della nostra economia;

6 – perché lo Stato non considera la possibilità di emettere debito pubblico attraverso la creazione di Conti Correnti di Risparmio al posto del collocamento sul mercato dei BTP, con i quali garantire realmente la tutela del risparmio secondo art. 47 della Costituzione;

7 – perché lo Stato non utilizza lo strumento del credito d’imposta cedibile, previsto dal MGDD aggiornato nel 2022, per fare investimenti, finanziare opere pubbliche ed ogni altra forma ritenga funzionale allo sviluppo del paese, ricordando che l’emissione di credito d’imposta non è MAI debito pubblico.

Siamo in attesa delle risposte e la legge prevede che debbano rispondere in 30 giorni, altrimenti possiamo sollecitare la risposta dal Responsabile della corruzione e della trasparenza e infine possiamo ricorrere al TAR.

Noi non faremo un solo passo indietro.

Fabio Conditi e Stefano Di Francesco
Presidente e vicepresidente dell’associazione Moneta Positiva

http://monetapositiva.it/
Movimento culturale Un Mondo Positivo
https://unmondopositivo.it/
dove puoi trovare libri e corsi per diventare consapevole

fonte https://scenarieconomici.it/e-adesso-ci-devono-rispondere/

mercoledì 2 ottobre 2024

Un posto orribile dove vivere

 Ci sono delle frasi lapidarie che possono anche far sorridere, ma che se contengono delle discutibili verità, la cosa certa è che inducono a riflettere. Una di queste recita più o meno così : i genitori, la famiglia di provenienza, non puoi sceglierla, ma la moglie sì. Lasciando perdere il maschilismo che la frase può , secondo i punti vista, racchiudere, resta il fatto che il marito o la moglie che dovrebbe farci da compagno di viaggio in questa vita terrena, è vero che possiamo sceglierlo. O subirlo. E infatti il paese dove nasciamo e di cui siamo cittadini, almeno fino a una nostra prossima fuga dal paese natio, rimane l'unico posto in cui lavoriamo (se siamo fortunati) e, nel nostro specifico caso, vediamo e subiamo tutte le angherie possibili e immaginabili che un essere umano può pensare. Possiamo ricordarci i vigili urbani fiorentini che misurano l'ingombro delle fioriere e dei vasi di fiori disposti al di fuori dei locali commerciali, soprattutto bar: e le relative multe perché questi vasi erano troppo ingombranti, e per questione di pochi centimetri. Ma per restare nelle mia città, Cagliari, in tempi passati ma comunque recenti, vedevi all'opera giovani armati di metro e macchina fotografica, che dovevano immortalare insegne, tende e perfino vetrofanie, cosicché si stabilisse il reale ingombro esterno nel caso della tenda e la tassa sulla pubblicità nel caso di insegne e vetrofanie (che in precedenza erano state escluse). A queste vessazioni se ne sono aggiunte altre, che vedono all'opera i solerti vigili urbani, che verificano se il numero di tavoli e sedie disposti al di fuori di bar o ristoranti, è quello previsto dalle concessioni oppure no; idem per le famose lavagne che comunicano menù , prezzi e orari. Ecco che se per i vigili non è tutto regolare, scattano le multe, che nel caso nostro sono spropositate e vessatorie. In un recente caso un ristorante cinese si vedrà il locale chiuso per circa una settimana , ma non nei prossimi giorni, bensì dal primo maggio 2025: periodo in cui , per fortuna, i ristoranti dovrebbero riprendere il lavoro, e da noi c'è la festa in onore di Sant'Efisio, considerata la più importante in Sardegna. Ergo "puniamo il ristoratore" e proprio in quel periodo. Ma la stessa sorte capita assai spesso a bar e ristoranti, vuoi per due sedie e un tavolino in più aggiunti perché, per grazia di Dio ci sono clienti in più, ma non la pensano così i solerti e inflessibili agenti della polizia locale, che sono dalla parte della legge. Ai tempi di Salomone chissà cosa avrebbero combinato: avrebbero diviso in due il bambino, ne sono quasi certo. Dura lex, sed lex. Loro la legge la applicano, a prescindere. Non si immedesimano nelle necessità o vicissitudini delle persone, loro devono solo applicarla la legge, seguire le disposizioni e i protocolli, non devono capire : non sono pagati per quello. Anzi ,come capitò alcuni anni fa in un comune limitrofo a Cagliari, ci fu un incremento nelle contravvenzioni: secondo alcuni fu utile per comprare le nuove divise. Ma sono , di certo, solo voci. Non sono voci invece i premi di produzione se, pe esempio, si notificano più cartelle e si riesce a estorcere i pagamento di quanto dovuto allo stato, fosse pure per importi non dovuti o esagerati. Perché in tanti casi, come per multe e sanzioni, ma anche per quanto dovuto come tasse, non sarebbe male verificare se è giusto dover pagare cifre esose di irpef o iva. Ma questo a certa gentaglia che riceve gli oboli ogni mese anche se non fa un tubo , non importa, anzi. Sono parte del numero di parassiti che ,se le cose dovessero mai cambiare, dovrebbero trovarsi un lavoro: sempreché , il loro curriculum glielo permetta. Visti i precedenti non credo proprio, ecco perché il milione e mezzo di persone che, secondo i calcoli è al servizio del potere (vedi forze dell'ordine e amministratori pubblici), difficilmente si farà estromettere o rinsavirà. Ma , come nel caso del covid, non potendo non sapere erano consci dei danni che avrebbero compiuto: green pass, lockdown, multe , spiate, divieto di compiere autopsie e di utilizzare cure alternative, radiazione dall'albo , licenziamenti. Non so se può bastare per avviare e concludere inchieste, giornalistiche e giudiziarie. Ma questo se fossimo nati e cresciuti in un altro paese. Ecco perché ,ribadisco, questo è un posto orribile. 

lunedì 30 settembre 2024

La Russia non è mio nemico

Articolo di Valeria Casolaro e comparso su L'Indipendente online e qui riproposto: condivido pienamente l'avversità a guerre , confische, sanzioni, invio di armi a qualunque paese, oltre a militarizzazioni varie, stile "vaccini coperti da segreto militare o esercitazioni militari a gogò ".

Nelle ultime settimane, in decine di città italiane sono comparsi manifesti che chiedono uno stop al coinvolgimento italiano nelle guerre in corso: «La Russia non è un nemico», recita una scritta in nero apposta sopra l’immagine di una stretta di mano. La mano sulla sinistra è dipinta con i colori della bandiera italiana, quella a destra con i colori della bandiera russa. Sotto l’illustrazione, un’altra scritta: «Basta soldi per le armi in Ucraina e Israele. Vogliamo la pace e ripudiamo la guerra (articolo 11 della Costituzione)». La notizia ha subito fatto il giro del mondo, finendo su canali internazionali come la CNN e spingendo due senatori di Italia Viva, Ivan Scalfarotto ed Enrico Borghi (quest’ultimo anche membro del COPASIR), a presentare un’interrogazione parlamentare sulla questione. In tempi rapidi, è stato possibile leggere di dubbi e preoccupazioni riguardanti il fatto che potesse essere arrivato un «sostegno economico da parte di soggetti o enti esteri» ed è stata riaperta la caccia ai presunti finanziamenti di Putin. I promotori hanno tuttavia sottolineato che i fondi per l’iniziativa sono arrivati da una raccolta pubblica, mentre l’affissione è stata «pubblicizzata da varie associazioni apartitiche pacifiste».

Ad esprimere «preoccupazione» per la « propaganda russa» nella Capitale italiana è stata anche l’ambasciata ucraina, che ha chiesto al Comune di Roma di «riesaminare la concessione dei permessi per tali manifesti, che hanno il chiaro scopo di riabilitare l’immagine dello Stato aggressore». Pochi giorni dopo, la CNN ha ripreso la notizia, sottolineando come i «poster di propaganda russa» non hanno causato particolare sconvolgimento tra il pubblico italiano, probabilmente perché «sono apparsi durante l’estate, mentre in molti erano in vacanza». Moltissime testate italiane hanno successivamente ripreso un articolo de Linkiesta, il quale cita come tra i principali promotori della campagna vi fosse Domenico Aglioti, ex M5S e consigliere municipale a Roma, definito «generoso committente della campagna pro-Putin» (che sarebbe costata tra i 30 e i 50 mila euro, secondo «esperti» non meglio specificati citati dalla testata), oltre che «animatore dei movimenti no-Vax, anti 5G e putiniano». Secondo la replica del diretto interessato, tuttavia, la campagna sarebbe costata appena 3 mila euro e sarebbe stata finanziata da oltre 200 cittadini provenienti da tutta Italia, che hanno versato ciascuno una piccola quota a titolo volontario. Tuttavia, lo «scoop» del giornale online avrebbe dato il via a un’ondata di indignazione istituzionale, con interrogazioni presentate persino alla Commissione europea da deputati francesi.

Ancora prima che alle istituzioni stesse, l’idea che gruppi di cittadini possano organizzarsi per andare contro alle posizioni dominanti (che si tratti di vaccini contro il Covid o di critiche a Israele e Ucraina) sembra proprio non andar giù alle testate giornalistiche di orientamento libertario, che si dicono custodi e promotrici della libertà di stampa e di parola. È il caso, nemmeno a dirlo, di Repubblica, che, in un articolo a firma di Tommaso Ciriaco e Giuliano Foschini, scrive come «la campagna sembra troppo organizzata per arrivare da gruppetto di cittadini organizzati», come se l’affissione di cartelli pubblicitari costituisse chissà quale tipo di azione sovversiva di inaudita complessità. C’è da dire che Foschini non è nuovo alle ipotesi complottistiche stiracchiate: solamente pochi mesi fa aveva (nemmeno troppo velatamente) accusato proprio L’Indipendente di essere promotore della campagna di disinformazione di Mosca e i suoi donatori di essere agenti pagati dal Cremlino.

Chiunque esprima posizioni diverse da quelle ufficiali in merito alla guerra tra Russia e Ucraina è tacciato di «filoputinismo» sin dal giorno in cui il conflitto è iniziato. Non sono esenti da tale etichetta nemmeno coloro che si limitano a sostenere posizioni pacifiste, chiedendo che l’Italia rispetti l’articolo 11 della sua stessa Costituzione, che ripudia la guerra in ogni sua forma. Già due anni fa, il COPASIR (Comitato per la Sicurezza della Repubblica) stilò una lista di nomi di personalità della politica e del giornalismo (e non solo) accusati di tali posizioni. Lo schema si ripropone identico oggi, con il senatore Enrico Borghi (membro del COPASIR) che ha presentato una interrogazione parlamentare in merito alle affissioni insieme al senatore Ivan Scalfarotto (Italia Viva). «Perché questa iniziativa?» si chiede preoccupato il senatore. L’idea che i cittadini siano semplicemente contrari alla guerra, evidentemente, non appare plausibile.

[di Valeria Casolaro]

https://www.lindipendente.online/2024/09/30/manifesti-la-russia-non-e-un-nemico-media-e-copasir-riaprono-la-caccia-ai-putiniani/

lunedì 23 settembre 2024

Punti vista

 Ho letto, recentemente, di persone che hanno esaltato "onlyfans" e siti , con situazioni, simili: sarebbe un qualcosa di rivoluzionario, nel senso che aiuta le donne a emanciparsi o , quantomeno, a ribaltare lo status odierno che vede l'uomo primeggiare sulla donna. Ciò che le donne fanno non verrebbe riconosciuto, almeno non quanto dovrebbe. Ecco perché alcune donne sono recentemente venute allo scoperto , e hanno dichiarato che prima, come bariste o banconiere, ricevevano uno stipendio basso, mettiamo 600 euro: dovevano lavorare molte più ore di quanto previsto dai contratti, e la cifra irrisoria consentiva a stento di andare avanti. Poi, non ricordo come (anche perché non riportato nell'articolo) ecco che si aprono le porte e le possibilità offerte da onlyfans e pornohub e similari: di punto in bianco, o quasi, ecco che la ragazza, la donna, può permettersi di fare dei video , 3 o 4 o anche di più, al giorno e inviarli ai clienti. Il ragionamento di questa donna, e credo anche di altre , è che mentre prima arricchivo, con il lavoro al bar , il mio datore di lavoro, oggi sono io che ricevo i soldi dai maschi, dagli uomini. Che dire? Dico, io ed è il mio pensiero in merito, che la donna identifica il suo datore di lavoro come un uomo che approfitta della necessità che lei ha di lavorare; che come uomo è , di fatto, suo nemico; e , dulcis in fundo , lei mercifica il suo corpo. Che dire ancora? Che , evidentemente , la donna in questione non sa quanto costa tenere in piedi un bar, non ha idea per esempio del costo dell'affitto, dell'energia, dei vari adempimenti (lotteria degli scontrini, per esempio, o adeguamento del registratore di cassa), costo degli spazi esterni o delle merci o dei contributi ; sa anche che , quando viene mandata in ferie, deve essere sostituita e chi la sostituisce deve essere pagata. Potrei continuare con esempi di altri lavori che prevedono che una persona "deve vendere e quindi rendere", e non scaldare la sedia in un ufficio pubblico dove se un giorno vengono 50 persone e un altro giorno non viene nessuno, a fine mese lo stipendio viene pagato lo stesso: questo per dire che il barista può reggere alcuni mesi, andando in rosso o spostando dei pagamenti, ma poi se per mille ragioni non riesce più a incassare abbastanza, o chiude o riduce il personale. Il punto chiave è il costo del lavoro , tra contributi e stipendi: gli stipendi, è vero, non sono alti. Del resto anche nei market ci sono tirocinanti, e sono lì da anni: ora pagare il giusto sarebbe il minimo. Ma chi stabilisce la cifra? Idem per i contributi. Ora non voglio entrare nello specifico, perché un banconiere potrebbe dover ricevere uno stipendio X , mentre un commesso in una cartoleria dovrebbe ricevere un importo diverso, al pari di chi lavora come netturbino in una coop che lavora per un comune. Purtroppo non si parla nei dettagli di situazioni simili, ma si dovrebbe farlo, magari parlando anche di altre categorie di lavoratori come gli agenti di commercio o i padroncini. Ma se parliamo di concetti, ecco che sentire che una donna che si spoglia su onlyfans o fa telefonate porno, non credo che perda dignità o che si debba sentire, come dicono in tante, violata: non fa la prostituta nel vero senso della parola, seppure si direbbe che esistono altri lavori o professioni . Il punto è che oggi gli stipendi sono e rimangono bassi: prima si dava a un commesso, ai miei tempi almeno, 1 milione e rotti, anche 1 milione e mezzo, con tanto di un mese di ferie, domeniche libere, e in tanti casi si lavorava dal lunedì al venerdì. Oggi non è più così, ma non per colpa dei datori di lavoro, almeno non credo si tratti dei baristi: forse sono i supermercati e i centri commerciali , dove ci sono i negozi in franchising , i veri responsabili, quelli delle aperture 365 giorni . Se invece facciamo un passo indietro, non mi pare giusto assimilare chi si spoglia a chi si prostituisce, e quindi andare a vedere e copiare le regolamentazioni olandesi o neozelandesi; semmai queste donne, intendo le piddine pseudo radicali, che vorrebbero regolamentare il tutto, così da far pagare i contributi e magari costringere queste donne a iscriversi a un sindacato e , anche in assenza di rapporti sessuali, obbligare le stesse a visite mediche , così da ricevere il via libera per esercitare la professione. Lungi da me difendere chi ha deciso o è costretto a prostituirsi, ma è bene che si ricordi anche chi gestisce la stessa nelle strade, tipo mafia nigeriana per intenderci, ma non mi piace che , in stile bergogliano, si accusi nei fatti i baristi o i commercianti in genere. 

domenica 22 settembre 2024

Vietato criticare il Capo di Stato! – triestino rischia fino a 5 anni per vilipendio a Mattarella

 Riporto dal sito comedonchisciotte.org un post che ritengo interessante. Non penso abbia bisogno di grosse spiegazioni, e nel titolo c'è già, praticamente, tutto. Però aggiungo che , se il Pdr fosse saggio come si spera, sarebbe lui stesso a non volere processare nessuno perché critica i suoi discorsi o esternazioni, ma anzi gradirebbe un confronto e un dialogo con la maggior parte dei cittadini, seppure critici. Di seguito il post e in coda il link. Buona lettura , se vi va.

Di Adam Bark

Un militante triestino di nome Darko Jermanis rischia fino a 5 anni di carcere per aver scritto su Facebook che Mattarella è un “essere spregevole”, si avete letto bene. In particolare, egli ha commentato con un post un articolo dell’ANSA che riprendeva delle dichiarazioni in cui Mattarella affermava e comprovava l’assoluta verità che “grazie ai vaccini si sono salvate migliaia di vite umane”.

Per queste gravi eresie al dogma della chiesa di Pfizer, il 27 settembre nel foro di Trieste, Jermanis dovrà rispondere dell’accusa di vilipendio del praticamente incriticabile capo dello stato. Un crimine a dir poco assurdo, l’art 278 del codice penale infatti prevede: “Chiunque offende l’onore o il prestigio del Presidente della Repubblica è punito con la reclusione da uno a cinque anni”. In pratica, nella democraticissima Repubblica Italiana la figura di Capo di Stato viene innalzata a essere “il più eguale tra gli eguali” dal codice penale. Mattarella è quindi, non più un libero cittadino di uno stato in cui la costituzione prevede che “la legge è uguale per tutti” (come noi plebei), bensì si erge a figura di cui “onore e prestigio” sono intoccabili. Mi sento di aggiungere che questi due termini sono di ben soggettiva interpretazione, quand’è che finisce una critica e inizia la lesione d’onore? La decisione spetta alla magistratura, su cui siamo convinti di poter giurare sull’assoluta imparzialità del proprio operato?  Il reato di “Offesa all’onore o al prestigio del Presidente della Repubblica” nasce infatti nel codice penale dello stato fascista con il Regio Decreto del 19 ottobre 1930, non sarebbe proprio a una (sedicente) democrazia di aggiornarne i contenuti? Purtroppo la legge rimane tutt’ora vigente e può essere applicata quando figure dal pensiero indipendente come Jermanis osano di criticare, un po’ troppo, il Capo di Stato.

Il 27 Jermanis non ha solo intenzione di provare la sua innocenza, bensì anche la colpevolezza dello stato italiano nella criminale gestione pandemica. Infatti presenterà alle corte una schiera di autorevoli esperti in materia: il Dott. Fabio La Falce (farmacista ospedaliero), il Dott. Fabio Franchi (virologo e ricercatore indipendente ) e il Dott. Marco Bertali (psichiatra) per la parte medico/scientifica/normativa nonché due testimoni degli effetti avversi da vaccini, che possono testimoniare che questi non sono stati dei farmaci innocui.

Inoltre de-jure, Jermanis è un cittadino del Territorio Libero di Trieste e non della Repubblica Italiana di cui Mattarella è a capo. Abbiamo già trattato più volte le complessità inerenti alla questione nel mio articolo TERRITORIO LIBERO DI TRIESTE: IL SEGRETO CHE FA TREMARE WASHINGTON e in quello del Prof. Lorenzo Maria Pacini COSA DIAVOLA STA SUCCEDENDO A TRIESTE?;  ma il nocciolo della questione è che lo stato italiano ha perso la sovranità sul territorio con la Risoluzione 16 dell’ONU il 10 gennaio 1947. Perché è importante in questo caso? Anche se a Trieste lo stato italiano calpesta il diritto internazionale, Mattarella è per Jermanis null’altro che un capo di uno stato estero a cui quindi questa legge non dovrebbe applicarsi.

Morale della favola? La legge NON è uguale per tutti e lo sta diventando sempre di meno. Uguaglianza e libertà, non sono forse questi come ci viene raccontato, i dogmi fondanti del sistema politico Occidentale? Evidentemente la favoletta dell’utopismo liberale collassa su se stessa quando viene presentata una minaccia, che ne questiona la validità dei principi. Il sistema ha già cambiato faccia, abbandonando vecchie maschere e evolvendosi nella sua attuale fase post-ideologica, in una metamorfosi contraddittoria e al nocciolo totalitaria. Si ha il diritto di esprimere le proprie opinioni, finché quest’ ultime rientrano nei dogmi della filosofia liberale e, come in questo caso, delle sue incriticabili figure. Jermanis, a cui va tutta la nostra solidarietà,  è uno dei tanti casi.

Il 27 settembre alle 11:30 davanti al Tribunale di Trieste si terrà un presidio in suo sostegno.

Di Adam Bark

https://comedonchisciotte.org/vietato-criticare-il-capo-di-stato-triestino-rischia-fino-a-5-anni-per-vilipedio-a-mattarella/

mercoledì 18 settembre 2024

Roba da inorridire

 Ho letto due o tre post o articoli, visto che per sapere chi fossero o potessero essere i sostenitori o i detrattori del presunto vaccino anti covid, mi sono di fatto dovuto sorbire roba tipo sky tg 24 e una specie di giornale che dovrebbe essere di una scuola per giornalisti. In quest'ultimo giornale o pseudo tale, si parlava di un chitarrista , Neil Young , che prima delle sue affermazioni contro i no vax ammiravo: ora la sua Harvest se la può tenere. Almeno Crosby aveva fatto "la mossa" di appoggiare gli Occupy Wall Street. Non paghi di citare l'intervento di 200 medici a  sostegno del vaccino, si parla di medici americani, e che hanno invitato un Anthony Fauci a sostenerli, sanno solo parlare di complottisti e mai e poi mai che si pongano domande o che interpellino altri veri luminari come Montagnier. Ma essendo gli articolisti italiani forse lo immaginano un vecchio rincoglionito, seguendo quanto detto da un noto gaglioffo nostro connazionale. Vedete non si tratta di etichettare qualcuno con termini dispregiativi e offensivi, ma di porsi domande e voler arrivare a uno straccio di verità: qui invece si agisce come certi giudici famosi e cattivi e noti ospiti televisivi di trasmissioni faziose, e che ti sbattevano dentro privandoti dei tuoi diritti elementari solo per farti confessare. Poi cercano le prove, o le costruiscono: del resto tante cose di cui siamo certi sono solo effetto di ricostruzioni , magari fatte al computer e con l'ausilio, oggi più di ieri, dell'intelligenza artificiale. Questi giornalisti o pseudo tali, non sanno nemmeno fare un minimo di giornalismo d'inchiesta: e solo perché non hanno gli attributi per porsi e porre domande. Non si sono mai chiesti , sul covid ma anche su altri temi, perché, o se c'è qualcuno che ci guadagna o perde qualcosa, o anche perché una specie di ministro non risponde mai alle domande ma sa offendere una persona disabile. Ma è bravo costui, e seppure non più ministro scrive o si fa scrivere libri che poi presenta in tutta Italia. Però rifiuta il contradditorio, abituato com'è a trasmissioni tv dove impediscono di rivolgergli domande, o dove a chi vuole esprimere le proprie idee, come prevede la nostra bellissima costituzione, viene impedito di esercitare tale diritto. Anzi, si parla osi urla sopra, si ridacchia, e in alcuni casi si "taglia" e si "rimonta" l'intervento. Ora appena vedrò un film dove c'è un attore che so essere stato provax, non lo guarderò più: a meno che non si penta, e rilasci una dichiarazione in tal senso. Idem con patate per i cantanti, anche se gente come Bono Vox non l'ho mai digerita, idem per i Foo Fighters. ma in questo caso per la sua opposizione a Trump. Finché si opponeva, se mai l'ha fatto, a gente tipo Dick Cheney o Paul Wolfowitz , mi sta bene e mi trovava e trova d'accordo: è gente da processare , tipo Tony Blair, non gente da premiare o pagare perché tenga conferenze. Ma ripeto ciò che ho scritto già altre volte: un conto è sbagliare, in buona fede se vogliamo, ma un'altra cosa è imbrogliare per ottenere vantaggi di tutti i tipi. Ora che nessuno voglia più ricordare, soprattutto tra i giornalisti, che il signor Blair ha fatto in modo di attaccare e far attacare un paese come l'Iraq, dimostra a che livello di leccata di piedi e di altre parti del corpo siamo ancora. Non dimenticheremo certo i provax lecchini, e i loro sostenitori. Peccato non avere dei giudici che, quando hanno letto e sentito certe affermazioni, non sono intervenuti o hanno archiviato il tutto . Peccato. Ma Dio vede e provvede. Se non siete cristiani , per caso credete nel karma?