giovedì 30 gennaio 2025

E intanto in Iran , ops! in Svizzera è successo quanto segue

 Un giornalista che si trovava in un Paese straniero è stato prelevato da una squadra di agenti, ammanettato, costretto a salire su un’auto senza contrassegni e portato direttamente in prigione, dove è stato detenuto con la generica accusa di “violazione della legge dello Stato”. Malgrado le evidenti similitudini con il caso di Cecilia Sala, non è successo a Teheran, ma a Zurigo, in Svizzera, dove Ali Abunimah è stato arrestato in quanto palestinese, attivista e co-fondatore di Electronic Intifada, una delle testate che più raccontano quanto succede in Palestina. Abunimah si trovava a Zurigo per partecipare a un evento sulla Palestina e sul coinvolgimento dell’Occidente nei massacri di Gaza in qualità di relatore. «Il mio “crimine”? Essere un giornalista che parla a favore della Palestina e contro il genocidio di Israele», ha scritto dopo essere stato rilasciato. Il giornalista è rimasto in carcere tre giorni e due notti, privato della possibilità di comunicare con il mondo esterno 24 ore su 24, ed è stato espulso dal Paese senza capi d’accusa.

L’arresto di Ali Abunimah è avvenuto sabato 25 gennaio. Abunimah si trovava a Zurigo per parlare a un evento formativo sulla storia della Palestina e sui fatti successivi al 7 ottobre, organizzato da Watermelon University. Sin dal suo arrivo in Svizzera, venerdì 24 gennaio, il giornalista era stato sottoposto a pressioni da parte delle forze dell’ordine, venendo interrogato per circa un’ora in aeroporto. Anche le istituzioni che avevano concesso lo spazio per l’evento hanno subito pressioni dalle autorità, tanto da costringere gli organizzatori a cambiare il luogo dell’incontro un’ora prima dell’inizio. Il giornalista è stato prelevato in strada attorno alle 13:30 da un gruppo di agenti in borghese. Testimoni oculari riferiscono di un «brutale arresto»: gli agenti di polizia, in abiti civili, lo avrebbero spinto contro il muro e ammanettato, per poi condurlo alla polizia cantonale di Zurigo.

Arrivato in prigione, Abunimah è stato interrogato dalla polizia in assenza dell’avvocata; inizialmente gli agenti gli hanno impedito di contattarla, ma lui si è rifiutato di rispondere alle loro domande senza di lei. In presenza dell’avvocata, è stato accusato di “violazione della legge svizzera” senza che venisse specificato quale crimine avesse commesso né che venissero elencate eventuali accuse. «Per quanto ne so, non sono stato accusato di alcun reato e sono stato detenuto in “detenzione amministrativa”», scrive il giornalista nel suo post su X. La polizia svizzera ha confermato il fermo di Abunimah, citando un presunto «divieto di ingresso» e non meglio specificate «ulteriori misure in base alla legge sull’immigrazione». L’avvocata del giornalista, tuttavia, incalza: il divieto d’ingresso gli è stato imposto solo dopo il suo arrivo nel Paese, senza essergli notificato. Non è ancora chiaro il motivo per cui sia stato emesso il divieto, ma la stampa svizzera descrive Abunimah come un giornalista radicale, islamista e antisemita. L’intento dell’arresto, insomma, secondo l’avvocata, era repressivo.

Nei suoi tre giorni di detenzione, le autorità hanno impedito ad Abunimah di parlare con i propri familiari e lo hanno rinchiuso in cella senza la possibilità di uscire. Domenica mattina lo hanno prelevato dalla cella per farlo interrogare dagli agenti dei servizi segreti del Ministero della Difesa svizzero in assenza dell’avvocata, ma Abunimah si è rifiutato nuovamente di parlare senza di lei. Il giornalista è stato trattenuto in prigione fino a ieri, lunedì 27 gennaio, portato all’aeroporto di Zurigo in manette all’interno di un furgone carcerario senza finestrini e accompagnato fino all’aereo dalla polizia. Il telefono gli è stato restituito al gate. «Mentre venivo trascinato in prigione come un pericoloso criminale prima ancora che avessi la possibilità di dire una parola, il presidente israeliano Isaac Herzog, che all’inizio del genocidio dichiarò che a Gaza non ci sono civili né innocenti, camminava su un tappeto rosso a Davos» nota con amara ironia Abunimah. «E proprio oggi [lunedì 27 gennaio] Netanyahu si reca liberamente in Polonia per prendersi gioco della commemorazione di Auschwitz nonostante un mandato di arresto della CPI in sospeso. Questo è il mondo perverso e ingiusto in cui viviamo».

Dopo l’arresto di Abunimah, è sorto un forte moto di solidarietà nei suoi confronti, specialmente perché, vista la continua assenza di accuse, sono tutti concordi che sia stato arrestato per il mero fatto di essere un palestinese che critica l’operato di Israele. Amnesty ha denunciato la «repressione globale nei confronti di coloro che criticano le violazioni israeliane dei diritti umani dei palestinesi», definendola «allarmante». L’avvocato per i diritti umani Craig Mokiber ha accusato la Svizzera di stare «attaccando sempre più i difensori dei diritti umani per conto di un oppressivo regime di apartheid straniero che sta portando avanti un genocidio (Israele)». Francesca Albanese ha affermato che «il clima che circonda la libertà di parola in Europa sta diventando sempre più tossico». Numerosi altri gruppi e individui, anche dal basso, si sono mossi per la liberazione del giornalista palestinese, rimarcando il «preoccupante» stato in cui versano la libertà di parola e di stampa in Europa, di cui il caso di Abunimah risulta solo l’ultimo esempio.

[di Dario Lucisano]

fonte https://www.lindipendente.online/2025/01/29/la-svizzera-come-liran-giornalista-palestinese-arrestato-senza-accuse-ma-nessuno-dice-nulla/

mercoledì 29 gennaio 2025

Peccato di omissione

 Il peccato di omissione è forse il più grave tra quelli che vengono citati nei libri che sono sacri ai cristiani. Del resto Nostro Signore fa presente, a chi chiede di entrare nel regno dei cieli, che quando era "carcerato o malato", che non si è fatto vivo, non gli ha portato né visita né conforto: quanto ho appena scritto è , ovviamente, una mia sintesi di alcuni passi del vangelo. Girarsi da un'altra parte, far finta che non ci sia niente da vedere o su cui intervenire, stile magistratura e giornalisti durante il periodo del covid, laddove si sarebbe dovuto investigare e farsi delle domande, denota come il peccato di omissione sia più diffuso di quanto si immagini. Tanto è diffuso quanti sono i danni che esso genera. Fregarsene, come faceva o diceva qualcuno durante il famigerato ventennio , ha conseguenze nefaste non solo per il menefreghista: possiamo pensare a chi ha perso il lavoro, chi costretto a vaccinarsi ha perduto invece la salute , chi sempre in conseguenza della vaccinazione è morto, chi ha visto sgretolare amicizie e frequentazioni. E' comunque sempre, in teoria, rinsavire e cercare di porre rimedio a quanto non si è fatto, tralasciando le ragioni per cui si è rimasti a guardare senza agire. Ora più che mai è importante muoversi. Da tempo , grosso modo dal 2004, invito le persone a fare qualcosa per chi fallisce, sia economicamente che personalmente, nei rapporti umani: chiedevo, già da allora, che si si facesse sapere che i dati personali non vengono distrutti dopo tot anni come prevede la legge (non ricordo quale, ma so che c'è, che esiste); non si possono tenere sine die documenti cartacei che so, su un mancato pagamento di una cambiale e neppure far leva su questo per non concedere un fido o un prestito: ma invece si fa. Ecco cosa chiedevo e chiedo: di intervenire, di fare qualcosa o, in seconda battuta, di chiedere a chine sa di più se e cosa si può fare di immediato e di efficace. Un po' quello che chiedevo all'inizio del covid, quando qualcuno con i dpcm imponeva ai cittadini italiani divieti su divieti: chiesi a chi ne sapeva o doveva sapere più di me, se si potevano adottare provvedimenti simili, se e come si potevano contrastare, e via dicendo. Ebbene ci sono voluti anni perché qualcuno si svegliasse e spiegasse come stavano le cose. Fa specie che , sempre per anni, se ne siano fregati, intendo coloro che , come giornalisti potevano indagare, fare i famosi reportage, ma non li hanno fatti: perché era meglio stare a sentire i vari virologi, seguire gli influencer , stare dietro a guri di terza categoria che quasi tutti i giorni strombazzavano quanto succedeva, ahimè , in Italia. Ovvero il numero di contagi, criticavano l'obbligo delle mascherine e del distanziamento sociale, ma mai e poi mai un invito alla disobbedienza o al "seguirli mentre loro, e ripeto loro, in prima persona depositavano una querela o qualcosa di simile". Meglio invitare a far qualcosa di simile, ma purché venga fatto da altri. Oltre al fatto che anche famosi o famigerati avvocati, di solito non aggiornavano come secondo andrebbe fatto, sull'iter delle denunce : fateci almeno sapere come stanno andando le cose. Del resto sarebbe come aspettarsi spiegazioni su come funziona l'Unione Europea, e ovviamente farcelo spiegare da chi va lì a "parcheggiarsi" per alcuni anni e dietro lauta ricompensa. O aspettarsi che un deputato eletto nella nostra zona , venga periodicamente ad aggiornarci su cosa fa o cosa non fa in parlamento: aspetta e spera. Ci ricorderanno , forse, che mancando i decreti attuativi alcune leggi rimangono lettera morta? E che i tempi quindi per vedere qualcosa di concreto, in meglio o peggio è da dimostrare, diventano biblici? E anche qui ci sono coloro che dovrebbero intervenire e fare qualcosa ma omettono di farlo, di segnalare, di investigare. Queste persone sono false, cattive d'animo, vendicative, e con i paraocchi : e non si fanno né gradiscono domande.